Claudio Lotito, o della persistenza del (grande) vecchio nel pallone
Anche per i vecchi padroni novecenteschi il calcio è sempre stato business, affari e guadagni, ben prima che entrasse in campo la finanza
In questa rubrica ci siamo spesso occupati del futuro del pallone, o meglio del suo presente tra cinque minuti, per citare lo scrittore inglese James G. Ballard, disegnando traiettorie finanziarie di acquisizioni a leva, debiti, e derivati. Abbiamo scritto di come oramai il pallone navighi tra fondi d’investimento globali e paradisi fiscali, in cui agiscono pochi agenti monopolisti che in pratica possiedono tutte le squadre in campo in uno stesso mercoledì di Champions League. Ma in questo disegno restano alcune sacche di resistenza, o persistenza. E la più forte ha la fisiognomia di Claudio Lotito.
Lo si evince dando un’occhiata a due interessanti articoli pubblicati su Calcio & Finanza. Nel primo si legge come Lotito, dal 2004 proprietario della Lazio, abbia deciso, in quanto appunto proprietario, che quest’anno aveva voglia di raddoppiarsi lo stipendio. E lo ha fatto «come presidente di SS Lazio Spa ma anche come numero uno della SS Lazio Marketing», portandosi così a casa nella doppia veste di doppio presidente circa 1,1 milioni di euro lordi. Non male, ma non è finita qui.
Sempre sullo stesso portale leggiamo come sia aumentato quest’anno «l’impatto delle aziende di Claudio Lotito sul bilancio della società biancoceleste». Si tratta di aziende che si occupano di sicurezza, vigilanza, assistenza logistica e informatica, pulizie, sanificazione e servizi amministrativi. Hanno nomi come Gasoltermica Laurentina, Omnia Service, Bona Dea e Roma Union Security. Sono tutte società di Claudio Lotito e hanno – «nel rispetto della correttezza sostanziale e procedurale ed a normali condizioni di mercato» come esplicitato nel bilancio – firmato vantaggiosi contratti con la Lazio di Claudio Lotito, portandosi così a casa poco meno di 7 milioni.
Non male, davvero. Eccola qui la fisiognomica di Lotito. Uno dei pochi padroni vecchio stampo ancora in circolazione, alfiere di quel capitalismo industriale e pre-finanziario che ci ha regalato le mitologiche figure dei presidenti macchietta del secolo breve. I Gaucci e gli Anconetani, i Luzzara e i Sibilia, ma anche i Berlusconi e i Moratti, cui sono state dedicati biografie, monografie e intermezzi comici. Oggi che ci sono i meme, resiste solo Lotito, che in vent’anni ha compiuto una irresistibile scalata ai vertici del potere pallonaro, tanto che in molti lo immaginano proprio come una sorta di grande vecchio del calcio italiano.
Questa fantasia del burattinaio che muove i fili di arbitri e dirigenti lascia il tempo che trova. Così come non è questa la sede per chiedersi se alla politica sia arrivato attraverso il calcio o viceversa. La cosa più interessante è un’altra. Come i vecchi padroni, che erano tutto tranne che “ricchi scemi”, come faceva loro piacere essere definiti bramando di essere scambiati per munifici mecenati e appassionati tifosi, Lotito dalla Lazio ci guadagna. Di persona e attraverso l’indotto delle sue aziende. Perché anche per i vecchi padroni novecenteschi il calcio è sempre stato business, affari e guadagni, ben prima che entrasse in campo la finanza. A dimostrazione che i bei tempi non sono mai esistiti. Nemmeno nel pallone.