Sorpresa: per Chevron e ExxonMobil le fossili non valgono più niente

Chevron e Exxon hanno dovuto ammettere che i loro asset sono svalutati. Anche grazie alle leggi ambientali della California

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Forse questa è davvero la volta buona. Se per fermare la devastazione climatica non è mai stato sufficiente affidarsi al buon cuore e all’etica del capitalismo, ora finalmente cominciano a vedersi le prime perdite e i primi mancati guadagni. Ed è forse ora che le cose possono davvero cambiare. I grandi colossi che si occupano dell’estrazione delle energie fossili e non rinnovabili cominciano infatti ad accusare il colpo, almeno in California. Nello Stato americano, dove le leggi sulla tutela ambientale sono all’avanguardia, le attività di ricerca e di estrazione di gas e petrolio si stanno piano piano trasformando in stranded assets. Ovvero in beni incagliati. Attività che producono svalutazioni repentine, difficili se non impossibili da ammortizzare nei bilanci delle stesse aziende.

Le ammissioni di Chevron e ExxonMobil

La Chevron corporation, multinazionale petrolifera che ha fatto la storia degli Stati Uniti dell’ultimo secolo, decidendone spesso la politica interna ed estera, ha dovuto ammetterlo. «Le continue normative a tutela dell’ambiente hanno diminuito la prospettiva di nuovi investimenti, e quindi portato a mancati guadagni nell’immediato». Il gigante americano, il cui fatturato supera i 160 miliardi di dollari, ha infatti annunciato una svalutazione per oltre 4 miliardi di dollari dei suoi asset di ricerca e estrazione di fossili nel Golfo del Messico. Somma che dovrà essere assorbita a chiusura di bilancio del 2023.

Negli stessi giorni ha annunciato perdite intorno ai 2,5 miliardi di dollari, nel solo quarto trimestre del 2023, anche la ExxonMobil, altra compagnia petrolifera che ha fatto la storia degli Stati Uniti. Frase che ora rischia però di acquistare un senso diverso, meno celebrativo e più conclusivo di un’epoca. Anche quelle di Exxon sono perdite riferibili alla diminuzione di valore dei suoi asset californiani. Nel presentare questi bilanci alla Sec (la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti, equivalente della nostra Consob), Exxon ha infatti scritto che sono perdite dovute «alle sempre più stringenti leggi dello Stato californiano che impediscono di risanare questi asset».

Le mosse vincenti del governatore Gavin Newsom

Dal 2019 il governatore della California è il democratico Gavin Newsom, ex sindaco di San Francisco. E quello che era già lo Stato americano più all’avanguardia nella sostenibilità ambientale ha fatto ulteriori passi avanti. Tutti a discapito delle multinazionali che estraggono fossili e energie non rinnovabili. Come prima cosa il governatore ha infatti messo mano alle precedenti legislazioni ambientali che risalivano agli anni Settanta, quando era governatore l’ex attore di film western e ottimo amico dei petrolieri Ronald Reagan, snellendo tutte le procedure burocratiche funzionali al passaggio alle rinnovabili.

Poi ha promosso un piano per la transizione energetica e promulgato una serie di leggi a tutela dell’ambiente. Come il divieto di costruire infrastrutture entro un raggio di un chilometro da case, scuole o ospedali. O le leggi contro la speculazione finanziaria sui prezzi di gas e petrolio. Ovviamente non sono tutte norme perfette. Diversi gruppi di attivisti hanno riconosciuto una serie di errori e di consapevoli sviste. Come il via libera alla costruzione di infrastrutture idroelettriche per la produzione di energia pulita che sarebbero però impattanti sull’ambiente quasi quanto l’estrazione fossile. Lo stesso vale per alcuni progetti sul fotovoltaico.

La volta buona

È certo anche che Gavin Newsom, nuovo paladino della sinistra liberal per le sue battaglie sul clima, le stia utilizzando per tornaconto personale. Secondo molti sarà infatti il candidato democratico designato alle presidenziali del 2028. Ma va detto che qualcosa sta facendo. Vedi lo scorso settembre la decisione di costituirsi parte civile in un procedimento giudiziario contro le compagnie petrolifere – tra cui Chevron e Exxon – accusate di avere consapevolmente ignorato gli studi sui cambiamenti climatici e sul riscaldamento globale.

E adesso proprio queste compagnie accusano perdite per miliardi di dollari. O ancora meglio, per noi e per la Terra, sono finalmente costrette a riconoscere che gli asset estrattivi e inquinanti sono diventati pericolosi per i loro stessi bilanci. Forse, appunto, è davvero la volta buona.