Il nuovo stadio di San Siro non è pensato per il calcio, ma per i fondi immobiliari
Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio
A vedere alcuni rendering che girano in rete tutto è verde: i prati, gli alberi, le strade, lo stadio, financo i finti pedoni che passeggiano intorno. Siamo ben oltre il greenwashing. Siamo precipitati in un metaverso che fa spavento. L’operazione sul nuovo stadio di San Siro ha subito un’accelerazione improvvisa due giorni prima del derby, del rigore segnato da Calhanoglu e di quello parato da Tatarusanu, quando la giunta del Comune di Milano ha approvato la delibera per la realizzazione del nuovo impianto.
Qui non è tanto questione di rimpiangere il vecchio stadio, la sua forma iconica riconosciuta e ammirata nel mondo, o di essere contrari a prescindere alla costruzione di nuovi impianti in un Paese che ancora sconta l’immensa operazione speculativa di Italia 90. Così come cambia poco se davvero Milan e Inter dopo avere chiesto uno strappo per arrivare a 0,70 mq di edificabilità si dovranno accontentare degli 0,35 mq previsti dal Piano di Governo del Territorio. Qui andrebbe raccontato il senso di un’operazione che non è vantaggiosa né per il Comune né per le due squadre, ma solo per una ben più ampia operazione di speculazione edilizia su un intero quartiere.
Il pallone è la scusa per mettere le mani sulla città. Il verde è una copertura, fatta male. La percentuale di riempimento degli stadi in Italia è minima, il numero di spettatori la metà di quello degli altri campionati europei, lo spettacolo in campo spesso modesto e il guadagno che ne deriva minimo: non saranno certo due poltroncine di lusso per vip a cambiare la rotta, né tantomeno un cinema o un centro commerciale adiacenti al nuovo impianto.
In questi stessi giorni dall’Inghilterra arrivano notizie che la Premier nel prossimo triennio guadagnerà circa 6 miliardi dai diritti tv interni e 6 dagli esteri, in Italia le proiezioni parlano di 1 miliardo in house e di 300 milioni da fuori: un decimo di quanto fatturano oltremanica. E stiamo parlando di miliardi, non della decina di milioni di guadagno ipotizzata dai club con il nuovo stadio.
I soldi nel calcio sono altrove. Il nuovo stadio non è pensato per il pallone ma per quei fondi immobiliari che non nascondono di volere trasformare l’intero quartiere di San Siro – circondato da parchi urbani e ancora abitato da una composizione mista di classe – sulla falsariga di quanto successo a Porta Nuova e all’Isola. E a leggere le carte i fondi sono gli stessi. La vera posta in gioco del nuovo stadio è radere al suolo e ricostruire un intero quartiere, per rivenderlo a chi se lo può permettere, del rigore segnato da Calhanoglu e di quello parato da Tatarusanu non interessa nulla a nessuno: né al Comune di Milano e nemmeno a Milan e Inter.