Il piano Next Generation Eu non è verde come dovrebbe

Per la Corte dei conti europea, la Commissione avrebbe "gonfiato" gli investimenti per il clima erogati nell’ambito del Next Generation Eu

Ursula von der Leyen ha sancito che il 37% dei fondi del piano Next Generation Eu fosse destinato direttamente agli obiettivi del Green Deal europeo © Partito popolare europeo/Wikimedia Commons

Ursula von der Leyen ha fatto del Green Deal europeo, il piano per la decarbonizzazione del Continente entro il 2050, la bandiera del suo primo mandato come presidente della Commissione europea. L’ha voluto ribadire quando, nel pieno dei mesi più duri legati alla pandemia, ha annunciato che il 37% dei fondi del piano Next Generation Eu (il cosiddetto Recovery Fund) sarebbe stato speso direttamente per gli obiettivi climatici e ambientali. Ora von der Leyen, appena rieletta, promette di insistere con Green Deal fin dai primi cento giorni, con un piano specifico per l’industria. Ma, nel frattempo, dalla Corte dei conti europea arriva una doccia fredda. Da un’analisi approfondita, infatti, sembra proprio che i dati sugli investimenti per il clima siano gonfiati rispetto alla realtà. E alcuni progetti etichettati – almeno formalmente – come “verdi” presenterebbero macroscopiche lacune.

Come funziona il piano Next Generation Eu

All’indomani dello scoppio della pandemia, la Commissione europea ha reagito con un poderoso strumento per la ripresa economica, il Next Generation Eu appunto. Un pacchetto da oltre 800 miliardi di euro, tra prestiti e sovvenzioni, da distribuire agli Stati membri a seguito della presentazione (e approvazione) dei loro Piani nazionali di ripresa e resilienza. L’Italia è la prima beneficiaria con oltre 210 miliardi di euro, di cui 191,5 proprio legati al Pnrr. L’intento dichiarato dalle istituzioni europee è quello di risollevare le economie nazionali dal duro colpo inferto dal Covid-19. E di farlo all’insegna di quattro priorità: transizione ecologica, digitalizzazione, stabilità macroeconomica ed equità.

L’analisi della Corte dei conti europea si concentra in particolare sul dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) che, con i suoi oltre 700 miliardi di euro, è il pilastro del piano Next Generation Eu. È un programma basato sulla performance. Ciò significa che eroga i pagamenti non a fronte delle spese sostenute, ma dopo aver verificato che gli Stati abbiano attuato determinate riforme e raggiunto determinati obiettivi.

Tra cifre gonfiate e progetti non pertinenti

La Commissione europea, a febbraio 2024, ha fatto sapere che ben il 42,5% dei fondi del dispositivo per la ripresa e la resilienza aveva sostenuto gli obiettivi climatici europei. Si tratta di qualcosa come 275 miliardi di euro. Ma la Corte europea contesta questa cifra: il valore reale, sostiene, sarebbe di almeno 34,5 miliardi di euro più basso. E non è finita qui. «L’RRF costituisce un grande investimento in tutta l’Ue e, se appropriatamente attuato, dovrebbe grandemente accelerare il conseguimento degli ambiziosi obiettivi climatici dell’Unione», ha affermato Joëlle Elvinger, membro della Corte dei conti europea. «Tuttavia, soffre attualmente di un elevato livello di approssimazione nei relativi piani, nonché di discrepanze tra la pianificazione e la pratica e, in ultima analisi, fornisce poche indicazioni circa la misura in cui il denaro sia impiegato direttamente per la transizione verde».

A ciascuna misura finanziata la Commissione europea attribuisce un coefficiente climatico. È del 100% se contribuisce in modo sostanziale all’azione per il clima, del 40% se dà un contributo positivo non marginale, dello 0% se non contribuisce per nulla. Secondo la Corte dei conti europea, alcuni progetti si sarebbero visti assegnare un coefficiente positivo pur avendo poco o nulla a che fare con il clima. Altre volte, i costi stimati inizialmente dagli Stati si sarebbero rivelati poi molto distanti da quelli effettivi. La Commissione europea, nella sua risposta, contesta le critiche alla metodologia adottata. Ma promette di correggere il tiro. Garantendo «una concezione adeguata dei futuri strumenti di finanziamento destinati a sostenere gli obiettivi e i traguardi climatici e ambientali». Considerati i massicci investimenti nella decarbonizzazione che serviranno in questo decennio, il tema non si esaurirà certo con la fine del Next Generation Eu.