Banche inglesi, 44 miliardi di euro per il peggiore scandalo della loro storia
Per vent'anni le banche inglesi hanno propinato ai consumatori le Payment Protection Insurance (PPI), assicurazioni costose e inutili
Siamo intorno al 2011 e la fiducia nel sistema finanziario globale è ai minimi storici. Lo scoppio della bolla dei mutui subprime negli Stati Uniti ha innescato una profonda crisi che non risparmia nessuno, nemmeno l’Europa. Mentre i governi si indebitano con gli onerosissimi piani di salvataggio per le banche, le Borse sprofondano e i prezzi delle materie prime si impennano, gli istituti di credito del Regno Unito hanno un’altra gatta da pelare. Lo scandalo delle Payment Protection Insurance (PPI), il più grave della loro storia. A dieci anni di distanza, ecco il conto: 38 miliardi (miliardi!) di sterline.
Lo scandalo delle Payment Protection Insurance (PPI)
Le Payment Protection Insurance sono assicurazioni che tutelano chi ha acceso un prestito in caso di malattia, licenziamento o altre circostanze che lo mettano in difficoltà nel pagamento delle rate. Tra il 1990 e il 2010 ne sono state stipulate 64 milioni, legate a mutui immobiliari, carte di credito e prestiti al consumo.
Fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse per alcuni piccoli dettagli. Innanzitutto, le polizze che le banche inglesi hanno propinato per vent’anni erano costose. Molto costose. Arrivavano a incrementare addirittura del 50% il costo di un mutuo. Denaro che in molti casi veniva letteralmente mandato in fumo. Da un’indagine a campione condotta nel 2001 dall’organizzazione per la tutela dei consumatori Citizens Advise Bureau, si è scoperto che l’85% delle richieste di risarcimento ha ricevuto un “no” in risposta.
Questo perché il cliente, dopo aver sottoscritto la polizza e averla pagata regolarmente, scopriva un dedalo di clausole. Che non erano state illustrate a dovere dai dipendenti delle banche, sottoposti a enormi pressioni per vendere il più possibile. Le PPI, infatti, erano una miniera d’oro non tanto per le compagnie di assicurazione quanto per le banche stesse, pronte a caricare commissioni e interessi. Così la copertura assicurativa in certi casi veniva letteralmente imposta, pena il rifiuto del prestito o l’imposizione di un tasso molto più alto. Altre volte il cliente non era nemmeno consapevole di averla acquistata. Oppure la pagava senza sapere che sarà del tutto inutile. Un esempio tipo? L’assicurazione che copre in caso di licenziamento, stipulata da un lavoratore autonomo che non può tecnicamente essere licenziato.
44 miliardi di euro di multe per le banche britanniche
La prima multa per misselling (vendita ingannevole) risale al 2006. La Financial Services Autority (FSA), l’autorità che all’epoca vigila sul sistema finanziario d’Oltremanica, ritiene che Regency Mortgage Corporation abbia venduto PPI a clienti che erano già assicurati o non avevano comunque diritto alla copertura. Costo della sanzione: 56mila sterline (66mila euro col cambio attuale).
È la prima goccia di un temporale che esplode a partire dal 2011. Quando la FSA introduce nuove regole retroattive sulla vendita delle PPI, la British Bankers’ Association prova a farle causa, ma viene sconfitta in tribunale. Lloyds è la prima banca ad annunciare di aver messo da parte 3,2 miliardi di sterline (3,7 miliardi di euro) per rimborsare i consumatori ingannati. Sul momento la cifra appare quasi esagerata, ma ben presto è chiaro che questo è soltanto l’inizio.
Le autorità britanniche invitano i consumatori a sottoporre il loro caso, dando tempo fino al 29 agosto 2019. Vengono letteralmente inondate di richieste. E ben presto si capisce che non è così facile distinguere chiaramente la vendita forzata delle PPI da ciò che non lo è. Stando all’ultimo aggiornamento ufficiale, tra il 2011 e il 2019 le banche sono state costrette a pagare risarcimenti per un totale di 38 miliardi di sterline.
Stiamo parlando di 44 miliardi di euro, quasi il doppio del PIL (prodotto interno lordo) di Cipro. Conteggiando anche le spese amministrative si potrebbe arrivare addirittura a 48,5 miliardi di sterline (57,2 miliardi di euro). E non c’è da stupirsi, considerando che nei mesi più intensi Lloyds, da sola, ha dovuto assumere 7mila persone per gestire le richieste.
Dati che potrebbero essere ancora ritoccati al rialzo, visto che il Financial Times parla di una valanga di richieste arrivate in zona Cesarini. La sola Lloyds, ad agosto 2019, ne avrebbe ricevute tra 600 e 800mila alla settimana, contro la media di 70mila mantenuta negli anni precedenti. Insomma, il conto da pagare è salatissimo. E non è detto che sia sufficiente per riconquistare una fiducia messa così a dura prova.