Il calcio non è morto nel 1992, e non morirà nemmeno domani

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

Nel 1992, quando nasce la Premier League – che con grande scandalo dei puristi e dei nostalgici si stacca dalla Football League e fonda una società privata – i diritti tv del calcio inglese in vigore dal 1988 valgono 44 milioni di sterline. I primi diritti tv venduti nel 1992 dalla nuova competizione, quella che avrebbe dovuto significare la fine del calcio, valevano 304 milioni. Oggi 12 miliardi circa. Il calcio non è finito, anzi, oggi la Premier League è il campionato più visto al mondo.

Sempre nel 1992 nasce la Champions League, con lo scopo di vendere collettivamente diritti tv che prima erano ceduti singolarmente. Certo la Champions non è proprio una «superlega» privata, è stata creata dalla Uefa, ma la differenza è poca: la giocano sempre le stesse, la vincono sempre le stesse. Nel 1992 i diritti tv della Champions valevano circa 450 milioni di euro, oggi valgono 2,5 miliardi. Doveva essere la fine del calcio, oggi tutti la guardano.

Anche perché è da almeno una ventina di anni che nel calcio c’è una netta separazione de facto, a livello economico, commerciale e sportivo, tra le prime quattro o cinque società di ogni campionato e le restanti venti. Il report della Deloitte Football Money League 2021 ci dice che i venti maggiori club europei hanno generato, nonostante la pandemia, un fatturato di 8,2 miliardi. Tutti gli altri messi insieme non si avvicinano nemmeno. I diritti tv dei vari campionati non sono paragonabili, in Italia si guadagna di più per diritto divino, come le categorie privilegiate per i vaccini, e la prima prende dieci volte l’ultima. In Inghilterra si premia chi arriva più in alto e la prima prende tre volte più dell’ultima, che en passant guadagna più della prima italiana, ma qui sta alla capacità di essere capitalisti già che lo si è.  Quelli europei sono fissi: chi arriva in fondo in Champions prende 84 milioni. Poi ci sono sponsor, marketing, merchandising, tutti gli altri introiti.

Ecco, detto questo, la Super Lega – tirata su chez JP Morgan, che avrebbe tirato fuori i 3,5 miliardi da distribuire alle prime dieci iscritte – prometteva a ognuno di questi club 350 milioni l’anno, la maggior parte dei quali sarebbero stati recuperati da accordi televisivi da perfezionare con le poche piattaforme internazionali che avrebbero potuto permetterselo: Amazon, Netflix, Dazn, una startup creata ad hoc? Il fatturato ipotizzato era di una decina di miliardi l’anno, i premi fino a 250 milioni, tre volte tanto chi vince oggi la Champions.

Al di là di ogni considerazione, al di là del bene e del male, il calcio è sempre stato un’industria capitalista e come tale si è sempre evoluto. Non è morto dopo la nascita della Premier League o della Champions League, e con grande smacco dei puristi e dei nostalgici non morirà nemmeno domani. Anzi.