Pronto il “vocabolario” Ue per l’investimento sostenibile. Primi obblighi a fine 2021
È la tassonomia delle attività economiche sostenibili. Pubblicata la versione finale daI gruppo di esperti della Commissione. Imprese e investitori dovranno dire quanto sono allineati
A quali condizioni un investimento può definirsi sostenibile? Quali attività economiche possono essere considerate green? Quali criteri “tecnici” dovranno rispettare? E chi è obbligato a “dire” quanto sia sostenibile la propria azienda o l’investimento che propone?
Le risposte europee a queste domande sono arrivate. Sono contenute nel report finale pubblicato lunedì scorso (il 9 marzo 2020) dal Technical Expert Group on Sustainable Finance (TEG), il gruppo di esperti – 35 membri e oltre 100 consulenti – incaricati dalla Commissione europea di fornire le proprie raccomandazioni riguardo le nuove normative per una finanza sostenibile.
Compito del Teg era: individuare le attività economiche in grado di contribuire a raggiungere l’obiettivo emissioni zero entro il 2050, e i relativi criteri di selezione.
Sarà un riferimento per tutti gli stakeholders, dal mondo della finanza responsabile, per indicare quanto sostenibile sia effettivamente un investimento, ai governi, per stabilire gli incentivi ad aziende green; dalle ONG, per individuare i casi di green e ethical washing, alle aziende, per rendicontare il proprio impatto sull’ambiente.
E, più in generale, servirà ad orientare la finanza globale verso un’economia low carbon.
«L’Ocse stima che globalmente serviranno 6,35 trilioni (6.350 miliardi, ndr) di euro all’anno per raggiungere gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi entro il 2030 – si legge nel report del Teg – E il settore pubblico non avrà abbastanza risorse. Sarà necessario l’intervento di capitali privati, indirizzati verso un’economia green grazie alle indicazioni della tassonomia».
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Le attività economiche sostenibili
70 le attività considerate, dall’agricoltura alla produzione di energia, dall’Ict (information & comunication tecnology) al comparto manifatturiero, dai trasporti alle costruzioni. Si tratta, precisa il Teg, di settori che producono il 93% delle emissioni inquinanti europee.
Per ognuna la tassonomia fornisce i criteri di screening: un allegato da 600 pagine in cui vengono descritte in dettaglio le soglie tecniche perché ogni attività possa essere definita sostenibile.
Per lo più si tratta di attività green a tutti gli effetti, che contribuiscono già a mitigare l’impatto sul climate change. Ma non tutte: alcune sono attività inquinanti, ma, si può dire, necessarie al sistema economico, come ad esempio i trasporti urbani, la generazione di energia elettrica, la produzione di cemento o di acciaio. Attività che, secondo il gruppo di esperti non possono esser cancellate dall’oggi al domani “solo” per il loro impatto negativo sull’ambiente. Per queste attività il Teg ha stabilito dei criteri che ne dimostrino i miglioramenti.
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Non solo green, premiati anche i miglioramenti di chi inquina
Il rapporto del Teg individua tre categorie di attività considerate sostenibili: low carbon (quelle con basse emissioni inquinanti, che già oggi rispettano i criteri green), transition e enabling.
«Le prime sono le attività ambientalmente sostenibili, attività che già adesso sono compatibili con gli obiettivi di carbon neutrality, che cioè producono basse emissioni inquinanti», spiega Paolo Masoni, presidente di Ecoinnovazione srl, spin-off di ENEA, uno dei 35 membri del TEG.
«Poi ci sono le attività transition: che non sono assolutamente compatibili con gli obiettivi ambientali fissati per il 2050, ma che sono fondamentali per l’economia, come ad esempio la produzione di cemento e acciaio – continua Paolo Masoni – Attività per cui al momento non esistono alternative green. Per queste sono stati identificati criteri stringenti, legati alle migliori tecnologie al momento disponibili. Soglie che andranno abbassate di anno in anno, di pari passo con le evoluzioni tecnologiche. È uno stimolo alla transizione per attività considerate essenziali».
Nel report finale, infatti, il Teg sottolinea l’importanza di indirizzare i capitali privati non solo verso attività green, ma anche verso attività “promosse” per i loro miglioramenti in termini di riduzione dell’impatto ambientale.
«È fondamentale indurre parte dei settori inquinanti a ridurre il loro impatto negativo – si legge ne rapporto – Anche più importante che premiare i settori che già adesso sono sostenibili».
«Infine il terzo gruppo sono le attività enabling (cioè “abilitanti”): non prettamente green, ma utili per le altre due categorie – spiega ancora Poalo Masoni – Per esempio misure di efficientamento energetico, caldaie ad alta efficienza, infissi ad elevata performance. Misure che, se usate per ristrutturare un edificio, non riescono a portarlo a emissioni zero, ma ne aumentano l’efficienza energetica».
«L’approfondimento riguardo la categoria enabling è una delle principali novità del report finale della tassonomia rispetto alla bozza che avevamo presentato a giugno 2019 – spiega Sara Lovisolo, Sustainability Manager di Borsa Italiana, uno dei 35 membri del Teg – Una novità indotta dall’accordo raggiunto a dicembre scorso tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue, per il regolamento finale. Che ha richiesto di formalizzare maggiormente i criteri dei settori “enabling”, quelli che consentono di ridurre le emissioni in alcune settori economici diversi da quelli in cui l’attività si inserisce (per esempio, soluzioni digitali per l’agricoltura di precisione)».
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Obiettivi climatici: più adaptation, oltre alla mitigation
Sei gli obiettivi per la tutela dell’ambiente stabiliti dalla Commissione: la mitigazione dell’impatto sul climate change, l’adattamento (ai cambiamenti climatici), l’uso e la protezione delle risorse idriche e marine, l’economia circolare, la prevenzione e il controllo dell’inquinamento, la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
Il Teg doveva concentrarsi sui primi due: mitigazione e adattamento. E stabilire delle soglie minime per le attività economiche che:
- diano un contributo sostanziale a uno dei sei obiettivi ambientali (uno dei due, in questa prima fase, ndr);
- senza arrecare un danno significativo alle altre cinque (l’importante principio del “do not significant harm”);
- soddisfano le salvaguardie minime, ossia quelle definite da altri trattati (come le linee guida dell’Ocse sulle imprese multinazionali e i principi guida dell’Onu su imprese e diritti umani).
I restanti quattro dovranno essere sviluppati, stabilendo i criteri da considerare, dalla piattaforma che la Commissione Ue costituirà dopo l’estate.
«Rispetto alla prima bozza presentata a giugno scorso, nel report finale è stato aggiunto il capitolo dell’adapatation (adattamento al cambiamento climatico, ndr), quasi 200 pagine, che nella versione di luglio era solo accennato – spiega Sara Lovisolo – Abbiamo individuato 67 settori economici e, per ognuno, abbiamo definito i principi di sostenibilità. Era parte del mandato del Teg».
.@EU_Commission today welcomed the publication by the Technical Expert Group on Sustainable Finance of a report on the EU’s classification of green economic activities, or taxonomy, and a report on the EU Green Bond Standard.
Both reports available here: https://t.co/9ri83C5ry2 pic.twitter.com/uCK0UgkB6A— EU Finance 🇪🇺 (@EU_Finance) March 9, 2020
9.000 commenti
La versione definitiva del rapporto sulla tassonomia accoglie quindi le indicazioni contenute nell’accordo per il regolamento Ue raggiunto dal trilogo a dicembre 2019. Ma anche i numerosi feedback ricevuti.
«Abbiamo dovuto modificare alcuni punti considerando una parte dei circa 9.000 feedback arrivati tra luglio e settembre 2019, da parte di governi, investitori istituzionali, ma anche singoli cittadini, agenzie ambientali, associazioni di categoria – racconta Paolo Masoni – Tra le migliaia di commenti ce n’erano alcuni anche in ciclostile, un modo evidente da parte di diverse lobby di influenzare il nostro lavoro. Lobby industriali, in particolare dal comparto energetico, che chiedevano di allentare i vincoli per considerare certe attività sostenibili. O anche, da lobby ambientaliste, richieste di essere più rigidi nei criteri di selezione».
Come verrà usata la tassonomia? E da chi?
«Le soglie di performance aiuteranno le aziende, i promotori di progetti e gli emittenti ad accedere a finanziamenti verdi per migliorare le loro prestazioni ambientali, oltre ad aiutare a identificare quali attività sono già ecocompatibili. In questo modo, si contribuirà a far crescere i settori a basse emissioni di carbonio e a decarbonizzare quelli ad alte emissioni di carbonio». Si legge nel documento finale.
Quali soggetti dovranno quindi applicare la tassonomia?
- Gli investitori
Innanzitutto gli operatori finanziari sostenibili e responsabile (SRI), «chi offre prodotti finanziari nella Ue, inclusi i fondi pensione», precisa il report, che dovranno fornire informazioni riguardo l’attinenza alla tassonomia dei prodotti che offrono. Con una gamma di obblighi diversi a seconda deltipo di indicazione sulla sostenibilità che accompagna il prodotto, a seconda che sia sull’intero fondo o strategia, su una parte di esso o essa, o sia più generalista.
Per ogni prodotto, l’operatore del mercato finanziario sarà tenuto a dichiarare in che misura gli investimenti sottostanti sono allineati alla Tassonomia, espressa in percentuale dell’investimento, del fondo o del portafoglio.
- Le aziende
L’obbligo riguarda innanzitutto le aziende soggette alla direttiva per la rendicontazione delle infirmazioni non finanziarie (Non-Financial Reporting Directive-NFRD): aziende quotate con oltre 500 dipendenti, banche e assicurazioni. Saranno tenute a fornire informazioni sulle loro attività in riferimento alla tassonomia.
- Politiche pubbliche e incentivi
Non è ancora stato stabilito in che modo (sene occuperà la piattaforma della Commissione europea), ma la Tassonomia sarò anche il riferimento per attribuire incentivi europei. «La Commissione europea – si legge nel Final Report – sta considerando come applicare la Tassonomia come linee guida nel programma InvestEu per indirizzare gli investimenti europei».
Inoltre la Tassonomia sarà il riferimento per l’Ecolabel finanziaria: la nuova certificazione per i prodotti finanziari sostenibili in fase di studio in questi mesi.
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I prossimi passi
E adesso? I prossimi passi per far diventare operativa la tassonomia sono segnati:
- A dicembre 2019 Commissione, Parlamento e Consiglio europei – il trilogo – hanno raggiunto un accordo sul regolamento europeo all’interno del quale diventerà obbligatoria la Tassonomia: “Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council on the establishment of a framework to facilitate sustainable investment”
- Il 9 marzo 2020 il Teg (Technical Expert Group on sustainable finance), incaricato nel luglio 2018 dalla Commissione Europea, ha presentato il suo report finale sulla Tassonomia delle attività economiche sostenibili (dopo aver presentato una prima bozza a luglio 2019)
- Entro luglio 2020, il Regolamento sulla tassonomia verrà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea
- Tra settembre e ottobre 2020 la Commissione Ue costituirà una piattaforma per la redazione degli atti delegati: la platform on sustainable finance(art. 15 dell’accordo sul regolamento) che raccoglierà l’eredità del Teg.
- Entro dicembre 2020 dovranno essere pubblicati gli atti delegati (redatti dalla piattaforma, in teoria sulla base del lavoro del Teg), con una prima parte dei criteri tecnici di selezione delle attività da considerare sostenibili: solo quelle che contribuiscono a due dei sei obiettivi stabiliti dalla Commissione europea, di mitigazione di adattamento al climate change.
- Il 31 dicembre 2021 questo primo blocco di criteri diventerà operativo. E chi proporrà investimenti sostenibili e responsabili (SRI) dovrà indicare la percentuale di allineamento alla tassonomia del proprio portafoglio investito
- Il 31 dicembre 2021 dovranno anche essere pubblicati gli atti delegati (sempre redatti dalla piattaforma), con la seconda parte dei criteri tecnici di selezione delle attività da considerare sostenibili: riguardo i restanti quattro obiettivi stabiliti dalla Commissione europea (il controllo dell’inquinamento, l’uso e la protezione delle risorse idriche e marine, l’economia circolare, la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi)
- Questa seconda parte di atti delegati entrerà in vigore entro la fine del 2022.
Questa almeno è la timeline stabilita, ma seguirla non sarà così facile come potrebbe sembrare. Perché prima di essere approvati, gli atti delegati dovranno comunque passare il vaglio dei singoli Stati rappresentati dal Consiglio Europeo. E non sarà un passaggio affatto facile.
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