Uiguri, l’Europa sceglie la linea dura: sanzioni alla Cina

L'Unione europea ha deciso di imporre sanzioni alla Cina sulla vicenda delle persecuzioni agli uiguri. Pechino ha risposto con la stessa moneta

Valori.it
Tre appartenenti all'etnia uiguri nella città vecchia di Kashgar, in Cina © Christian Ader/iStockPhoto
Valori.it
Leggi più tardi

L’Unione europea ha deciso, per la prima volta, di imporre delle sanzioni contro la Cina per la persecuzione dei musulmani di etnia uiguri. In particolare, si tratta di provvedimenti che colpiscono un gruppo di dirigenti cinesi coinvolti, secondo Bruxelles, in violazioni dei diritti umani. 

Tecnicamente, i nomi sono ora inseriti in una lista creata nel dicembre del 2020 proprio per elencare persone ed entità sottoposte a misure restrittive da parte delle istituzioni comunitarie. Si tratta delle prime misure di questo genere imposte contro la nazione asiatica dai tempi dell’embargo sulle armi del 1989, a seguito dei fatti di piazza Tienanmen.

Persone di etnia uiguri
Due anziani di etnia uiguri passeggiano a Yarkant, nella provincia cinese di Xinjiang © Kylie Nicholson/iStockPhoto

La questione degli uiguri scatena un conflitto diplomatico tra Europa e Cina

La decisione è stata accolta con grande disappunto da Pechino, che ha immediatamente risposto con la stessa moneta. Ovvero annunciando sanzioni contro dieci personalità europee, compresi i parlamentari europei Reinhard Butikofer, Michael Gahler, Raphaël Glucksmann, Ilhan Kyuchyuk e Miriam Lexmann.

Secondo la diplomazia della nazione asiatica, tali persone avrebbero «leso in modo grave la sovranità e gli interessi della Cina». Ma avrebbero anche contribuito a «diffondere bugie e disinformazione» sulla questione degli uiguri.  

Per questo, gli europei colpiti dalle sanzioni, assieme alle loro famiglie, non potranno recarsi in Cina, a Hong Kong e a Macao. Il che ha suscitato immediatamente la reazione dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. Secondo il quale la replica della Cina è un atto «inaccettabile».