La rivoluzione fallita: le grandi dismissioni cinesi nel calcio
Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio
Se il mondo pandemico è segnato dalla pratica delle grandi dimissioni, la rinuncia al lavoro, il calcio è segnato dalle grandi dismissioni, di stampo cinese. L’ultima arriva dalla città in cui, un secolo fa, salpò il Titanic per il suo primo e ultimo viaggio, a rappresentare il misterioso naufragio di un progetto misteriosamente fallito.
A poche settimane dall’inizio delle Olimpiadi Invernali 2022 di Pechino, il Southampton è stato infatti ceduto dal cinese Gao Jisheng al serbo Dragan Solak. Sembra passata un’era da quando la Repubblica Popolare sbarcò nel calcio, e invece sono solo sei anni. Nel 2015 Xi Jinping, da due anni presidente, mette su carta il grande balzo calcistico: una prima tappa nel 2030 e poi la vittoria della nazionale ai Mondiali nel 2050; nel contempo si invitano gli imprenditori a investire nella locale Chinese Super League e nelle grandi squadre europee.
Lo stesso anno il conglomerato cinese Wanda acquista il 20% dell’Atletico Madrid, poi il 100% di Infront Sports & Media, broker dei diritti televisivi (l’anno dopo è cinese Mp & Silva, altra società intermediazione dei diritti tv.) Dopo l’Atletico, solo nei maggiori campionati sono presi in toto o con quote di minoranza club come Inter, Lione, Aston Villa, Wolverhampton, Manchester City, Birmingham, Nizza, Granada, Espanyol, Auxerre, Southampton, Burnley, West Ham, West Bromwich, Souchaux. Fino al capolavoro del Milan, comprato da uno sconosciuto Mister Li che poi lo perde a favore del fondo americano Elliott, perché improvvisamente non ha più gli spiccioli nemmeno per un caffè. È il giro di boa, la bottiglia di champagne che non si rompe durante il varo del Titanic. Cominciano le grandi dismissioni.
Ad oggi restano solo quattro squadre in mano cinese: Inter (Suning), Wolverhampton (Fosun), Espanyol (Rastar) e Granada (Desports). Oltre a partecipazioni di minoranza in Manchester City (Citic), Lione (Idg) e squadre di basso livello. E con l’esclusione dei Wolves, è facile immaginare che anche le altre squadre rimaste, a partire dall’Inter di Suning, le cui quote sono però di fatto in mano a Goldman Sachs e ai garanti del debito, passeranno di mano.
Il perché di questa toccata e fuga rimane un mistero. Le ipotesi sono molte: una stretta sulla corruzione, sui capitali all’estero, sui finanziamenti allo sport in generale e al calcio in particolare (anche la Super League ha visto fallimenti e dismissioni a ripetizione), un ripensamento delle strategie di soft power. Non lo sapremo mai. Resta l’idea di un’epoca che non c’è mai stata, l’immagine di un naufragio, la possibilità di una rivoluzione mai avvenuta.