Tutti pazzi per l’impatto sociale: il bando “Innovare in rete” fa boom
Già oltre 200 domande per il bando lanciato da Banca Etica e un network di enti di ricerca. Obiettivo: finanziare progetti innovativi ad alto impatto socioambientale
Innovare in rete fa boom. E considerando che alla scadenza per l’invio delle candidature manca ancora un mese (è fissata per il 30 ottobre prossimo), il successo di questo bando, (o call se preferite il termine inglese sempre più in voga), è un segnale da non sottovalutare. Testimonia infatti la moltiplicazione dell’interesse verso l’elaborazione di “progetti imprenditoriali innovativi ad elevato impatto sociale e ambientale“.
Progetti che, se selezionati, di divideranno un plafond di 10 milioni di euro attraverso finanziamenti compresi tra 100mila e 700mila euro, da restituire in 10 anni. A patto, ovviamente, che i candidati facciano parte delle categorie ammesse al bando. Ovvero startup innovative e spin off universitari; startup innovative in fase di costituzione (con prioritàper quelle che coinvolgono donne e giovani sotto i 35 anni); piccole e medie imprese (PMI), cooperative, imprese sociali, associazioni, fondazioni e altri enti del Terzo settore.
“Innovare” vede il traguardo delle 200 domande
Sebbene la prospettiva di accedere alle suddette risorse era prevedibile che riscuotesse attenzione, la misura delle domande ricevute dagli organizzatori – 175 al 10 di settembre 2018 – supera le aspettative. In fondo siamo alla prima edizione della call. Eppure quasi 200 progetti hanno avviato la procedura di candidatura, 40 dei quali hanno completato il caricamento dei dati, e 18 sono già in fase di pre-valutazione.
Numeri interessanti anche sotto il profilo della composizione dei soggetti che si sono fatti avanti. Delle famose 175 domande, infatti, ben il 50% proviene da spin-off universitari – cioè realtà imprenditoriali originate dall’attività di ricerca dei nostri atenei – o start-up innovative; il 30% è presentata da enti di Terzo settore; un 20% sono PMI.
Nelle 40 domande che hanno completato la fornitura di dati, sale però al 60% la quota di spin-off universitari o start-up innovative; mentre il Terzo settore scende al 15% e viene sopravanzato dal dal 25% delle PMI.
Acceleratore sociale, green, hi-tech e per la cultura
Un terreno fertile per creare lavoro e sviluppo collettivo. In questo caso, investono due realtà italiane consolidate come Banca Etica ed Ecosistema Consulenziale Esperto. Ovvero la banca italiana per eccellenza dedita al sostegno del Terzo settore e dell’impresa sociale, insieme ad un network composto da enti differenti ma interconnessi: Fondazione Bruno Kessler (ente di ricerca della Provincia Autonoma di Trento), Fondazione Giacomo Brodolini (think tank internazionale focalizzato su capitale umano, inclusione e innovazione) ed Entopan (fornitore di servizi di traformazione e innovazione digitale), con il coordinamento operativo di Oltre Open Innovation Hub (incubatore e acceleratore d’impresa).
Organizzazioni che, promuovendo Innovare in rete, forniranno un programma di finanziamenti, investimenti e servizi di consulenza e accompagnamento. In pratica, instraderano in un percorso di crescita i vincitori della call, che dovranno operare in 16 settori selezionati, molti dei quali ad alto tasso tecnologico:
- VManifattura Digitale
- ICT
- Agricoltura e alimentazione sostenibile
- Welfare
- Salute
- Internet Of Things
- Robotica
- Mobilità smart
- Smart building
- Meccatronica
- Smart energy
- Smart Retail
- Qualità della Vita
- Open and Big Data
- Smart tourism
- Creatività e Cultura
Impatto sociale, in Italia centinaia di incubatori
Innovare in rete nasce insomma per startup, PMI e spinoff universitari assetati di risorse e di accompagnamento professionale allo sviluppo. Fattori chiave comuni anche ad uno scenario nazionale sempre più ricco di opportunità, create in buona parte – stando a uno studio del Politecnico di Torino – da 162 incubatori specializzati nel supportare imprese a significativo impatto sociale.
In particolare, i ricercatori piemontesi hanno stabilito che «quasi il 60% della popolazione di incubatori si trova in Italia settentrionale. La Lombardia è la regione che ospita il maggior numero di incubatori, il 25,3% del totale, seguita dalla Toscana (9,9%) e dall’Emilia Romagna (9,3%)».
L’area meridionale e insulare, con il 17,9% degli incubatori totali, rappresenta invece la zona meno popolata da queste organizzazioni. Per quanto concerne la natura giuridica, più del 60% degli incubatori ha natura privata, mentre solo il 15,4% ha natura pubblica. Circa un quinto degli incubatori possiede invece una compagine sociale che include soggetti sia pubblici che privati.
Di più. Lo studio Social Impact Outlook presentato nel 2018 da Tiresia – centro di ricerca del Politecnico di Milano – rende chiaro il peso, anche economico, di un panorama in crescita per quel che riguarda il business connesso all’impatto sociale.
Sarebbero 210,5 i milioni di euro (stimati in aumento fino a 400 in tre anni) – i capitali disponibili per l’impact investing, ma appena 627 imprese sociali sarebbero pronte a sfruttare tali investimenti. «Tra queste ci sono cooperative sociali, imprese sociali ex lege, startup a vocazione sociale e società benefit».