Le multiproprietà del barone De Coubertin

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

La primavera è stagione importante per il pallone: come ogni anno nelle farmacie si testano i multivitaminici e nei tribunali le multiproprietà. A fine aprile il consiglio della Figc ha approvato “le modifiche alla disciplina relativa alle acquisizioni nelle partecipazioni di società professionistiche”, ovvero ha detto basta allo stesso padrone per due squadre. Poche settimane dopo la Salernitana di Lotito è stata promossa in Serie A, dove già gioca la Lazio di Lotito, e quindi grande attenzione alla cosa, che alla fine si risolverà in due modi: ennesima deroga o ennesima cessione fittizia, magari a un trust. Con un unico risultato: permettere al multiproprietario di rimanere tale. Eh sì, perché le vie per essere multiproprietari nel calcio sono infinite. Spesso sono nascoste, ma in realtà non sempre è necessario. C’è chi, in sprezzo al pericolo, con la medesima società controlla due club di grande tradizione e situati pure a breve distanza, come De Laurentiis con Napoli e Bari, o come la Red Bull che porta addirittura a scontrarsi tra loro in Europa League le sue squadre, Lipsia e Salisburgo, con grande scorno e imbarazzo per la Uefa. Poi c’è chi dà la seconda squadra all’amico, o all’ex amico, come fece Volpi, ex patron dello Spezia, con Setti, attuale proprietario del Verona, salvo finire litigati in tribunale. Nel frattempo Setti si era preso anche il Mantova. E a questo punto verrebbe da chiedersi per conto di chi. Forse un altro amico. Poi ci sono quelli che si prendono tre squadre in giro per l’Europa per scambiarsi calciatori e plusvalenze. Meraviglioso esempio furono i Pozzo con Udinese, Watford e Grenada, ma anche quelli, e sono moltissimi, che oltre alla squadra nel campionato principale ne hanno almeno un paio nell’est o in campionati esotici. Qui, oltre che cartellini e plusvalenze, è facile immaginarsi scambi di spezie e profumi. O forse è solo genuina passione per il calcio, chissà. Ma questa è già nostalgia: è il racconto analogico dei vecchi tempi in cui Gaucci spostava allenatori e giocatori dal Perugia alla Viterbese mentre faceva la formazione della Roma. Oggi che il pallone è definitivamente approdato in una dimensione finanziaria la vera multiproprietà è quella dei fondi d’investimento con i piedi (quote) in due scarpe (squadre), tipo il Lindsell Train con Juventus e Manchester United. O quelle società con sede nei paradisi fiscali che controllano più di un club iscritto alla prossima Champions League. A dimostrazione che per fare i soldi nel pallone non serve vincere, l’importante è partecipare, o al limite possedere. Per la gioia del barone De Coubertin, noto multiproprietario.