La foglia di fico e la foglia di coca

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

«Agua, no Coca Cola». Secondo alcuni commentatori sarebbe bastata questa frase di Cristiano Ronaldo, accompagnata dal gesto di allontanare dall’inquadratura della conferenza stampa le bottigliette, a fare crollare in Borsa di ben 4 miliardi di dollari il valore della società che produce la bevanda gassata, da sempre sponsor delle grandi manifestazioni sportive. Tanto che riuscì a scippare le Olimpiadi del centenario del 1996 ad Atene per portarle nella ridente Atlanta, dove ha la sede.

Ovviamente non è andata così, come spiega il Financial Times il crollo delle azioni è cominciato ben prima che Ronaldo si sedesse sulla poltrona messa a disposizione della Uefa per il post partita. Ma non solo. Come diceva quel tale (Oscar Wilde o George Lakoff, è uguale) in pubblicità «l’importante è che se ne parli». E così dopo Ronaldo ecco Lukaku proporsi alla bevanda come sponsor, Locatelli ridendo ripetere la scenetta, Morata con gli occhi tristi dire che invece lui la preferisce all’acqua (de gustibus), e così via.

Per una settimana sui media e sui social media, oramai indistinguibili, si è parlato solo Ronaldo e della bevanda, a tutto vantaggio di entrambi: una campagna pubblicitaria eccezionale e gratuita. O quasi, dati i 30 milioni che la bevanda paga alla Uefa per essere uno dei main sponsor di Euro 2020. Ma il punto interessante è un altro: quello che è successo è la certificazione di un passaggio di potere economico e mediatico dalle istituzioni sportive al singolo campione, che da solo vale quanto e più del sistema. Sono lontani i tempi in cui Michael Jordan, la cui immagine era associata a un noto brand di abbigliamento sportivo, doveva coprire con il nastro adesivo le scarpe di una marca diversa, sponsor della nazionale, durante le Olimpiadi del 1992 stravinte con il Dream Team.

Oggi Ronaldo, che prima della svolta salutista verso gli integratori alimentari sponsorizzava tranquillamente bevande gassate e polli fritti, vale in pratica più della Juventus, da cui è stipendiato, che nel gennaio 2020 fece un aumento di capitale da 300 milioni per sostenerne l’arrivo e ne ha appena annunciato un altro da 3-400 milioni per l’autunno, per sostenerne la partenza. Nel mentre, l’unico che ci ha guadagnato è stato lui: diventato il terzo sportivo dopo Tiger Woods e Floyd Mayweather a sfondare il tetto del miliardo di dollari. La mossa delle bottigliette di CR7, dirompente come quella del nastro adesivo di Jordan, è destinata quindi a imprimere una nuova svolta nei rapporti di forza tra singolo, club e istituzioni sportive, e a ridiscutere l’intero concetto dei “diritti d’immagine” nello sport, che già oggi sono calcolati sulla presenza delle star e che un domani non potranno prescindere dal loro assenso.