La Serie A cerca i fondi per affondare meglio
Parafrasando il film l'Odio, per la Serie A l’importante non è andare a fondo, ma con quali fondi precipitare
Parafrasando lo slogan del film L’Odio, nel quale si sosteneva che l’importante non fosse la caduta ma l’atterraggio, potremmo dire che per la Serie A l’importante non è andare a fondo, ma con quali fondi precipitare. Andiamo con ordine. Tra mille polemiche, la settimana scorsa l’assemblea della Lega Serie A ha dato mandato alla banca d’affari Lazard di trovare fondi di private equity interessati a iniettare denaro nelle sofferenti casse dei club. Ricordiamo che i debiti della sola Serie A sfiorano i 5 miliardi.
È una replica di quello che successe tre anni fa, con l’allora presidente Dal Pino che aveva trovato un accordo con la cordata formata da CVC Capital Partners, Advent International e FSI. In buona sostanza si cedevano loro i futuri guadagni dai diritti tv in cambio di 1,5 miliardi da usare subito per ripagare qualche debito. La cosa non andò a buon fine.
I grandi club, invasati dalla Superlega, non volevano – e soprattutto non potevano per il regolamento della Superlega – appaltare la vendita dei loro diritti tv a una società terza. CVC, uno degli offerenti, andò allora dalla Liga spagnola, e chiuse con loro un accordo da oltre 2,5 miliardi per il 10% della proprietà della lega. Accordo cui non partecipano tuttora Real Madrid e Barcellona, i cui debiti sono un romanzo a parte, e Athletic Bilbao.
Dai consuntivi pubblicati lo scorso anno, si legge come solo l’Atletico Madrid da questo accordo tra Liga e fondi nella stagione 2021/22 si sia portato a casa 192 milioni, il Siviglia 127, il Valencia 121 e così via. «So soldi!», deve essersi detto qualcuno di particolarmente sveglio in via Rossellini, sede della Lega Serie A. Poi nel frattempo l’idea della Superlega è morta, trascinandosi macerie e detriti. E così, ecco il nuovo giro di giostra.
Fa ridere che Lazard fosse già l’advisor scelto nel 2020 per l’accordo con il consorzio guidato da CVC. Fa ancora più ridere che Lazard sia l’advisor che sta cercando acquirenti per la Sampdoria. Il club che i Garrone hanno venduto a Ferrero il giorno dopo che le sue aziende avevano dichiarato fallimento, e gliela avevano venduta prestandogli i soldi per comprarla. E ora la Samp ha rischiato il fallimento. Fa ridere e anche riflettere. O forse fa solo piangere.
Il problema però, come sempre, è la televisione. Perché una volta che entrano, i fondi vogliono gestire la compravendita dei diritti tv, il cuore di tenebra del pallone. In Italia i diritti tv coprono tra il 60 e il 70% delle entrate dei club, molto più che negli altri campionati europei. Ovvero sono ancora più decisivi. E ciononostante, questi diritti valgono molto poco, meno di un quarto di quelli inglesi e meno della metà degli spagnoli.
A questo si aggiunge che i diritti tv in Italia sono a scadenza, si devono assegnare entro il 14 giugno. Troppo presto per fare entrare i fondi. Il problema quindi è che il prodotto Serie A da proporre oggi, se già tre anni fa valeva poco, una volta concluso l’accordo imminente sui diritti tv varrà ancora di meno. Ecco il nocciolo della caduta. Al di là delle finte liti tra i presidenti di Serie A, che in pubblico giurano di voler salvare il calcio e in privato cercano solo l’atterraggio più morbido. A fondo ci sono già tutti, con o senza fondi.