La Commissione Ue dichiara guerra alla plastica (monouso)
La proposta di direttiva approvata a Bruxelles punta a vietare piatti, cannucce e tanti altri prodotti usa-e-getta. Per i cittadini un risparmio da 30 miliardi
La Commissione europea va al mare. Non un rompete le righe o una scelta polemica. Stavolta la notizia è più che positiva. È il segno che la lotta contro l’inquinamento da plastica parte. E parte dalle spiagge. Il “governo” comunitario, dopo aver varato a gennaio 2018 la prima “Plastic Strategy” al mondo, torna alla carica con un nuova proposta legislativa, per la riduzione delle materie plastiche nell’ambiente.
Il testo si inquadra nel piano d’azione per l’economia circolare e verrà sottoposto al varo del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri. La direttiva arriva in ritardo, e con alcune mancanze ma cerca di colmare il gap su un dato di fatto spesso sottovalutato dai media: la plastica non ha una filiera di riciclo funzionante ed è diventato un enorme problema planetario.
La filiera del riciclo non funziona
La maggior parte dei cittadini UE, ben l’87% secondo Eurobarometer è già preoccupato dell’impatto ambientale della plastica e il 74% del suo impatto sulla salute. E non sbagliano. La filiera del riciclo, che dovrebbe assicurare una riduzione della plastica prodotta non funziona.
Viene raccolto per il riciclo solo un rifiuto plastico su 3 nella Ue. Il 25% viene bruciato. Il resto va in discarica o negli oceani.
A confermarlo arriva l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). “Solo il 15% dei rifiuti di plastica nel mondo (il 30% in Europa), viene raccolto per il riciclo” rivela il rapporto. “Un quarto di essi viene incenerito, il resto finisce in discarica, viene bruciato all’aria aperta, rilasciando inquinanti e gas a effetto serra, o scaricato in natura. Molto finisce negli oceani”.
Marine litter, 84% dei rifiuti è di plastica
Non a caso, ad oggi, oltre l’80% dei rifiuti trovati sulle spiagge europee è di plastica. E quei rifiuti sono costituiti principalmente da 10 oggetti monouso: cotton fioc, contenitori per bevande, sacchetti, pacchetti per le patatine, posate, piatti, cannucce e i resti degli attrezzi da pesca rilasciati in mare.
Le informazioni provengono dal monitoraggio realizzato nel 2016 su un campione di 276 spiagge, comprese tra 17 Stati Membri e 4 mari regionali, per un totale di 355.671 voci. A realizzarlo, il Joint Research Centre della Commissione, nell’ambito dell’ampliamento della Marine Strategy Framework Directive, già varata nel 2008.
Monouso, addio graduale
Da qui la proposta di una nuova direttiva per la messa al bando del monouso. L’usa e getta tanto caro alle vecchie generazioni. Usato con troppa disinvoltura (e scarsa consapevolezza) in feste, vacanze low cost, turisti pigri. Posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande. Ma anche bastoncini igienici cotonati e aste per tenere i palloncini colorati. Tutti prodotti che dovranno ben presto essere fabbricati in materiali esclusivamente sostenibili. I contenitori per bevande in plastica monouso, invece, saranno ammessi solo se i tappi e i coperchi resteranno attaccati al contenitore.
Per il PET prevista la formula del deposito-cauzione
Inoltre, entro il 2025, gli Stati membri dovranno raccogliere il 90% delle bottiglie di plastica per bevande, ad esempio, introducendo sistemi di deposito-cauzione. Formule simili a quelle che una volta si usavano per il vuoto a rendere delle storiche bottiglie di vetro (e che già si usano anche per le plastiche nei Paesi più avanzati della Ue).
Vigerà, poi, l’obbligo dell’indicazione di presenza di plastica in etichetta, con l’indicazione precisa delle modalità di smaltimento, e il loro impatto negativo sull’ambiente, per assorbenti igienici, salviette umidificate e palloncini.
Aumentano i costi per i produttori
La Commissione torna poi sulla responsabilità estesa del produttore (EPR), con l’obbligo per le aziende di coprire i costi di gestione e di bonifica dei rifiuti difficilmente riciclabili, a partire dai contenitori degli alimenti (come i pacchetti di patatine e dolci, ad esempio), i mozziconi di sigaretta, le salviettine umidificate, palloncini e borse di plastica (già abolite in Italia).
Nel testo della direttiva, infatti, si ricorda che la responsabilità dei produttori è già obbligatoria per tutti gli imballaggi e che può includere i costi di pulizia e riciclo, “poiché contribuiscono al problema a monte dei loro metodi di produzione”.
Quasi 30 miliardi di risparmi per la collettività
Restrizioni che potrebbero cambiare la vita dei cittadini europei e alle aziende indotte a ripensare e reinventare cicli produttivi sostenibili. Migliorando la qualità dei nostri fiumi e mari, facendo risparmiare ai consumatori, almeno 6,5 miliardi, come previsto nelle analisi di impatto e costi-benefici allegate al pacchetto legislativo e fino a 22 miliardi di euro per danni ambientali evitati. Senza immettere nell’atmosfera 3,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
Secondo la Commissione, sostituire gli articoli monouso più comuni con alternative innovative è anche un’opportunità economica, con la creazione di circa 30mila posti di lavoro. Con il progetto Horizon 2020, la Ue ha fornito oltre 250 milioni di euro per finanziare attività di ricerca e un’ulteriore tranche di 100 milioni di euro sarà destinata ad azioni per lo sviluppo di materiali intelligenti e più riciclabili, processi di riciclo più efficienti e l’eliminazione di sostanze pericolose e contaminanti dalla plastica riciclata, come gli additivi.
La direttiva poi, affronta, ufficialmente, sempre nei documenti relativi alle valutazioni di impatto ambientale, la questione microplastiche. Quei frammenti, fino a 5 millimetri di diametro, contenute nei tessuti, nei cosmetici e dall’abrasione di oggetti di uso quotidiano (gomme, guarnizioni) disperse in atmosfera, nei fiumi, laghi e mari e che quindi entrano nel nostro ciclo alimentare tramite i pesci. Il calcolo effettuato dalla Commissione ci dice che le emissioni annuali di microplastiche nelle acque europee salgono ad oltre 300mila tonnellate.