Il «piano criminale a lungo termine» del Granada Club de Fútbol

Un’inchiesta della procura anticorruzione spagnola spiega come funziona il calcio in Europa, tra plusvalenze e bilanci

Dalla Spagna un'inchiesta ha permesso di fare luce su presunti maquillage finanziari nel mondo del calcio © José Manuel Ferro Ríos/WikiMedia Commons

Non c’è un giudice a Roma, dove finisce sempre a tarallucci e vino. Ma c’è a Madrid, dove la procura anticorruzione spagnola ha deciso di occuparsi in maniera un attimo più seria del marcio che si nasconde nel mondo del calcio. Ce ne siamo accorti anche in Italia solo quando sono stati chiesti dodici anni di carcere e 36,5 milioni di euro di multa per reati fiscali a Gino Pozzo, proprietario del Watford e molto altro. È proprio il “molto altro”, qui, che ci interessa.

Gino Pozzo è figlio di Giampaolo Pozzo, storico patron dell’Udinese da sempre portato ad esempio di come si gestisce una società di calcio. Ovvero, in buona sostanza, comprando giocatori sconosciuti in Paesi esotici e rivendendoli a un prezzo dieci volte superiore alle grandi squadre. Un metodo che funzionava così bene che i Pozzo hanno deciso di allargarsi, comprando prima il Granada Club de Fútbol in Spagna e poi il Watford Football Club in Inghilterra.

Multiproprietà e le plusvalenze

In questo modo si è realizzata una di quelle meravigliose multiproprietà che sono state il cuore nero delle plusvalenze calcistiche negli ultimi vent’anni. Decine di giocatori che passano tranquillamente dall’una all’altra squadra, a costi che nulla hanno a che vedere con il loro valore. E con commissioni che chissà perché continuano a essere pagate, anche se è un trasferimento interno.

È sempre stato tutto legale, almeno in apparenza. Anche quando è esploso il caso della Juventus, tutti si sono affrettati a parlare di plusvalenze buone, da distinguere da quelle cattive. Se no crollavano gli esempi virtuosi di come si gestisce una società di calcio. Tipo quello dell’Udinese, appunto. Che forse così non era, e non è mai stato. Detto e ribadito che sono tutti innocenti fino al terzo grado di giudizio e oltre, l’Operación Libero della Procura anticorruzione spagnola in realtà è molto più ampia.

Il «piano criminale a lungo termine»

L’inchiesta interessa infatti diverse società e diversi Paesi, tra cui un paio di paradisi fiscali. Come sempre quando si tratta di plusvalenze nel pallone. E quanto ipotizzato sulla struttura del Granada, più che per eventuali condanne, è interessante come fotografia sul mondo del calcio in generale.

Secondo la procura qualcosa non andava fin dall’acquisto del club da parte dei Pozzo nel 2009. Acquisto avvenuto attraverso un finanziaria lussemburghese che ha prestato i soldi per l’operazione a interessi fuori mercato. La società lussemburghese era gestita da Raffaele de la Riva, un socio dei Pozzo.

Poi c’è stato qualcosa di strano in una serie di trasferimenti. In particolare nei sei cambi di maglia finiti sotto la lente di ingrandimento, che rimbalzando da un Paese all’altro hanno permesso di evadere al fisco tasse per decine di milioni di euro.

Molti di questi trasferimenti sarebbero stati «simulati». Ovvero non necessari per la conduzione di una squadra di calcio, ma solo come maquillage finanziario e contabile. E sarebbero stati parte di «un piano criminale a lungo termine». Le virgolette non sono nostre, le abbiamo prese tutte dalle dichiarazioni della procura anticorruzione spagnola. Ma se vi sembra che siano le stesse parole con cui di solito raccontiamo il calcio ben oltre Granada, Watford e Udinese, beh, in effetti è proprio così.