Metalli rari, su ambiente e diritti la strada resta lunga

Soddisfazione da parte degli azionisti attivi per le risposte delle imprese. Ma restano problemi che sembrano strutturali e comuni a tutti i settori considerati

Terre e metalli rari sono essenziali per la transizione energetica. Ma la loro estrazione e lavorazione possono avere pesanti impatti sull'ambiente e i diritti umani © annavaczi/iStockPhoto

La transizione energetica non può fare a meno di metalli e terre rare. Neodimio, praseodimio, litio, cobalto e una ventina di altri elementi sono componenti essenziali delle turbine eoliche e delle batterie che fanno funzionare le auto elettriche. Ma anche dei pannelli fotovoltaici e delle lampadine a basso consumo.

La loro estrazione avviene però spesso in Paesi ad alto rischio di violazioni ambientali e dei diritti umani, come la Cina o la Repubblica Democratica del Congo.

Lo ha evidenziato, nel giugno del 2019, il rapporto “Rare metals supply chains” (le catene di approvvigionamento dei metalli rari) curato dall’investitore francese Meeschaert Asset Management, per conto della rete di azionisti attivi SfC – Shareholders for Change. Ed è stato alla base di un progetto di engagement durato due anni. Con 12 imprese nel mirino, tra cui Vestas (pale eoliche), BMW, PSA e Daimler, Renault (veicoli elettrici) e Solvay (chimica).

«I membri di Shareholders for Change hanno scritto lettere alle imprese e si sono confrontati in una serie di call», spiega a Valori.it Aurélie Baudhuin, presidente di SfC e vice-direttore generale di Meeschaert AM. «Abbiamo fatto domande molto precise, in particolare sul monitoraggio dei fornitori e gli obiettivi di recupero e riciclo dei metalli».

I risultati del dialogo con le imprese che estraggono e utilizzano metalli rari

L’engagement con le imprese si è concluso nel giugno del 2021. «Le imprese hanno generalmente cooperato con SfC, c’è stato un buon livello di dialogo», continua Baudhuin. «Nell’80% dei casi le risposte fornite sono state “buone” o “molto buone”».

Come si legge negli “Engagement Results” (Risultati dell’Engagement), pubblicati il 3 agosto scorso, solo il gruppo PSA (oggi Stellantis) non ha risposto. Mentre il gigante spagnolo dell’eolico Iberdrola ha risposto ma in modo molto generico. Tutti gli altri hanno fornito informazioni dettagliate su come siano monitorati i fornitori. In modo da minimizzare i rischi che le materie prime acquistate siano state estratte e lavorate inquinando le falde acquifere. Oppure scaricando acque reflue tossiche nei fiumi o impiegando lavoratori senza fornire loro protezioni adeguate.

L’engagement ha però identificato alcuni problemi che sembrano essere strutturali e comuni a quasi tutte le imprese nei tre settori considerati: eolico, automobilistico e chimico. Prima di tutto le verifiche (audit) interessano quasi esclusivamente i fornitori diretti, o “Tier 1” (livello 1), che però sono solo intermediari. Comprano e vendono metalli rari dalle compagnie minerarie che li estraggono (e che costituirebbero il “Tier 2” o 3 o 4, ecc.). Chi è potenzialmente coinvolto in violazioni ambientali o sociali, alla fine della catena, non è monitorato.

Il secondo problema riscontrato riguarda il riciclo dei metalli, che è ancora in una fase molto iniziale: solo l’1% dei materiali usati viene effettivamente riciclato. Inoltre, non si forniscono ancora informazioni sufficienti sui casi di violazione riscontrati presso i fornitori e sulle procedure correttive messe in atto.

L’engagement continua

«Rimangono delle questioni aperte», spiega Aurélie Baudhuin. «Per questo abbiamo deciso di continuare l’engagement, passando alla “fase II”. Finora abbiamo chiesto solo di fornirci informazioni. Dall’inizio di settembre 2021 chiederemo alle imprese di impegnarsi su precisi obiettivi di verifica dei fornitori e di riciclo».

Le questioni da affrontare sono complesse e spesso non risolvibili da parte delle singole imprese. Serve l’impegno di interi settori, nuove normative e, eventualmente, sussidi da parte degli Stati. Per questo, nella seconda fase del suo engagement sui metalli rari, SfC si avvarrà della consulenza di esperti internazionali.

Una di questi è Julie Klinger, assistente universitaria presso il dipartimento di Geografia e Scienze del Territorio dell’Università del Delaware e autrice del libro “Rare Earth Frontiers“. Proprio la professoressa Klinger ha tenuto un webinar sui metalli rari durante il Summer Meeting di Shareholders for Change nel giugno 2021.