Riforme finanziarie in Europa: le false soluzioni – quarta parte
L’Unione Europea sta studiando nuovi strumenti per migliorare il finanziamento dell’economia, delle infrastrutture e delle piccole e medie imprese. Proposte che vanno nella ...
L’Unione Europea sta studiando nuovi strumenti per migliorare il finanziamento dell’economia, delle infrastrutture e delle piccole e medie imprese. Proposte che vanno nella direzione di un’ulteriore espansione dei mercati finanziari e del rilancio del sistema bancario ombra, delle cartolarizzazioni e di altre operazioni. Quali sono i rischi di tali strumenti, e quelli di una nuova bolla finanziaria? E’ possibile partire dall’assunto che la finanza privata sia la soluzione e quella pubblica il problema? In secondo luogo, di fronte a un sistema ipertrofico e autoreferenziale, che senso ha allargare ulteriormente la torta finanziaria, invece di ridurla ma fare in modo che una fetta nettamente più grande sia destinata alle attività economiche?
Dall’Europa all’Italia
Se questo è il modello che viene promosso in Europa, qui in Italia le indicazioni non sembrano più confortanti. Dopo avere promosso per Decreto una trasformazione delle banche popolari di maggiori dimensione in S.p.A. e avere avviato una riforma di quelle cooperative, il governo sta negoziando con la Commissione europea la creazione di una bad bank, ovvero un veicolo che assorba parte dei crediti inesigibili delle banche.
Riguardo la bad bank sono diverse le perplessità, non solo della Commissione europea che vuole verificare che non si tratti di aiuti di Stato, ma più in generale nel capire quali crediti deteriorati verrebbero acquistati da questo veicolo, a quale prezzo, chi dovrebbe farsi carico dell’operazione tra governo, Cassa Depositi e Prestiti o altri, quali potrebbero essere i potenziali impatti sui conti pubblici, e via discorrendo. Ancora peggio, il rischio della bad bank – così come quello delle cartolarizzazioni – è quello di esasperare l’azzardo morale, ovvero un incentivo per le banche a non valutare correttamente il merito di credito e i rischi delle proprie operazioni: finché le cose vanno bene i profitti sono privati, quando il giocattolo si rompe interviene il paracadute pubblico, e si socializzano le perdite. Il comportamento razionale dell’attore economico è allora quello di assumersi rischi sempre più alti.
Sono ancora maggiori le perplessità sulla riforma delle popolari. Se una revisione della governance era probabilmente necessaria, non si capisce dove siano gli elementi di straordinaria urgenza e necessità richiesti dal nostro ordinamento per procedere tramite un Decreto e non per via parlamentare. Nel merito, il rischio è quello di ridurre o eliminare la necessaria “biodiversità bancaria” e andare verso un modello a taglia unica, dove la taglia è quella dei conglomerati di maggiori dimensioni, gli stessi in gran parte responsabili della crisi degli ultimi anni.