La seconda guerra del Golfo nel calcio europeo

La separazione delle forza in campo appare netta, ma in realtà la maggior parte dei contendenti ha sempre giocato su entrambi i tavoli

Il primo consiglio di amministrazione di Investcorp © Hashmoder/Wikimedia Commons

Soldi che viaggiano lungo canali ufficiali e soldi che si muovono dietro le quinte, pagamenti leciti e illeciti, offerte pubbliche di acquisto e offerte segrete di persuasione. È abbastanza paradigmatico che il presunto interesse per l’acquisto del Milan da parte del fondo d’investimento Investcorp (sede legale in Bahrain, uffici in mezzo mondo, quote sparse nei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo) arrivi negli stessi giorni in cui escono notizie abbastanza preoccupanti su presunti pagamenti illeciti e tentata corruzione nel calcio europeo da parte di quegli stessi Paesi.

La prima riguarda dei documenti pubblicati da Der Spiegel su dei versamenti effettuati da banche e fondi vicine alla proprietà di Abu Dhabi del Manchester City nei primi anni dopo l’acquisto del club. Un elegante modo per, secondo le accuse, aggirare il fair play finanziario e per pagare i trasferimenti di calciatori minorenni, fatti per cui il City è già stato condannato dalla Uefa e poi assolto dal Tribunale Arbitrale di Losanna. La seconda sono dei documenti pubblicati dal quotidiano spagnolo El Confidential, per cui il presidente della federcalcio Luis Rubiales e il difensore del Barcellona Gerard Piqué qualche anno fa avrebbero intascato delle mazzette per favorire l’assegnazione della Supercoppa spagnola all’Arabia Saudita.

Questi fatti, anche se lo scandalo spagnolo è più recente, rappresentano probabilmente la fine di un’epoca: i primi tentativi dei Paesi arabi di dispiegare il loro softpower nel calcio europeo. Questi primi passi si scontrano con le resistenze da parte dei vecchi padroni, che da un lato si spaventano della sperequazione economica messa in campo dai nuovi arrivati e dall’altra accolgono volentieri flussi di denaro e sponsorizzazioni varie, e con l’ipocrisia dei diritti umani per cui il dibattito su quanto sia giusto o meno giocare competizioni in Paesi poco democratici è moderato dal prezzo che si riesce a ottenere.

Il punto di svolta, l’inizio della seconda fase, è l’acquisto del Newcastle da parte del fondo sovrano saudita per circa 600 milioni di euro lo scorso autunno, operazione possibile solo dopo una serie di accordi a livello geopolitico tra i paesi del Golfo (tutt’altro che un blocco monolitico) e di compensazioni attraverso i diritti televisivi. La stessa operazione potrebbe ora essere ripetuta in Italia con il Milan.

Come nella Seconda Guerra del Golfo, se a prima vista la separazione tra le forze in campo appare netta e decisa, a una più attenta analisi si vede come la maggior parte dei contendenti ha sempre giocato su entrambi i tavoli.