In Australia un fondo ESG è giudicato colpevole di greenwashing
La sentenza è stata pronunciata contro un fondo ESG del colosso Vanguard e potrebbe fungere da precedente per nuove iniziative
Se un fondo vi propone un investimento ESG – ovvero rispettoso di parametri sociali, ambientali e di governance – e poi non rispetta questi principi, è perseguibile in un’aula di tribunale. Almeno in Australia, dove il 28 marzo scorso un giudice ha ravvisato che un fondo ESG di Vanguard è colpevole di greenwashing. E lo ha multato. Il fondo ha ammesso le sue responsabilità e, il prossimo agosto, conoscerà l’entità della multa e delle sanzioni. Il caso australiano potrà così costituire un precedente decisivo per l’intero settore finanziario per quel che riguarda la trasparenza delle dichiarazioni in termini di sostenibilità. Ma anche per una seria tutela dell’ambiente, libera da interventi di facciata.
Anche perché Vanguard non è certo l’ultimo arrivato. Specializzato nella gestione di fondi comuni, insieme a BlackRock e State Street è uno dei tre grandi gestori di fondi indicizzati che giocano un ruolo predominante nei flussi dell’economia finanziaria globale. E così diventa assai importante che un tribunale sia riuscito a condannarlo. Per le «false informazioni» diffuse dal suo Vanguard Ethically Conscious Global Aggregate Bond Index Fund, creato nel 2018 dalla sua divisione australiana. E ancora più decisivo è che i dirigenti di questo fondo così noto abbiano dovuto ammettere le loro responsabilità davanti a una corte.
Fingersi ambientalisti con i combustibili fossili degli altri
Il merito è dell’Australian Securities & Investments Commission (ASIC). Ovvero l’Autorità australiana di regolamentazione delle società, dei mercati e dei servizi finanziari, che da alcuni anni aveva avvisato fondi e gestori di prodotti finanziari che avrebbe stretto le maglie su ogni dichiarazione fuorviante in tema di sostenibilità e rispetto dei parametri ESG. Fondo avvisato, mezzo salvato. E così, ASIC a inizio del 2023 ha portato in tribunale Vanguard. Poiché il suo fondo ESG australiano, che all’epoca valeva oltre 1 miliardo di dollari, aveva tenuto nascosto agli investitori che una percentuale significativa degli emittenti obbligazionari del fondo stesso – tra cui Chevron, Phillips Chemical e Abu Dhabi Crude Oil Pipeline – operava nei combustibili fossili e non rispettava i parametri ESG.
Il fondo si è difeso sostenendo di essersi autodenunciato ad ASIC già nel 2021. Quando rivelò che alcune dichiarazioni informative non riflettevano adeguatamente l’inclusione di emittenti obbligazionari privi di copertura ESG. E disse di averle cambiate. Ma non è bastato. La corte ha deciso che questi resoconti informativi di Vanguard «non fornivano una spiegazione sufficientemente dettagliata del fatto che alcune società emittenti di debito, seppur prive di copertura di ricerca ESG, erano ancora incluse nel benchmark». E così alla fine i gestori del fondo hanno dovuto ammettere di «aver tenuto una condotta suscettibile di indurre in errore il pubblico. E di aver rilasciato dichiarazioni false o fuorvianti».
La condanna del fondo ESG di Vanguard potrebbe rappresentare un precedente
Il 28 marzo si è quindi arrivati a sentenza. Vanguard è stato ritenuto colpevole di aver violato numerose volte le prescrizioni chieste da ASIC in tema di greenwashing. di aver fornito dichiarazioni false o fuorvianti al pubblico sui parametri di esclusione ESG in molteplici occasioni. In particolare in almeno dodici dichiarazioni informative sul prodotto, in un comunicato stampa, nelle dichiarazioni pubblicate nel proprio sito web, in un’intervista a una testata su YouTube e in una presentazione in occasione di un evento per gestori di fondi. Al termine dell’udienza Sarah Court, vicepresidente di ASIC, ha dichiarato: «Per sua stessa ammissione Vanguard ha ingannato gli investitori»
«Come primo risultato in un’aula di tribunale, il caso dimostra il nostro impegno nell’affrontare tutte le dichiarazioni ingannevoli e di greenwashing nel marketing aziendale del settore dei servizi finanziari», ha continuato la vicepresidente ASIC. «E invia allo stesso tempo un messaggio forte a chiunque in questo settore affermi di fare investimenti sostenibili. Le loro dichiarazioni devono riflettere la loro vera posizione». Parole che potrebbero essere indirizzate alla maggior parte dei fondi o gestori di risparmi che utilizzano i parametri ESG come pura operazione pubblicitaria e di maquillage. Con la speranza che, nel caso non vogliano ascoltarle, qualche altro tribunale si premuri di seguire l’esempio australiano.