Sistema finanziario: (piccoli) segnali di una svolta sostenibile
Buone notizie sulla riforma del sistema finanziario, che comincia a guardare allo sviluppo sostenibile. Ma ancora troppo lentamente per incidere
Il programma ambientale delle Nazioni unite (UN Environment) racconta di «Enormi progressi nella riforma del sistema finanziario globale», che negli ultimi quattro anni avrebbe iniziato a fornire quei “finanziamenti disperatamente necessari per la sostenibilità“. Una buona notizia proprio mentre dal sistema finanziario emergevano diversi segnali che sembrano prefigurare una nuova crisi internazionale.
Le good news in un rapporto
Viste le timidezze e le grandi resistenze registrate negli anni passati, e pur considerando l’uso dell’aggettivo “enormi” quale frutto di troppo ottimismo, si tratta senz’altro di una notizia positiva.
Tanto più perché rilanciata dall’UN Environment con il supporto dei dati del rapporto Making Waves: Aligning the Financial System with Sustainable Development. Il documento è l’edizione 2018 di un percorso d’indagine che promuove la progettazione di un sistema finanziario più allineato al modello di sviluppo sostenibile declinato nei 17 Obiettivi di sostenibilità delle Nazioni unite.
L’indagine, avviata a gennaio 2014 e poi estesa per altri due anni alla fine del 2015, ha dato vita a tre edizioni del rapporto globale. Nel corso dei quattro anni trascorsi, sottolinea Erik Solheim, capo dell’UN Environment, la riforma del sistema finanziario globale ha accelerato il proprio passo nella direzione giusta, come pure banche, investitori e autorità di regolamentazione.
Un’accelerazione non solo – e non tanto – dettata dalla volontà di proteggere le persone e il Pianeta, ma anche dalla consapevolezza che ciò potrà tutelare i loro profitti.
«Ora dobbiamo trasformare il riconoscimento generalizzato della necessità di un cambiamento in un movimento globale che fornisca i finanziamenti di cui abbiamo bisogno per creare un futuro migliore per tutti», ha concluso Solheim.
Le cifre del cambiamento
Il rapporto rileva con qualche cifra che la sostenibilità sta diventando parte delle buone pratiche di routine all’interno delle istituzioni finanziarie e degli organismi di regolamentazione. L’emissione di obbligazioni verdi (o green bonds), ad esempio, è passata dagli 11 miliardi di dollari del 2013 ai 155 nel 2017.
Un balzo non paragonabile ai numeri del mercato obbligazionario globale, che vale circa 100 trilioni di dollari. Ma comunque significativo. La sua chiave si troverebbe nel ruolo crescente di autorità pubbliche e banche per lo sviluppo nella creazione di questo mercato.
Altro capitolo positivo è quello del disinvestimento dalle imprese che guadagnano sulle fonti fossili di energia più inquinanti, connesse quindi ad alte emissioni di gas serra che favoriscono i cambiamenti climatici. Le cessioni di questo tipo di attività avrebbero raggiunto un valore stimato di 5 trilioni di dollari nel 2016, contro i soli 710 miliardi di dollari di investimenti in carbone, petrolio e gas nello stesso periodo.
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Anche la politica si muove
Numeri incoraggianti che hanno tuttavia bisogno di un’azione decisa dei governi per dare la spallata al modello attuale di finanza insostenibile.
E qualcosa forse si muove – sebbene con tanti distinguo da considerare – se si pensa che le Nazioni unite hanno registrato un bel progresso in tema di misure normative e politiche utili a far avanzare la finanza sostenibile. Dalle 139 norme adottate alla fine del 2013 in 44 giurisdizioni si è passati, dopo quattro anni, a 300 in 54 giurisdizioni, con un aumento sostanziale di iniziative a carattere sistemico.
Non solo. A “darsi una mossa” sono state anche alcune organizzazioni di livello superiore, che hanno messo in campo iniziative internazionali. Il G20 Green Finance Study Group (GFSG), per esempio, copresieduto da Cina e Regno Unito, con il programma ambientale delle Nazioni unite a svolgere funzioni di segretariato.
Buone notizie che potrebbero avviare una tendenza virtuosa. Non bastano però a nascondere la straordinaria sproporzione che appare guardando i miliardi di miliardi di dollari che muove tuttora la finanza speculativa e legata all’attuale modello di consumo e sviluppo.
Trilioni di dollari che servirebbero “disperatamente” ogni anno per finanziare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e l’Accordo di Parigi sul clima, che invece si devono accontentare, loro malgrado, di flussi finanziari infinitamente più limitati.