Le mappe dei nuovi e vecchi imperi del calcio. Tra Oriente e Occidente

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

L'accoglienza di Londa per la visita di Mohammed bin Salman nel 2018 © Loco Steve/Flickr

La mappa del calcio finanziario si arricchisce di nuove coordinate e arriva a Newcastle upon Tyne. Nella città del nord est britannico, una volta importante centro minerario e portuale e oggi in attesa di una faticosa riqualificazione, è sbarcato in settimana un nuovo impero. Il fondo sovrano saudita (quinto per potenza mondiale, con asset pari a 900 miliardi di dollari), gestito dal principe erede Muhammad bin Salman, amico di Matteo Renzi e nemico dei giornalisti, ha acquistato per circa 300 milioni di sterline lo storico club del Newcastle United, più noto fino ad oggi per il tifo caldo che per i successi, non vince il campionato da circa un secolo.

L’intenzione è di trasformarlo in una potenza di fuoco al pari di Manchester City (fondo sovrano di Abu Dhabi), Manchester United (fondo d’investimento Usa), Chelsea (oligarchi russi) e Psg (fondo sovrano di Doha). L’ennesimo fondo che investe nel pallone, un paradiso che permette da sempre vere e proprie lavanderie a cielo aperto dove denaro di ignota provenienza si trasforma per magia in denaro pulito: basta acquistare uno sconosciuto giocatore brasiliano o pagare una lauta commissione.

Ma non solo. I club sono formidabili veicoli per entrare nel mercato dei diritti tv e delle sponsorizzazioni globali, infilandosi nelle maglie della gestione di Uefa e Fifa e nel loro conflitto, che come abbiamo visto la settimana scorsa ha proprio nell’Arabia Saudita uno dei suoi protagonisti principali. Dopo che la Fifa con due Mondiali ha già ringraziato la Russia (2018) per il Chelsea e il Qatar (2022) per il Psg, ora l’acquisto del Newcastle segna un altro punto a favore della squadra di Infantino. Aspettiamoci quindi a breve una Coppa del Mondo in Arabia Saudita, magari con Matteo Renzi in tribuna d’onore a blaterare di rinascimento.

È chiaro che gli investimenti sul pallone si inseriscono in potenti operazioni di soft power e di corporate washing, ma bisogna andare oltre la facile dicotomia tra occidentali buoni e orientali cattivi, per cui sarebbero solo le squadre di proprietà russa o mediorientale a rappresentare regimi dispotici, come se le società registrate nel paradiso fiscale americano del Delaware (il Manchester United, per non fare nomi) non partecipassero alla corsa alle armi o alla distruzione del pianeta. All’interno di uno scontro finanziario di dimensioni globali, dove nessuno è innocente, questo investimento ridisegna però completamente la mappa del calcio (giocato e finanziario), andandosi a sovrapporre ad antiche mappe imperiali come fossimo in un racconto di Borges. Newcastle qualche millennio fa era infatti conosciuta come Pons Aelius, uno degli avamposti più estremi dell’antico Impero Romano. Allora fu conquistata con la spada, oggi da un nuovo impero con il pallone.