L’aumento di valore del Psg e l’esplosione della bolla
I meccanismi che hanno portato alla crescita del valore del Psg sono molto più legati a grandi manovre che a risultati sportivi
La Qatar Sport Investments (Qsi), dal 2011 proprietaria del Paris Saint-Germain, ha annunciato l’ingresso in società di Arctos Partners. Un fondo di private equity americano che gestisce un capitale vicino ai 3 miliardi di dollari e si è specializzato in investimenti sportivi. Arctos Partners detiene quote di minoranza in diverse squadre di sport americani come Boston Red Sox, Golden State Warriors e Sacramento Kings. E da qualche anno nel calcio europeo, in particolare con Liverpool e Atalanta. Da adesso anche nel Psg.
I dettagli dell’investimento non sono noti, ma il fondo di private equity avrebbe acquistato una quota di minoranza vicina al 12,5% del capitale della squadra parigina per una cifra vicina ai 530 milioni di euro. Questi calcoli sono stati fatti dopo che Qsi ha stabilito il nuovo valore del club a 4,25 miliardi di euro. All’epoca, il fondo sovrano della famiglia Al Thani aveva comprato il Psg per poco più di 200 milioni di euro. Ciò significa che in poco più di un decennio il valore della squadra è cresciuto a dismisura, aumentando del 200%.
È vero che da allora Qsi ha fatto molti investimenti diretti, tra aumenti di capitale e altro, quantificabili in mezzo miliardo di euro circa. Oltre a tutta una serie di investimenti indiretti, a partire da sponsorizzazioni più o meno mascherate riconducibili alla famiglia Al Thani, di cui la più evidente è ovviamente quella della maglia, Qatar Airways. Questi investimenti indiretti sono stati quantificati in un paio di miliardi di euro. Quindi il Psg è cresciuto di valore anche per questo. Diciamo che a questo punto si parte da una base di due miliardi e mezzo, e non di duecento milioni.
Ma la crescita di valore del club, certificata da un fondo di private equity, arriva al termine di un periodo di proprietà qatariota in cui il Psg ha vinto giusto undici degli ultimi tredici campionati francesi, il cui valore e la cui visibilità sono però molto relativi. E al contrario non ha mai vinto la Champions League, la competizione calcistica più importante e seguita, mondiali esclusi, e per la quale era stato costruito. A dimostrazione che oggi la bolla speculativa del calcio si gonfia con sponsorizzazioni e calciomercato, investimenti immobiliari e diritti tv. Non con le coppe o i trofei.
L’unico scopo dell’ennesimo investimento di un fondo nel pallone sembra infatti quello di aumentare la dimensione della bolla stessa. Portarla al limite, come è stato per altre bolle, una su tutte quella immobiliare del 2007 negli Stati Uniti. Ma è ovvio che a furia di gonfiarla questa dannata bolla è destinata a esplodere, vedi sempre il 2007 e i mutui subprime. Resta da capire se lo scopo di questi fondi sia quello di scappare con il bottino un attimo prima del botto, o piuttosto di accelerare l’esplosione e guadagnare dalle macerie che lasceranno. Questo non è ancora chiaro. L’unica certezza è che l’esplosione è imminente.