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Unesco al Bangladesh: no alla centrale a carbone

L’Unesco ha chiesto al Bangladesh di rinunciare alla costruzione di una centrale a carbone nelle vicinanze della più grande foresta di mangrovie del mondo, ...

Una manifestazione contro la costruzione della nuova centrale a carbone in Bangladesh ©Wikimedia Commons/Gmanwar.bd
Una manifestazione contro la costruzione della nuova centrale a carbone in Bangladesh ©Wikimedia Commons/Gmanwar.bd
Una manifestazione contro la costruzione della nuova centrale a carbone in Bangladesh ©Wikimedia Commons/Gmanwar.bd

L’Unesco ha chiesto al Bangladesh di rinunciare alla costruzione di una centrale a carbone nelle vicinanze della più grande foresta di mangrovie del mondo, classificata patrimonio mondiale dell’umanità dalla stessa agenzia delle Nazioni Unite. Secondo quest’ultima, infatti, il progetto rischia di provocare «danni irreversibili»: la nuova centrale di Rampal sarebbe infatti edificata proprio ai limiti della foresta, nella quale vivono tra l’altro specie animali a rischio di estinzione come la tigre del Bengala ed alcuni rari esemplari di delfini. Proprio per queste ragioni l’Unesco ha proposto, in un rapporto ufficiale pubblicato martedì 18 ottobre, che il sito venga spostato «in un luogo più adatto».

La nuova centrale a carbone, da 1.320 Megawatt, è stata progettata assieme dai governi dell’India e del Bangladesh. Essa non solo provocherebbe alti tassi di inquinamento in loco, ma il carbone necessario al suo funzionamento dovrebbe essere trasportato fino al sito di produzione per via fluviale. Il che comporterebbe lo spostamento di circa 5 milioni di tonnellate attraverso i fragili corsi d’acqua circostanti. Stando ai piani di costruzione, la centrale scaricherebbe ogni giorno più di 125mila metri cubi di acqua utilizzata per il raffreddamento dei generatori, il che rischierebbe di contribuire a perturbare l’ecosistema della regione.

Quella dell’Unesco rappresenta però una lotta contro il tempo: i lavori di edificazione del sito dovrebbero cominciare a breve e l’inaugurazione è prevista già per il 2018. E, almeno per ora, il governo del Bangladesh non ha risposto alle richieste delle Nazioni Unite, né ha replicato alla popolazione, che ha già manifestato una viva opposizione al progetto. Numerose Ong internazionali, inoltre, hanno lanciato una petizione che conta già più di 900mila adesioni.