Lo “strano” affare Opl245. E il miliardo passato da Eni al governo nigeriano alla Malabu di Etete

Il consulente della procura denuncia irregolarità. E 1.092 milioni di dollari dati al governo nigeriano per evitare contatti con la Malabu di Etete

Antonio Tricarico
Antonio Tricarico
Leggi più tardi

Con il mese di aprile al processo Opl 245 – il mega giacimento petrolifero nigeriano per cui EniShell e 13 altissimi dirigenti sono a processo a Milano per corruzione internazionale – arriva la stagione dei consulenti tecnici delle parti.

Emergono molte irregolarità, a detta degli esperti, “stranezze” nella gestione di tutto l’affare nigeriano.

Tutte le tappe della licenza OPL245 in Nigeria

Governo nigeriano “passa-miliardi”

Una delle “chicche” dell’udienza di mercoledì 3 aprile arriva dal consulente legale della procura, il professor Dayo Ayoade, esperto di diritto sull’energia alla facoltà di legge dell’Università di Lagos. Adetta di Ayoade il pagamento da parte di Eni e Shell della licenza per lo sfruttamento del giacimento off-shore sarebbe avvenuto tramite l’utilizzo di un escrow account alla JPMorgan di Londra, dove Eni ha versato 1.092 milioni di dollari nel 2011 al governo nigeriano, che ha agito come intermediario per pagare un’altra società: la Malabu Oil and Gas, controllata dall’allora ministro del Petrolio Dan Etete.

Non c’è alcun caso del genere, con il governo che opera da passa miliardi, nella pur travagliata storia nigeriana.

Le molte “irregolarità” dell’affare Opl245

L’udienza del 3 aprile è iniziata, per l’appunto, con il professor Dayo Ayoade. Con tono fermo e chiaro il professore ha sintetizzato il suo lavoro per la Procura ponendo l’accento sulle varie irregolarità, a suo giudizio, rispetto alla legge nigeriana e alla pratica dell’industria del petrolio relative all’affare nigeriano di Eni e Shell.

Ayoade ha ricordato l’originaria assegnazione diretta del 1998 della licenza Opl245 alla società locale Malabu. Da allora – erano i tempi della dittatura di Sani Abacha – il governo di Abuja ha avuto una politica di “indigenizzazione” del settore del petrolio, ossia tesa a favorire il più possibile il fatto che società controllate almeno per 51% da nigeriani acquisissero licenze petrolifere da sviluppare insieme alle oil majors straniere.

Strane assegnazioni della licenza per il giacimento

Singolare che dopo 13 anni di contenziosi la licenza per lo sfruttamento di uno dei più grandi giacimenti in acque profonde del Paese sia finita nel 2011 a due società internazionali senza alcuna presenza “indigena”, quando la stessa policy era stata rafforzata nell’Oil and Gas Content Act del 2010. Peraltro sin dagli anni 2000 era diventata pratica preponderante quella di tenere gare pubbliche per assegnare le licenze, con il fine di vendere a prezzi maggiori. Ma su Opl245 si è continuato a preferire la strada dell’assegnazione discrezionale.

Ayoade è stato netto sull’utilizzo di un resolution agreement, ossia di uno strumento legale di risoluzione delle controversie, sull’assegnazione della licenza nel 2011. Era contraddittorio che Eni, non coinvolta nei contenziosi pendenti tra la Shell, la Malabu e il governo nigeriano, fosse parte ad un accordo di risoluzione delle controversie.

Ancora più anomalo che la Malabu senza pagare tutto il bonus di firma avesse riavuto la licenza nel 2006 e che il governo non avesse preteso il pagamento dei 20 milioni di dollari dovuti. Non un “problema” secondo le autorità giudiziarie presiedute dall’allora ministro della Giustizia Bayo Ojo. Lo stesso che ha poi, nel 2011, ricevuto da Dan Etete 10 milioni della tangente Opl245. In breve, a conoscenza di Ayoade, nella storia nigeriana nessuna licenza petrolifera è mai stata assegnata con questo strumento di diritto privato.

Anomale esenzioni fiscali per Eni e Shell

Ancora più singolare che il ministro del Petrolio – che ha competenza sulla concessione delle licenza – non sia stato coinvolto nel negoziato sul resolution agreement. Inoltre proprio a un mese dalla firma il dipartimento delle risorse petrolifere aveva espresso obiezioni formali alle clausole capestro contenute nell’accordo. Un’intesa che, secondo Ayoade, concede esenzioni fiscali ad ampio spettro a Eni e Shell senza essere in linea con la legislazione nigeriana. Per altro tali esenzioni o sono normate dalla legge nigeriana, come avviene per alcuni settori industriali o progetti specifici, o emanano, raramente, da un ordine esecutivo presidenziale. Ma di sicuro non da un resolution agreement.

Un’eccezione alla normativa nigeriane

Insomma il caso Opl245 è un’eccezione alla normativa nigeriana sotto molti punti di vista. In particolare non vi è mai stato un contratto di Sole Risk che governi una licenza che non rispetti il Deep Offshore PSC Act del 2003, poiché i beneficiari sono solo società estere e non nigeriane contrariamente a quanto previsto dalla legge dedicata proprio allo sfruttamento del petrolio nelle acque profonde. Lo stesso accordo di ripartizione dei profitti – production sharing agreement – non è affatto un production sharing contract secondo le linee guida del 2005, poiché il governo non è parte in causa e quindi non beneficia del cosiddetto profit oil, avendo così mancate entrate valutabili in diversi miliardi di dollari. Non un caso che già nel 2014 una commissione speciale di inchiesta della Camera dei Deputati aveva chiesto la cancellazione dell’accordo. Richiesta rimasta inascoltata dall’allora governo.

Ayoade ha anche sottolineato che, se la Nigeria volesse usufruire dei diritti di rientro nella licenza (back-in), secondo l’accordo capestro del 2011 potrebbe farlo solo per il 50% di questa e solo come licenziatario, ma non come contractor, e soprattutto dovendo pagare poco meno di un miliardo di dollari quanto per la legge nigeriana del petrolio questo diritto “sovrano” dovrebbe essere a costo zero. A sorpresa le difese hanno deciso di non effettuare alcun contro-esame del consulente dell’accusa, forse timorose che potesse evidenziare ulteriori irregolarità dell’affare.

Copione analogo nell’udienza del giovedì (4 aprile), che ha visto l’esame del consulente tecnico della Nigeria in qualità di parte civile, l’esperto petrolifero Stephen Rogers della società di consulenza Arthur D. Little. Dopo aver spiegato con chiarezza i modelli applicati per effettuare una valutazione del blocco, con il suo esperto il governo nigeriano ha reso noto che il valore della licenza nel 2011 era di 3.511 milioni di dollari, e non i 1.300 pagati da Eni e Shell. Una bella differenza che rende l’affare Opl245 ancora più unico. Dal 10 aprile la parola passa agli esperti.