ExxonMobil contro la California: le nuove leggi sul clima «limitano la libertà di parola»
ExxonMobil si appella al primo emendamento e fa causa alla California per due leggi che impongono alle imprese più trasparenza sul clima
Dopo anni di lavoro e vari tentativi di boicottaggio per vie legali, si avvicina l’entrata in vigore di due leggi che imporranno alle grandi aziende che operano in California di essere trasparenti sui propri rischi e impatti climatici. I primi report non sono ancora stati pubblicati, ma ExxonMobil ha deciso di mettersi di traverso facendo causa allo Stato della California. Nella sua citazione in giudizio, depositata il 24 ottobre, la compagnia petrolifera sostiene che le due leggi violino il diritto alla libertà di parola.
Le due leggi della California che non vanno giù a ExxonMobil
Entrambe le leggi finite nell’occhio del ciclone sono state approvate nel 2023. E non impongono alle imprese di abbattere il proprio impatto sul clima ma, semplicemente, di comunicarlo. Il Climate Corporate Data Accountability Act, nello specifico, le obbliga a rendicontare ogni anno le proprie emissioni di gas serra. Il Climate-Related Financial Risk Disclosure Program, invece, a pubblicare un report sui rischi che affrontano a causa della crisi climatica e delle strategie di mitigazione e adattamento con cui intendono affrontarli. La soglia di applicazione è rispettivamente di un miliardo e 500 milioni di euro di fatturato annuo.
Dopo un dibattito infuocato che ha coinvolto il mondo politico e imprenditoriale, il tempo per adeguarsi sta per scadere. Il California Air Resources Board (Carb) sta aspettando più del previsto a pubblicare le norme definitive, ma le scadenze restano invariate: 1° gennaio 2026 per i primi report sui rischi climatici, 30 giugno 2026 per quelli sulle emissioni (solo dirette, Scope 1, e legate all’energia acquistata, Scope 2).
La bizzarra tesi per cui la trasparenza sul clima limita la libertà di parola
Agli occhi di ExxonMobil, quest’obbligo che ricade sulle imprese della California è inammissibile. Nel database di Carbon Majors la compagnia petrolifera risulta al quinto posto globale per volume di emissioni storiche di gas serra, con 55,7 gigatonnellate (miliardi di tonnellate) di CO2 tra il 1884 e il 2023. Oggi sostiene di essere sulla buona strada per rispettare i propri obiettivi climatici al 2030 ma, evidentemente, non è così propensa a dimostrarlo. Tanto da aver deciso di fare causa allo Stato della California. Perché, si legge negli atti depositati in tribunale, le norme la costringerebbero a «farsi portavoce di idee con cui non è d’accordo». Infrangendo così il diritto alla libertà di parola sancito dal primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.
In realtà ExxonMobil comunica già emissioni e rischi climatici, ma su base volontaria. Si appoggia alla metodologia di Ipieca (International Petroleum Industry Environmental Conservation Association), un’associazione che è espressione dell’industria petrolifera. Le due nuove leggi le imporrebbero di affidarsi al GHG Protocol, il metodo più riconosciuto a livello internazionale. In più, ExxonMobil chiede che il conteggio si fermi alle emissioni generate entro i confini della California, tagliandone fuori la maggior parte. Mette sotto accusa anche la rendicontazione dei rischi climatici, perché – sostiene – equivale a fare speculazioni su «sviluppi futuri imprevedibili».
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Nel complesso, la causa descrive le due leggi come abusi di potere che mirano «a plasmare l’opinione pubblica e a mettere alla berlina soggetti privati non graditi allo Stato». La tesi appare quanto meno spericolata. Soprattutto perché a esprimerla è la stessa azienda che per decenni ha commissionato studi sugli effetti nefasti della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera e li ha tenuti secretati. E, così facendo, ha continuato indisturbata a vendere combustibili fossili. Contribuendo a quella che si è poi rivelata una catastrofe climatica.




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