Un’altra agricoltura è possibile: sana e attenta a lavoro e diritti
C'è un'agricoltura buona che non sfrutta il lavoro, valorizza la terra bene comune e tutela i diritti. Dalla Puglia alla Sicilia, tra Lazio e Calabria
Italia, democrazia fondata sul lavoro – lo dice la Costituzione – e, per buona parte, sul lavoro in agricoltura e sulla filiera agroalimentare. Da un’analisi del Centro studi di Confagricoltura su dati Istat 2019 emerge, infatti, che sono un milione e 125mila circa gli occupati nel settore primario italiano. Più che in Spagna, Francia e Germania. L’Italia, inoltre, è prima in Europa anche per il valore della produzione delle attività agricole connesse (trasformazione, vendita diretta, agriturismo), cioè dell’indotto del lavoro sui campi.
E la campagna ci presenta tante storie di riscatto e di amore per il territorio, di promozione dei diritti e dello sviluppo locale. Obiettivi perseguiti in armonia con la cura delle coltivazioni. Storie come quella di Pietra di scarto e della Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio (Cooperativa Romana Agricoltura Giovani), delle cooperative di Libera Terra e degli agrumi di Goel Bio. Che oggi qui vi raccontiamo. Passando così dalla Puglia al Lazio, dalla Sicilia alla Calabria. Emblemi di un lavoro agricolo che diventa contributo di giustizia e dignità sociale.
Esempi da rimarcare proprio perché, specialmente in agricoltura, c’è lavoro e lavoro, pomodoro e pomodoro. E, infatti, della piaga criminale del caporalato, delle imprese mafiose e dell’imposizione di un prezzo ingiusto sui prodotti della terra abbiamo trattato spesso. E le cronache di tanti media raccontano di continuo le forme di sfruttamento estremo diffuse tra gli stagionali, italiani e migranti, ricattati e alloggiati in baraccopoli e quartieri ghetto delle nostre città.
Diritti al pomodoro: modello pugliese di agricoltura equa
Ma a Cerignola, in provincia di Foggia, da 25 anni va in scena una storia diversa. Quella della cooperativa Pietra di Scarto, nata dall’entusiasmo di un pugno di ragazzi quando la cooperazione sociale muoveva i primi passi sul territorio. Un modello imprenditoriale che funziona e che, di recente, ha investito in un nuovo laboratorio di trasformazione. Che diventerà un catalizzatore, offrendo la possibilità di aggregare i piccoli agricoltori locali in un progetto chiamato Ciascuno cresce solo se sognato: per una filiera equa e solidale del pomodoro.
Pietra di Scarto, con sei soci e sette dipendenti, «ha il suo focus principale nell’inserimento lavorativo – spiega il presidente Pietro Fragasso – e nell’inclusione sociale di persone che provengono da percorsi di giustizia, di dipendenze, di esclusione. Persone che, per il colore della pelle o l’accento straniero, vivono una condizione di vera schiavitù». E per raggiungere i suoi obiettivi riutilizza un bene confiscato alla criminalità organizzata dal 2010, il laboratorio di legalità intitolato alla memoria di Francesco Marcone, e fa agricoltura sociale coltivando tre ettari di campagna destinati a produrre olive, pomodori e vino da una piccola vigna.
Un’agricoltura bene comune, alle porte di Roma
Ma le storie di buona campagna sono tantissime, spesso in bilico tra coltivazione professionale e istanze della cittadinanza attiva. Così come ci mostra l’esperienza della Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio (Cooperativa Romana Agricoltura Giovani). Non un fuoco di paglia, visto che lo scorso 13 maggio ha compiuto sei anni e dal 2015 gestisce la tenuta di Borghetto San Carlo, nel Parco di Veio. Un’avventura nata da una vertenza per l’affidamento delle terre pubbliche all’agricoltura multifunzionale, passando per la formazione e l’educazione ambientale.
Ed ecco che, grazie all’impegno di tanti ragazzi, un grande spazio verde a due passi dalle case viene recuperato e valorizzato, con un’area picnic attrezzata, illuminata e manutenuta messa a disposizione dei cittadini. Ma, soprattutto, avviando una coltivazione biologica di verdura di stagione in pieno campo da poter prenotare in cassette miste. E poi cereali rari, farro, grano duro e sorgo e legumi. E una proposta di trasformati a “metro zero”: conserve di verdura, pasta e farine, miele millefiori e di acacia. Senza dimenticare le visite guidate per mostrare il «potenziale dell’agro romano, della sua biodiversità, dell’equilibrio tra ambienti spontanei ed aree produttive agricole».
Libera e Goel, l’agricoltura fa crescere giustizia e lavoro
E poi c’è chi alza ancora l’asticella. E somma a quanto sopra il seme del contrasto quotidiano e consapevole all’illegalità su cui proliferano mafia e ‘ndrangheta.
Tempo fa abbiamo raccontato che nella Locride, terra bellissima di Calabria, Goel Bio ha acquisito e inaugurato il suo primo stabilimento per il confezionamento degli agrumi biologici, in contrada Socrà, a Caulonia Superiore. Un investimento importante che ha dato vita all’unico impianto del genere sulla costa jonica meridionale della regione. Un’infrastruttura che sarà fondamentale per tutti i produttori bio dell’area. Mentre il Consorzio Libera Terra Mediterraneo imbottiglia un po’ più a Sud l’ormai pluripremiato vino della cantina Centopassi, dedicata a Peppino Impastato e alla sua storia.
Criminalità e l’oro rosso
Pomodori e plastica: le mani della mafia sugli imballaggi
Sequestrati 45 milioni di euro al “re degli imballaggi” Puccio Giombattista. Il mercato della cassette di plastica per l’ortofrutta è in mano alle agromafie.
E così, sotto il sole cocente, l’agricoltura diventa modello concreto di diritti e legalità, con le nove cooperative sociali di Libera Terra che occupano circa 170 persone tra Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Una di loro è intitolata a Placido Rizzotto. E opera – per la maggior parte – su circa 250 ettari di campi agricoli ricevuti in comodato dal consorzio di comuni Sviluppo e legalità dell’Alto Belice Corleonese. Coltiva cereali (grano, farro e avena) e legumi (ceci, lenticchie e cicerchie) in rotazione con produzioni foraggiere e ortive (il dolcissimo pomodoro siccagno). Senza dimenticare le colture arboree che arricchiscono il paesaggio di uliveti e vigneti.