A dieci anni dalla crisi la finanza non è cambiata. Ma invertire la rotta è possibile
Servono nuove regole, dall'alto, per chiudere il casinò finanziario. E servono scelte concrete, dal basso, per spostare capitali verso la finanza etica
Mentre guidate tranquillamente, un’automobile a velocità folle vi prende in pieno. Si scopre che il conducente era completamente ubriaco. Polizia e istituzioni assicurano che pagherà e che verranno introdotte regole per porre fine al far west sulle strade. E invece dopo qualche mese, non solo il responsabile non è in galera, ma scorrazza tranquillamente sulla sua auto, che è stata riparata con soldi pubblici. Al contrario nessuno vi ha rimborsato per i danni subiti. Siete bloccati senza auto e scoprite che vi hanno aumentato le tasse perché dopo l’incidente devono rifare a vostre spese il manto stradale. Lo Stato decide però di dare incentivi per l’acquisto di automobili, ma solo per chi ha provocato incidenti guidando ubriaco. Intanto le uniche nuove regole del codice della strada sono dei divieti di circolazione per i ciclisti, mentre nel vostro quartiere organizzano un raduno di autisti ubriachi con il patrocinio del Comune.
Surreale, vero?
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Dalla crisi: in 10 anni niente è cambiato
Ripensiamo però a cosa è successo da quando, ormai più di dieci anni fa, la Lehman Brothers dichiarava fallimento nel momento più drammatico ed emblematico della crisi. Fiumi di inchiostro per denunciare le responsabilità del casinò finanziario, solenni promesse delle istituzioni di intervenire in maniera rapida quanto rigorosa. E invece?
Nessuno dei responsabili è stato condannato, mentre le banche sono state salvate con montagne di soldi pubblici; la crisi ha provocato danni giganteschi all’economia nel suo insieme e, in particolare, alle fasce più deboli della popolazione. Aassieme a un vergognoso aumento delle disuguaglianze.
Al di là dei salvataggi, i mercati vengono inondati di liquidità: oltre 11.000 miliardi di dollari dalle banche centrali di Usa, Giappone ed Europa. Risorse che in massima parte rimangono incastrate in circuiti finanziari speculativi, senza arrivare all’economia reale.
Nel frattempo le nuove normative riguardano in massima parte l’attività creditizia delle banche. Quasi nulla sulle proposte per contrastare la finanza-casinò, dalla tassa sulle transazioni finanziarie alla separazione tra banche commerciali e di investimento ad altro ancora.
Aspettando una nuova bolla
Il combinato disposto di eccesso di liquidità e mancanza di regole si traduce in un sempre più ampio scollamento tra i valori della finanza e i fondamentali dell’economia: la definizione stessa di una nuova bolla. Oggi il suo scoppio non sembra questione di “se”, ma di “quando e come”. Per molti versi siamo in una situazione addirittura peggiore rispetto al 2007: le Borse ai massimi, così come le paghe dei top manager; banche “too big to fail” ancora più grandi; strumenti finanziari sempre più complessi e sconnessi dalla realtà. Il tutto mentre conti pubblici ed economia portano ancora le cicatrici dell’ultimo disastro.
In questo quadro già desolante, l’aspetto più preoccupante non è tanto finanziario quanto culturale. È incredibilmente tornata di moda l’idea che solo una finanza libera da lacci e laccioli potrebbe trainare l’economia. Le lobby finanziarie rialzano la testa e tornano senza vergogna a chiedere l’abbattimento di regole e controlli.
Com’è possibile che, malgrado le promesse e le dichiarazioni di politici e capi di Stato, non siano cambiate le regole del gioco? Che, dopo i disastri combinati, la finanza sia ripartita come – se non peggio – di prima? Che oggi le principali istituzioni tornino a denunciare l’instabilità e il rischio di una nuova bolla? Soprattutto, cosa potremmo fare per cambiare rotta?
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Nuove regole per chiudere il casinò finanziario
Per rispondere a questa domanda occorre agire su diversi piani. Il primo, potremmo dire “dall’alto” consiste nell’introdurre poche regole per chiudere il casinò finanziario. Si tratta – in gran parte – di approvare normative spesso già discusse dalle stesse istituzioni. Ad esempio: all’indomani della crisi l’UE domandò a un gruppo di esperti, guidati dal governatore della Banca Centrale finlandese Liikanen, quali fossero le principali riforme da intraprendere per evitare il ripetersi del disastro. Il rapporto redatto mette al primo posto la separazione tra banche commerciali e di investimento, ma la stessa UE che aveva commissionato lo studio non ha dato seguito alle conclusioni esposte. Lo stesso è successo con la tassa sulle transazioni finanziarie, malgrado il voto favorevole del Parlamento UE e la bozza di Direttiva pubblicata dalla Commissione europea.
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Oggi sappiamo cosa fare
Oggi sappiamo cosa andrebbe fatto per scongiurare nuove crisi. Perché oggi dovrebbe essere possibile fare ciò che non è stato fatto in passato? Rispetto agli scorsi anni ci sono almeno due differenze sostanziali. La prima è che oggi sappiamo cosa andrebbe fatto. Il nodo sta nella volontà politica di superare il peso delle lobby finanziarie. Per questo dobbiamo mettere in campo una “contro-lobby” per un radicale cambio di rotta. Partendo con il denunciare l’assenza di coraggio e di iniziativa politica di questi anni. È su queste basi che le reti della società civile europea hanno deciso di lanciare la campagna Change Finance, organizzando azioni e iniziative in tutta Europa in occasione dei dieci anni dal fallimento della Lehman Brothers.
Azioni dal basso: il ruolo della finanza etica
La seconda differenza è proprio nella crescita di consapevolezza di fasce sempre più ampie della popolazione, che contestano l’attuale sistema finanziario e chiedono un cambiamento. Una consapevolezza che deve però tradursi in azioni concrete. Chiedere di cambiare le regole “dall’alto” è necessario ma non sufficiente. Altrettanto, se non più importante è agire in prima persona, dal basso, partendo dall’uso dei nostri soldi. Possiamo chiederci come vengono impiegati i nostri risparmi, una volta affidati a una banca, a un gestore finanziario o a un’assicurazione. Spostarli dalla finanza tradizionale alla finanza etica significa sottrarli alla speculazione e indirizzarli verso un sistema economico che crea posti di lavoro e tutela l’ambiente e i diritti. La finanza non è neutra, ma indirizzando il denaro in alcune attività e non altre contribuisce in maniera determinante a plasmare la società in cui viviamo.
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Le persone possono cambiare il sistema? Le domande cruciali
Possiamo informarci e informare sul funzionamento della finanza, le sue storture, i suoi rischi e le opportunità che potrebbe invece offrire. E porci alcune domande cruciali:
- Preferisco giganti sempre più “too big to fail” o banche legate al territorio e fondate sulla partecipazione?
- Voglio una banca dove l’estrazione di valore a qualsiasi costo è l’unica regola o che valuti l’impatto non economico del suo agire economico?
- Apprezzo un sistema che privatizza i profitti e socializza le perdite quando scoppia la crisi che lui stesso ha provocato, o ne vorrei uno in cui il profitto “deve essere equamente distribuito tra tutti i soggetti che concorrono alla sua realizzazione”, come riporta lo stesso Statuto di Banca Etica?
- Per me la finanza è un fine in sé stesso con l’unico obiettivo di fare soldi dai soldi o un mezzo per costruire una diversa idea di società?
Se le risposte a queste domande vi sembrano chiare, è ora di agire di conseguenza.
Uno dei modi più efficaci per partecipare a questa piccola rivoluzione è sottoscrivere capitale sociale delle istituzioni di finanza etica, per rafforzare ancora un mondo in forte crescita ma ancora estremamente piccolo rispetto alla finanza tradizionale. Diventare soci o aumentare il proprio impegno nel capitale sociale di Banca Etica è un contributo decisivo in questa direzione.
Da complici inconsapevoli a protagonisti del cambiamento
I nostri risparmi e investimenti possono trasformarci da complici inconsapevoli della prossima crisi a protagonisti di un cambiamento economico, sociale e ambientale. Ora più che mai dobbiamo unire la protesta alla proposta. Perché non vogliamo e non possiamo aspettare passivamente la prossima crisi della finanza. La finanza siamo tutti noi, nelle scelte quotidiane che facciamo. E abbiamo il diritto, e per molti versi il dovere, di decidere quale volto darle.
Questo articolo è l’introduzione alla seconda edizione di Non con i miei soldi! Manuale di autodifesa ed educazione critica alla finanza edito da Altreconomia e curato dalla Fondazione Finanza Etica