La storica causa del governo americano contro Google
Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti accusa Google di abusare di una posizione dominante. A farne le spese sarebbero i consumatori
Martedì 20 ottobre, il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha avviato un’azione legale contro Google. Un procedimento che, potenzialmente, potrebbe rivoluzionare gli equilibri del web. Il colosso di Mountain View è infatti sospettato di aver abusato di una posizione dominante nel campo della ricerca online, a danno di concorrenti e consumatori. Si tratta della più importante azione giudiziaria degli ultimi vent’anni contro uno dei pilastri tecnologici del Paese. Azione che potrebbe avere conseguenze anche sugli altri giganti del web come Amazon, Apple e Facebook.
Si tratta della prima procedura figlia del lavoro di monitoraggio antitrust svolto dallo stesso dipartimento di Giustizia, dal Congresso e da 50 tra Stati e territori americani. Le cui inchieste hanno riguardato anche il comportamento dell’azienda controllata da Alphabet in materia di pubblicità online.
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Cosa rimprovera a Google il dipartimento di Giustizia?
In termini concreti, secondo il governo americano, Google abusa della propria posizione dominante nel mercato della pubblicità collegata ai motori di ricerca. Ciò attraverso accordi stipulati con varie aziende (inclusa ad esempio Apple). Ogni anno, infatti, Google paga alla società fondata da Steve Jobs «tra 8 e 12 miliardi di dollari», secondo quanto indicato da un’analisi del New York Times. In cambio, il proprio motore di ricerca è impostato come opzione di default sugli iPhone e altri device della casa di Cupertino. Ma sotto accusa sono finiti anche i contratti che Google ha sottoscritto con i produttori di smartphone che utilizzano Android come sistema operativo.
Ma non è tutto: il dipartimento di Giustizia ha indagato anche sul comportamento dell’azienda proprietaria del celebre motore di ricerca in merito al mercato dell’advertising digitale. Fonte di praticamente tutti i 34 miliardi di dollari di profitti di Alphabet dello scorso anno. Per ora, tuttavia, il governo statunitense ha deciso di intentare la causa solo sulle accuse relative alla ricerca online. Più semplice da provare e con più possibilità di vittoria. Per vincere, però, il governo deve comunque dimostrare che il predominio di Google in materia di ricerca online – così come i suoi accordi con Apple e le altre aziende – intralcia la libera concorrenza nel settore.
Come si difenderà Google?
«Le persone usano Google perché lo scelgono, non perché sono obbligate o perché non hanno alternative a disposizione», ha affermato Kent Walker, capo dell’ufficio legale dell’azienda, in un post. E in propria difesa il colosso americano sostiene anche che, benché l’80% del mercato delle ricerche “generali” online negli Stati Uniti sia dominato da Google, occorre considerare che quasi metà delle ricerche finalizzate ad acquisti cominciano su Amazon. In altre parole, secondo il motore di ricerca il peso nell’afflusso sul sito di e-commerce proveniente da Google, se considerati anche gli utenti che vanno direttamente sul sito di Amazon, non sarebbe così enorme.
Da ultimo, gli accordi con Apple e le altre aziende produttrici di smartphone contestati dal dipartimento di Giustizia sarebbero invece legali. Secondo Google, infatti, le leggi antitrust sarebbero violate solo se fosse provato che tali accordi escludono la concorrenza. Al contrario, gli utenti sarebbero liberi di scegliere, in ogni momento, di utilizzare altri motori di ricerca.
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In che modo il comportamento di Google può danneggiare i consumatori?
Sarà la giustizia a decidere da che parte sta la ragione. Nel frattempo, secondo il governo statunitense, a farne le spese sono i consumatori. Danneggiati da molti punti di vista. Minore competizione nel mercato si traduce in un calo dell’innovazione e, sul lungo termine, in una più ristretta possibilità di scelta. Anche in termini di strumenti alternativi, magari che raccolgano meno dati sui consumatori rispetto a Google. Anche la privacy ne beneficerebbe, quindi.
E il fatto che Google offra il proprio servizio di ricerca gratuitamente agli utenti non dovrebbe consentirle di porsi al riparo delle norme antitrust. D’altra parte, anche Microsoft, negli anni ‘90, perse la causa nella quale le veniva contestata la preinstallazione del proprio browser (Explorer) all’interno del sistema operativo Windows…