«Sugli NFT serve un quadro giuridico internazionale»

Intervista a Matteo Fedeli, direttore della divisione musica della della SIAE. Che di fronte agli NFT non gioca di rimessa

Matteo Fedeli, direttore della divisione musica della SIAE

«Se giocassimo in difesa non ne avremmo creati così tanti». Ha le idee chiare, Matteo Fedeli, direttore della divisione musica della SIAE, la Società Italiana Autori e Editori, quando parla di NFT. Ovvero dei nuovi certificati digitali che consentono di garantire l’autenticità di un’opera. E che potrebbero rappresentare il futuro della gestione del diritto d’autore. 

Dunque la SIAE non è stata costretta a difendersi con l’arrivo degli NFT?

È normale che qualsiasi tipo di intermediario si possa sentire minacciato dalla tecnologia blockchain. Ma questa va vista, come tutti i cambiamenti, anche come una grande opportunità. La SIAE rispetto agli altri ha un grande vantaggio: non abbiamo scopo di lucro. Possiamo permetterci di investire su una tecnologia che punta alla decentralizzazione, perché noi forniamo servizi direttamente agli autori.

«La SIAE non ha scopo di lucro e può permettersi di investire in una tecnologia che punta alla decentralizzazione»

Questo non vale per tutti gli intermediari?

Pensi a Airbnb o a Booking. I loro azionisti non sono necessariamente né le persone che usufruiscono delle notti prenotate sulle loro piattaforme, né gli host che propongono le strutture. Nel nostro caso, invece, il rapporto è diretto.

E non rischiate di ritrovarvi comunque scavalcati da sistemi come le blockchain?

Noi non spariremo, anche se potrebbe esserci una riduzione di alcune intermediazioni da parte della SIAE. E, oggi, se possiamo investire su una tecnologia che ci permetterà di essere più efficienti, lo facciamo.

In cosa consistono gli investimenti di cui parla?

Siamo partiti nel 2017 chiedendoci come sarà il mercato tra dieci anni. E lo abbiamo fatto studiando. Occorreva capire in quale momento la tecnologia sarebbe arrivata alla maturità. La stessa blockchain di Bitcoin non è in grado di gestire il numero di transazioni necessarie per l’applicazione al diritto d’autore. Per generare il volume di NFT che abbiamo creato noi, inoltre, i costi sarebbero stati enormi.

Abbiamo così avviato uno scouting tecnologico per capire quali fossero le migliori blockchain. Alla fine, abbiamo scelto Algorand, fondata da Silvio Micali, unico italiano ad aver vinto il premio Turing. La nostra è una visione di lungo termine, immaginata a fasi incrementali. Perché creare in un colpo solo un nuovo sistema di gestione del diritto d’autore con le blockchain non dico che sia impossibile ma è molto, molto complicato. Parliamo di un ecosistema molto radicato, quello dei contenuti, che vale centinaia di miliardi di dollari a livello mondiale. 

«Occorre una visione di lungo termine. E serve un framework giuridico che ad oggi manca sugli NFT»

Cosa cambia concretamente per chi detiene un diritto d’autore?

Nei primissimi step cambia poco per chi, ad esempio, è un associato SIAE. Se il diritto viene gestito in modo decentralizzato e non più, appunto, centralizzato, per l’autore non ci sono modifiche sostanziali. Tuttavia, è un passaggio fondamentale per il futuro.

Il meme Nyan Cat, venduto tramite un NFT
Il meme Nyan Cat, venduto tramite un NFT © Rob Bulmahn/Flickr

Cosa dobbiamo aspettarci?

Cominciare ad avere dati on-chain permette ad esempio di effettuare compravendite. Oggi si può acquistare un NFT, ma dal mio punto di vista occorre stare attenti. 

Perché?

Perché sono certificati virtuali. Gli NFT avranno un valore se ci sarà un flusso economico a puntare su di essi. Se ricreo un sistema di diritti d’autore, a quel punto l’opera legata all’NFT avrà un valore. I certificati che stiamo creando sono multi-signature. Ciò significa che non c’è solo la firma della SIAE ma anche quella dell’avente diritto. Si tratta di un’infrastruttura che, un domani, ci permetterà di restituire “le chiavi” agli autori. 

Perché «un domani»?

Perché ad oggi non esiste una disciplina giuridica specifica. E quando ci sarà dovrà essere forzatamente sovranazionale. Occorre che sia il legislatore a dire chi detiene questi dati. Ai nostri omologhi all’estero stiamo spiegando cosa abbiamo fatto e puntiamo a diventare uno dei nodi di una blockchain più ampia.

«Serve un soggetto sovranazionale che si occupi di governare l’evoluzione del sistema dei diritti d’autore»

All’estero dunque ci stanno lavorando?

Ci lavorano tutti. Quello che stiamo dicendo noi è che occorre lavorarci tutti assieme. Il modo migliore per far funzionare questa tecnologia è spingere affinché venga creata una sorta di Linux Foundation del diritto d’autore. Governata da tutti, magari attraverso la stessa blockchain. Ma, appunto, serve un soggetto sovranazionale che si occupi di governare l’evoluzione di un sistema simile, facendolo in modo trasparente. 

Stante la situazione attuale, cosa pensa di chi oggi compra degli NFT sborsando decine di milioni di dollari?

Io non lo farei, perché di fatto oggi non saprei cosa sto comprando. Utilizzando una formula efficace: non è importante avere ragione, è importante se un giudice un giorno ce la darà. 

Qual è il futuro degli NFT?

Uno dei valori aggiunti sarà il fatto di costringere tutti coloro che generano informazioni a mettere online i dati in modo trasparente. Ad esempio, i servizi come Spotify o Apple Music gestiscono oggi in modo centralizzato la profilazione degli utenti, a partire dai gusti musicali. Se domani costringeremo chi usa quei sistemi a gestire queste informazioni in modo decentralizzato, sulle blockchain, l’asticella del valore si sposterà automaticamente un po’ più verso gli autori. 

Otterranno maggiori guadagni?

Oggi YouTube paga una revenue share sulle pubblicità presenti nella pagina di un video. Ma se poni loro la domanda su come venga retribuita anche la profilazione degli utenti che si ottiene grazie a quel video, la risposta è che essa è compresa in quella revenue share. Ma nessuno sa a quanto ammonti. Gli autori contribuiscono a creare un modello di business che è in gran parte sconosciuto. 

Cosa consiglia oggi agli autori?

Se riescono a vendere un NFT a prezzi stratosferici, perché no? Il problema è di chi compra. Ma se pensano che il loro contenuto possa essere vendibile anche tra 10, 20 o 30 anni, non è detto che cedere i diritti oggi convenga.