Il costo del lavoro di Messi in Arabia Saudita
Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio
Mentre in piena crisi di governo un noto senatore di Rignano invidiava il costo del lavoro dell’Arabia Saudita, un quotidiano sportivo catalano rilanciava la questione del costo del lavoro nel calcio. Lionel Messi negli ultimi quattro anni ha guadagnato ben 555 milioni di euro, titolava infatti a caratteri cubitali il Mundo Deportivo. Non a caso pochi giorni dopo la pubblicazione dell’ultimo esercizio del club, in cui il Barcellona presenta un indebitamento netto aumentato del 55% con debiti complessivi per 1,2 miliardi, un fatturato di 855 milioni in calo del 14% e molto più basso delle previsioni: senza pandemia il Barça sarebbe stato il primo club a sfondare il tetto del miliardo. Ora, detto che le cifre erano note da un vecchio leak di Der Spiegel del 2017, è ovvio che lo scoop del Mundo è politico, in vista delle prossime elezioni presidenziali del Barça. Ma il punto è un altro: colpevolizzare gli stipendi dei lavoratori per la crisi dei padroni. Innanzitutto le perdite economiche del Barça non sono colpa di Messi, anzi. Il giocatore non solo ha fatto vincere al club quello che altrimenti non avrebbe mai ottenuto, ma è un asset incredibile: il suo nome fa aumentare esponenzialmente introiti costruiti quasi esclusivamente sul fatto di avere in casa il giocatore più famoso del mondo. Se il Barcellona stava per sfondare il muro del miliardo di fatturato, era possibile solo grazie a Messi. Dopodiché, va sempre ricordato che il calciatore, se non proprio l’ultimo, è il penultimo ingranaggio di un sistema. È l’operaio specializzato della catena di montaggio calcistica, e il suo stipendio è da sempre, in ogni epoca e a ogni latitudine, infinitesimale rispetto ai guadagni dell’azienda. In un mondo in cui i ricchi lo sono sempre di più senza produrre nulla, mentre la povertà dilaga ovunque, credere che la causa della crisi non sia la struttura stessa di un sistema fallimentare ma lo stipendio dei lavoratori è un’idea aberrante, che può venire in mente solo a un quotidiano sportivo catalano o a un senatore di Rignano: entrambi interessati, guarda caso, a elezioni prossime venture.