Processo Opl245, la familiarità di Descalzi con il governo nigeriano
Al processo sulla presunta tangente per il maxigiacimento petrolifero, interrogato l'ex manager Shell, Ian Craig: l'Ad Eni determinante nella trattativa con il presidente nigeriano
Nel maggio 2010, l’ad di Eni Claudio Descalzi, allora numero due della società, incontrò il presidente della Nigeria Jonathan Goodluck, con il quale aveva una relazione di familiarità, per sbloccare il negoziato per l’acquisizione da parte di Eni e Shell dell’ambita licenza Opl245.
Il gigantesco blocco petrolifero era oggetto di dispute con il governo nigeriano da diversi anni. Con questa ammissione da parte di un manager Shell chiamato a testimoniare, si chiude la prima udienza dopo la pausa estiva del processo in corso a Milano. Udienza che ha visto l’inizio dell’esame dei testimoni delle difesa, a partire da quelli nominati dalla società anglo-olandese, anch’essa accusata di corruzione internazionale.
La cena di Descalzi nella villa presidenziale
Quello di Descalzi ad Abuja non è stato un semplice incontro, come già menzionato dall’imputato accusatore dell’Eni e dell’ad Descalzi, Vincenzo Armanna, udito dal Tribunale lo scorso luglio. Ian Craig – allora vicepresidente esecutivo per l’Africa sub-Sahariana della divisione Upstream Internazionale di Shell – ha ricordato ai giudici di Milano di sapere che Descalzi avrebbe visitato Jonathan nella villa presidenziale per una cena non ufficiale. E visto che Eni non disse poi nulla di una possibile cancellazione dell’incontro, Craig pensa proprio che ebbe luogo. L’avvocato Paola Severino, che difende l’ad di Eni, ha promesso che porterà delle prove che smentirebbero del tutto la versione di Craig.
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Descalzi e Jonathan si conoscevano dai tempi delle operazioni petrolifere dell’Eni nello Stato di Bayelsa, nel Delta del Niger, dove Jonathan era governatore. Poi quest’ultimo fece carriera e divenne vicepresidente del Paese. All’inizio del 2010, quando le condizioni di salute del Presidente Yar’Adua si aggravarono, Jonathan già agiva da acting president, prima di vincere le elezioni del 2011 ed insediarsi formalmente con i pieni poteri.
Opl245, un negoziato “molto problematico”
Craig ha ricordato come nel maggio 2010 il negoziato con la Malabu di Dan Etete per la vendita della licenza era diventato molto problematico per le richieste dell’ex-ministro del Petrolio nigeriano, che oggi vive a Dubai e “resiste” a un ordine di arresto internazionale dell’Interpol. Così Shell era ben contenta se Eni, la quale aveva dalla fine del 2009 approcciato Etete per guidare una nuova cordata con la stessa compagnia anglo-olandese, fosse andata avanti per chiedere una mediazione del governo in carica. Qualcosa che effettivamente poi avvenne a partire dall’agosto 2010.
Sotto il fuoco del contro-esame del PM Fabio de Pasquale, che questa volta ospitava in aula due colleghe della Procura di Rotterdam le quali stanno concludendo in Olanda un’indagine contro Shell sullo stesso caso, Craig ha ribadito la linea ben nota delle società, secondo cui non c’era certezza che dietro la Malabu ci fosse Dan Etete. Anche se le numerose e-mail sequestrate ai manager di Shell e lette in aula mostravano come si parlasse continuamente di negoziato e richieste di Etete in questo. Ma per Craig “ ‘Etete” era solo un modo di dire per riferirsi a Malabu”.
«Le società non sapevano chi stavano pagando»
Alla fine Craig ha candidamente ammesso che anche quando nell’aprile 2011 l’affare fu chiuso e fu pagato il governo nigeriano, che di fatto agì come intemediario per Etete ottenendo così un lauto tornaconto secondo l’accusa, le società non sapevano chi stavano pagando. Una posizione a dir poco singolare per due colossi energetici quali Shell ed Eni e per un pagamento superiore al miliardo di dollari.
Poi Craig ha sminuito la sua conoscenza della pretesa dell’intemediario Emeka Obi di ricevere ben 55 milioni di dollari per i servizi che avrebbe fornito, venendo nuovamente smentito dalla lettura di varie e-mail.
Shell voleva un accordo su Opl245 ad ogni costo
Per Craig, Shell voleva raggiungere un accordo sulla licenza ad ogni costo, così da evitare di portare fino in fondo l’arbitrato internazionale, mosso dopo che nel 2006 il governo riassegnò la licenza alla Malabu di Dan Etete togliendola a Shell, e così danneggiare, forse irreparabilmente, la relazione con le autorità nigeriane.
Riguardo ai report che arrivavano regolarmente dai due manager Shell, ex servizi dell’MI6 di Londra, Colegate e Copplestone, che parlavano di “back channels” per raggiungere i vertici del governo nigeriano e di “margini” nell’affare per l’allora ministro del petrolio nigeriano Diezani Alison-Maudeke (su cui pende un mandato di arresto dalla Nigeria per altre vicende), Craig ha negato che tra i manager Shell si discuteva di queste questioni, o si facesse una due diligence per chiarire.
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Il processo continuerà mercoledì con altri due testimoni di Shell (sempre manager della società ai tempi del reato contestato) e si deciderà anche se poi sarà ascoltato Marten Wetselaar, manager di alto rango di Shell, per alcuni il possibile nuovo ad della società. Seguiranno i testimoni di Eni e di tutte le difese.