Vita da YouTuber? In Italia non sono soldi facili
Vivere delle visualizzazioni diventando YouTuber di professione? Racimolare un vero stipendio è dura in Italia, ma altrove va anche peggio
Il mito dei soldi facili guadagnati trasformando la passione per il Web e l’attività di YouTuber nella propria occupazione principale si sgretola davanti ai freddi numeri del reddito. Al di là dei casi eclatanti di alcuni professionisti italiani del settore, i cui canali hanno maturato diversi milioni di followers che gli garantiscono le visualizzazioni quotidiane dei contenuti necessarie a generare introiti, questo tipo di carriera è tutt’altro che facile da costruire. Ed è ancor più difficile – visti gli avvicendamenti frequenti nella top ten dei più seguiti – da consolidare e mantenere remunerativa sul medio-lungo periodo.
Classifica YouTuber italianiA certificare questo scenario è un’indagine commissionata dalla società internazionale di marketing Reboot che mira a stabilire di quante visualizzazioni YouTube i cittadini di 44 diverse Nazioni hanno bisogno per guadagnare un importo economico equivalente allo stipendio medio annuo netto del Paese di riferimento. Fermo restando che per provarci serve essere ammessi al Programma partner di YouTube. E per partire serve un minimo di mille abbonati reali e oltre 4mila ore di visualizzazione valide dal pubblico negli ultimi 12 mesi.
YouTuber di professione? Paese che vai, stipendio che trovi
Secondo Reboot Online Marketing, in Italia servirebbero ben 5.907.430 visualizzazioni l’anno sul proprio canale YouTube per ottenere lo stipendio medio netto di 20.748 euro. Numeri difficili da raggiungere, ma che ci posizionano solo al 18mo posto di questa speciale classifica. A dimostrazione che l’impresa di campare solo dell’apprezzamento dei contenuti per il Web altrove è anche più ardua.
Ad esempio se siete nati in Liechtenstein, primo in classifica. Lo stipendio medio annuo decisamente elevato (oltre 58mila euro) obbliga infatti i suoi abitanti ad accumulare oltre 16,5 milioni di visualizzazioni per generare entrate pubblicitarie sufficienti. Al secondo posto c’è la Svizzera, i cui cittadini con l’ambizione di diventare YouTuber a tempo pieno possono limitarsi a 15,4 milioni di visualizzazioni per garantirsi i 54mila euro di stipendio medio annuo netto. Il Lussemburgo è sul terzo gradino del podio, con 12,2 milioni di visualizzazioni per ottenere poco più di 42mila euro, è terzo.
Seguono, fino al decimo posto, Danimarca, Norvegia, Svezia, Irlanda, Austria, Regno Unito e Germania. Mentre al fondo troviamo l’Armenia (43ma) con “appena” 850mila visualizzazioni per guadagnare uno stipendio medio annuo netto da 2.988 euro.
L’impatto ambientale del Web
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Al di là della valutazione su quanto si guadagna – o meglio, si potrebbe guadagnare – facendo gli YouTuber, non si può tuttavia sottovalutare il contributo che il Web fornisce alle emissioni di gas a effetto serra. Un problema serio se colossi come Google e Facebook hanno annunciato i propri piani – più o meno credibili – per diventare “carbon neutral” entro il 2030. E un problema che riguarda particolarmente YouTube.
A partire da un’analisi della homepage di circa 200 dei principali siti Internet, WebsiteToolTester ha scoperto che proprio quella di YouTube è prima in classifica per emissioni di CO2. I 360 miliardi di video visti ogni anno sulla piattaforma generano ben 702 miliardi di grammi di biossido di carbonio all’anno.
Un valore che lascia al secondo posto nientemeno che Google, con 267 miliardi di grammi di CO2 emessi, e al terzo Zoom, il cui aumento improvviso ed esplosivo nel numero di fruitori è figlio della pandemia di Covid19. Navigare e lavorare sul Web, insomma, è tutt’altro che a costo zero per l’ambiente. Basti pensare che le emissioni di CO2 di YouTube sono assimilabili a quelle prodotte annualmente da 780mila voli aerei tra Londra e New York.