Total e la grande vittoria dell’azionariato critico

Energia, trasporti, riscaldamento globale. E gli intrecci con la finanza. Ogni settimana il punto sui cambiamenti climatici firmato da Andrea Barolini

Prendete una compagnia petrolifera arcinota e da decenni nel mirino degli ecologisti di tutto il mondo. Prendete quindi l’assemblea generale dei suoi azionisti. E immaginate che qualcuno chieda di approvare una risoluzione che tracci una transizione verso la carbon neutrality, ovvero l’azzeramento delle emissioni nette di CO2. Penserete che a farlo sia stato qualche azionista critico, mosso dalla volontà di tentare di cambiare le cose “dal basso”. Ebbene la grande novità, stavolta, è che a chiedere di votare la risoluzione è lo stesso consiglio di amministrazione dell’azienda. E l’azienda è la francese Total. 

L’assemblea generale è prevista per il 28 maggio prossimo e gli azionisti saranno dunque chiamati ad esprimersi su un piano che prevede un calo dello sfruttamento delle energie fossili a favore di biocarburanti e rinnovabili. Queste ultime, ad esempio, dovrebbero passare dagli attuali 7 a 85 GW di qui al 2030. 

Ma, soprattutto, il Cda di Total propone che le concessioni di azioni e della porzione variabile della remunerazione dei dirigenti venga indicizzata in funzione della transizione energetica del gruppo. Uno dei principali criteri potrebbe infatti essere il calo delle emissioni del cosiddetto “scope 3”, ovvero la quota di CO2 dispersa nell’atmosfera non direttamente da Total, ma dai clienti che utilizzano suoi prodotti. Il tutto di pari passo con il cambio del nome, da Total a Total Energies (al plurale, appunto).  

Ora, posto che occorrerà verificare se la risoluzione sarà approvata o meno. Posto che gli impegni comunque non soddisfano le Ong (Reclaim Finance ha invitato gli azionisti critici a depositare ugualmente le loro proposte ritenendo gli impegni di Total insufficienti). E posto che sono legittimi i sospetti di chi teme si tratti più di una mossa di facciata che della reale volontà di cambiare. Ecco, posto tutto ciò, la vicenda ci fornisce senza dubbio una certezza: la decisione di Total costituisce, di fatto, una delle più grandi vittorie dell’azionariato critico. È ragionevole immaginare, infatti, che senza l’impegno di chi, da anni, cerca di far sì che determinati temi facciano breccia nei board delle multinazionali, il Cda della Total non avrebbe mai annunciato una risoluzione di questo tipo.