Processo OPL245, la lunga giornata del compagno Agaev
Il diplomatico russo vicino a Putin, interrogato 6 ore nel processo per la presunta tangente per il giacimento nigeriano, in cui è imputato
Ednan Agaev è un diplomatico russo di lungo corso, con incarichi di rilievo già ai tempi dell’Unione Sovietica. Dopo il crollo del comunismo, è stato cinque anni ambasciatore in Colombia. Poi ha iniziato a bazzicare il complesso e intricato mondo del petrolio. Soprattutto in Nigeria, dove ha avuto un ruolo di primo piano nell’affare OPL245 in qualità di intermediario in quota Shell. Per questo è uno degli imputati alla sbarra per il presunto caso di corruzione e il primo – e unico, se si eccettua l’ex manager dell’Eni Vincenzo Armanna – a deporre in aula.
Il Cremlino all’Italia: su Agaev siate “ragionevoli”
Che Agaev goda della protezione del presidente russo Vladimir Putin è confermato dal goffo tentativo del Cremlino di aiutarlo a uscire dal procedimento. Lo scorso dicembre, infatti, durante una delle udienze si è appreso che il ministero degli Esteri russo aveva inviato un messaggio alla Farnesina affinché le autorità italiane si mostrassero “ragionevoli” e di fatto chiudessero il capitolo giudiziario sul diplomatico. Richiesta rispedita al mittente senza esitazione.
In un’udienza fiume l’uomo che in tanti dipingono vicino ai servizi segreti russi è stato sottoposto a un interrogatorio di oltre sei ore da parte del pm Fabio De Pasquale. Una prova di resistenza che Agaev ha affrontato sfoderando tutte le sue abilità diplomatiche. Nella sessione mattutina ha impiegato più il fioretto, trincerandosi dietro qualche “non ho idea” e sfumando alcune delle dichiarazioni già presentate in esami del passato – con gli stessi pm milanesi e l’FBI – senza però ritrattare del tutto.
I tentativi (falliti) di coinvolgere Gazprom
Agaev entra ufficialmente al gran ballo dell’OPL 245 nel 2008 quando una società russa, la United Oil Company, prova a entrare nel deal, ben presto diffidata dallo spingersi troppo oltre dalla Shell.
Il diplomatico acquista un ruolo molto attivo dopo l’incontro con Mohammed Gusau, ex consigliere sulla sicurezza e l’intelligence del presidente Olusegun Obasanjo, poi di nuovo in carica ai tempi di Goodluck Jonathan. Gusau gli propone di fare da intermediario per trovare un nuovo investitore. Il colosso petrolifero russo Gazprom si dichiara subito non interessata: troppi rischi sulla sicurezza, troppo oneroso l’investimento e soprattutto troppo controversa l’attribuzione del blocco.
L’OPL 245 è infatti della oscura Malabu, società dell’ex ministro del Petrolio Dan Etete, che Agaev conosce grazie al solito Gusau e riconosce. A Etete la licenza era stata revocata ai tempi del presidente Obasanjo, nemico giurato di tutti i personaggi della cricca del dittatore Sani Abacha – quindi di Etete. Il provvedimento era illegittimo e fu ribaltato da una corte federale, forse anche perché a Obasanjo servivano le amicizie di Etete con i parlamentari del sud della Nigeria.
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L’incontro con lo 007 di Shell e quella cena con Descalzi
Entrato a pieno titolo nella partita, Agaev fa la conoscenza dell’ex MI6 e in quel momento uomo di Shell Copplestone (anche lui imputato), di altri intermediari, Richard Granier Deferre ed Emeka Obi. Con quest’ultimo ed Etete avrebbe avuto una cena con Claudio Descalzi all’hotel Principe di Savoia di Milano nel febbraio del 2010. Uno dei pochi contatti con Eni, a sentire Agaev, che arriva a negare di conoscere l’ex manager del cane a sei zampe Vincenzo Armanna.
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A proposito del “grande accusatore”, per la prima volta da quando è iniziato il dibattimento, è presente in aula insieme a un avvocato appena aggiunto al suo team legale. Avvocato che riesce a far imbufalire il di solito pacato presidente della giuria Marco Tremolada, prima perché il suo assistito «non ha una sedia e da ore segue il processo in piedi», poi perché continua a prendere la parola, senza essere previamente autorizzato, nel corso dell’interrogatorio di Agaev condotto dal pm.
Agaev ritratta tutte le sue dichiarazioni all’FBI
La sfuriata di Tremolada è uno dei momenti topici di un pomeriggio durante il quale Agaev sfodera la sciabola per menare poderosi fendenti su alcune precedenti sue affermazioni. Se all’FBI e nel precedente interrogatorio con i pm De Pasquale e Spadaro aveva detto che Etete avrebbe dovuto versare a vari “amici” altolocati buona parte dei 400 milioni di dollari per il deal e che addirittura 200 sarebbero dovuti andare al presidente Goodluck Jonathan, nella torrida – in tutti sensi – udienza di Milano il diplomatico russo di fatto ritratta tutto, adducendo eccessive “pressioni” subite da De Pasquale soprattutto sul punto del rapporto Adoke Bello-Etete.
Adoke era il ministro della Giustizia della Nigeria quando fu siglato l’accordo per il blocco e uno dei principali destinatari delle presunte mazzette insieme alla titolare del dicastero del Petrolio, Diezani Alison-Madueke. Personaggi quanto mai opachi, questi ultimi, ammette Agaev. «Obasanjo diceva che la Diezani era avida e truffaldina e anche Gusau la riteneva corrotta».
Non a caso il russo teme che i soldi pagati su un conto del governo nigeriano per la licenza e che poi dovevano arrivare alla Malabu di Etete possano essere bloccati e non raggiungere i destinatari, tra cui c’era lui stesso. A lui spettavano 66 milioni di dollari di provvigione, mai fattagli recapitare da Etete. Per questo Agaev, come l’altro intermediario in quota Eni Emeka Obi, è ricorso ad arbitrati prima a New York e poi a Londra, portando a casa la “misera” cifra di cinque milioni di dollari.
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La lunga giornata dell’imputato Agaev finisce con un’oretta di controinterrogatorio da parte della all star degli avvocati che difendono i vari manager di Eni e Shell e con lui contornato da bottigliette d’acqua e un pizzico provato.
A metà luglio si preannuncia un match ancora più infuocato. Protagonista Vincenzo Armanna, che qualora dovesse confermare le sue accuse metterebbe ancora più nell’angolo la sua ex società e i suoi colleghi, che hanno preferito evitare di sobbarcarsi lunghe ore di interorgatori.