Germania, smantellare il nucleare diventa business
Dalla batosta alla “consolazione” in affari. Questa la parabola che stanno percorrendo i gruppi del settore energia in Germania – e non solo -, da che ...
Dalla batosta alla “consolazione” in affari.
Questa la parabola che stanno percorrendo i gruppi del settore energia in Germania – e non solo -, da che il Paese ha deciso di abbandonare l’energia nucleare entro il 2022, smantellando quindi le centrali nucleari attive sul proprio territorio.
Una scelta presa in totale solitudine nel mondo come diretta conseguenza del disastro di Fukushima in Giappone nel 2011, e che si è tradotta in un duro colpo per le due imprese energetiche che possedevano la maggior parte delle 17 centrali nucleari operative.
Ma non tutto il male – per il profitto ricavato su una tecnologia ad alto impatto e rischio per ambiente e comunità – viene per nuocere, si direbbe, se imprese come E.ON e EnBW stanno riuscendo a trasformare un onere in affari, esportando e vendendo le competenze acquisite per necessità nello smantellamento degli impianti. E.ON e EnBW che hanno già chiuso cinque centrali in Germania e altrettante ne dismetteranno.
Il mercato potenziale è affollato e redditizio, dal momento che sul Pianeta sarebbero decine i reattori in prospettiva di dismissione nei prossimi 25 anni. Leader – riporta l’agenzia Reuters – è la multinazionale francese Areva, con una divisione dedicata da 5 mila persone, mentre E.ON ne ha costituita una, PreussenElektra, impiega già circa 650 persone e – dichiara la compagnia – è richiesta in Giappone (12 reattori da chiudere) e ha Mitsubishi Heavy Industries (MHI) tra i propri clienti. EnBW ha una divisione di smantellamento creata nel 2011 con 500 dipendenti.
Basti sapere che, secondo stime della Callan Associates, “il costo medio di smantellamento di una centrale nucleare con una capacità di circa 1 gigawatt è 600-800 milioni di euro“.