Il benefico “effetto-parco”: porta soldi ai territori e rafforza le imprese
Le aree protette sono un ottimo strumento per coniugare tutela ambientale, benessere sociale e sostegno al Pil territoriale. Le ricadute economiche sono enormi
Gli analisti parlano di “effetto parco”. Un termine per indicare come le imprese localizzate in aree soggette a tutela ambientale siano predisposte a una maggior capacità di creazione di ricchezza e benessere.
Negli Stati Uniti, il calcolo delle ricadute economiche delle riserve naturali è oggetto di una puntuale analisi, ripetuta anno dopo anno. L’Italia non è così precisa. Ma, già oltre un quinquennio fa, l’effetto parco era spiegato in un rapporto del ministero dell’Ambiente: «Tra il 2011 e il 2013 (quindi negli anni in cui più si faceva sentire la crisi economica, ndr), il valore aggiunto prodotto nei parchi nazionali è diminuito solo dello 0,6% – si legge nel documento – mentre nel resto dell’Italia la variazione negativa è stata tre volte superiore (-1,8%). Questa capacità riscontrata in molti territori verdi è frutto di un mix di crescita economica, sostenibilità ambientale, produzioni di qualità, rispetto dei saperi e delle tradizioni».
Luoghi ideali per fare impresa
Il rapporto mostra inoltre che fare impresa all’interno delle aree naturali protette conviene, almeno per quanto riguarda il Nord e il Centro. Il valore aggiunto pro capite prodotto nei Parchi nazionali, ovvero in aree definite come natural capital based, mostra un differenziale positivo di 6mila euro nel caso del Nord-Ovest e di 1.800 euro nel caso del Centro rispetto a quelli a modesta valenza naturalistica. L’unico dato negativo si registra nel Mezzogiorno: 8mila euro contro quasi 10.500. Nelle aree naturali del Sud il valore aggiunto pro-capite risulta inferiore a quelli del Nord e del Centro Italia.
A conferma di questi dati ci sono i numeri, elevati, dei parchi nazionali che si posizionano nei primi posti della classifica: lo Stelvio che registra un valore aggiunto di 22.491 euro, l’Arcipelago Toscano con 20.991 euro e le Cinque Terre, con 20.918 euro. In fondo alla classifica troviamo la Sila, con 5.586 euro e l’Aspromonte con 5.212 euro.
Il 20% dell’Italia sotto tutela
Di zone nelle quali l’economia legata all’effetto-parco può rafforzarsi ce ne sono parecchie: oggi circa il 5% del territorio italiano si trova all’interno di un Parco Nazionale, mentre quasi un quinto della superficie del nostro Paese è all’interno di un sito ad elevato valore naturalistico. A partire dalla Calabria, che con circa 2.570 kmq compresi tra Sila, Pollino e Aspromonte, risulta essere la Regione con l’area naturale più estesa. O all’Abruzzo che ospita il Parco più antico d’Italia, riconosciuto come un asset fondamentale per buona parte della popolazione locale.
Il fattore orso del turismo abruzzese
Discorso analogo per il suo principale “ospite”: l’orso. Nel Parco vivono una cinquantina di esemplari (le ultime stime parlano di una “forchetta statistica di 47-61” individui, contro i 40 del 2008). farebbe incrementare le presenze di visitatori: «Un milione e mezzo di turisti ogni anno viene qui principalmente, se non unicamente, per la presenza dell’orso» spiega Francesco Petretti, biologo e docente di Comunicazione della Scienza all’università del Molise.
«Gli orsi sono veri e propri datori di lavoro che tengono in piedi l’economia locale, che non potrebbe contare su stabilimenti industriali né su imprese agricole rilevanti. Basti pensare che nei Comuni del Parco d’Abruzzo 138 esercizi commerciali richiamano il suo nome nelle loro insegne. La tutela di questa specie è quindi un investimento economico prima ancora che un dovere morale». Anche perché quel milione e mezzo di turisti comprano gadget, mangiano nei ristoranti, dormono in hotel e residence.
Gli animali, le piante, la natura diventano così veri e propri hub per lo sviluppo di un settore turistico sostenibile, perché, se da una parte c’è l’esigenza della conservazione della natura e della biodiversità, dall’altro c’è anche l’opportunità di creare sviluppo economico legato a queste aree e un indotto per chi decide di diventare “custode” della terra.
Il calcolo trentino: senza parchi, 900mila pernottamenti in meno
Nei territori a forte vocazione naturalistica, infatti, si è visto un rifiorire dell’economia legata alle strutture ricettive, al turismo e alla ristorazione. La Provincia Autonoma di Trento ha ad esempio calcolato che il 14% dei visitatori arriva proprio per godere delle bellezze dei parchi di cui quel territorio è ricco: quasi 100mila persone, 900mila pernottamenti e 70 milioni di spesa diretta che sale fino a 300 milioni se si aggiungono anche le ricadute di chi visita le aree protette nonostante non siano il motivo principale per la scelta della destinazione di vacanza.
Anche nel resto dei parchi nazionali le attività legate al turismo dimostrano di essere un business in salute, come dimostra la diffusione dei posti letto in queste aree: in totale si contano almeno 237.945 unità, il 5% della capacità nazionale, che rapportati alla superficie a parco raggiungono la quota di 16,1 posti per Kmq (la media nazionale e di 15,8).
Un comparto per giovani
Della rinascita dei territori verdi sono protagoniste le giovani generazioni che, secondo Unioncamere, «fanno ritorno sempre più spesso in queste aree, dove avviano nuove iniziative imprenditoriali. Le imprese condotte da under 35 sono il 13,1% del totale, contro l’11,1% della media italiana e in molti casi riprendono e valorizzano attività o aree abbandonate». Imprese concentrate soprattutto sul turismo: «tali iniziative imprenditoriali (almeno 68mila, ndr) vedono una forte presenza dell’agricoltura, delle attività del turismo e della ristorazione».