Cascina Clarabella, esempio virtuoso di economia anticrisi

Contro il coronavirus agricoltura e servizi di cura, agroittica e ristorazione e smart working: lezione di resilienza e rilancio dalle coop

FOTO: Cascina Clarabella, consorzio di cooperative sociali, provincia di Brescia

«Sarà un anno sicuramente di contrazione rispetto al 2019, ma penso che riusciremo a non avere troppi danni». Così si chiude la telefonata con Carlo Fenaroli, vicepresidente del Consorzio Cascina Clarabella, composto da cinque cooperative sociali attive in Franciacorta. Molti gli ambiti d’intervento: agricoltura sociale, servizi alle persona (disabilità fisiche e psichiche), inserimento lavorativo, ricettività turistica, ristorazione, promozione culturale. È il 20 aprile 2020 e l’Italia, trascorsi giorni di drammatica emergenza sanitaria da coronavirus (24mila i morti fino allora), vive in quarantena forzata per frenare il contagio, insieme a metà della popolazione globale.

Mentre Confindustria del neopresidente Carlo Bonomi strepita contro virologi, governo e sindacati per una riapertura anticipata delle imprese (l’auspicata fase 2), Clarabella, che opera in provincia di Brescia, area martoriata dall’epidemia, non ha mai smesso di lavorare. Pur dovendo interrompere tre rapporti di lavoro in scadenza (non tra i soggetti svantaggiati) e avendo dovuto serrare sia il centro diurno semiresidenziale per utenti disabili sia la parte turistico-ricettiva, il consorzio si è adattato velocemente alla situazione.

SCHEDA le cooperative sociali in Italia – FONTE Italia non profit

«È sempre stata un po’ la caratteristica delle cooperative» sottolinea Fenaroli. «Da un lato godiamo di quella malleabilità che magari non ti permette di essere ficcante su alcuni settori quanto altre aziende che si specializzano, ma quando serve elasticità ed essere un po’ agili nel cambiamento, la nostra fortuna è che riusciamo a farlo».

«Ci adattiamo forse più è meglio delle imprese classiche».

10 milioni di fatturato e 400 occupati: l’economia civile è da grandi numeri

La capacità di adattarsi è preziosissima di questi tempi. Potrebbe inoltre tornare assai utile negli anni a venire, magari inducendo qualche impresa profit a copiare dal Terzo settore. Dal punto di vista imprenditoriale, il gruppo ha una storia quasi trentennale, avviata nel 1990 da alcuni psicologi, psichiatri e infermieri dell’Asl di zona, di ispirazione basagliana. Convinti che la semplice cura in ospedale non potesse permettere ai loro pazienti di recuperare la propria vita, questi operatori fondarono una prima cooperativa che gestiva una piccola serra, associando cura e manutenzione del verde, a cui si aggiunsero poi le attività di pulizia. La formazione del consorzio vero e proprio risale invece al 2009 e ha condotto a costruire un gruppo da quasi 10 milioni di euro l’anno di fatturato.

TABELLA – principali dati di riferimento Consorzio Cascina Clarabella di Brescia – FONTE sito web ufficiale, 21-4-2020

Dal punto di vista occupazionale, poi, non solo le circa 400 persone impiegate rappresentano una garanzia di sviluppo economico importante sul territorio, ma portano con sé il valore di inclusione sociale desiderato dai fondatori. Tra i lavoratori dei vari settori (pulizie, agricoltura, parchi e giardini, servizi aziendali, ricettività) sono 150 quelli con disabilità. Ciò significa che, a seconda delle cooperative, queste persone rappresentano quote di almeno il 40% in rapporto al numero dei dipendenti normodotati. Una percentuale superiore a quanto prevederebbe la legge come minimo (30%).

turismo, ricettività e ristorazione - Cascina Clarabella, consorzio di cooperative Brescia - 4
FOTO: Cascina Clarabella, consorzio di cooperative sociali, provincia di Brescia

Clarabella investe sul pesce, tra innovazione e tradizione

Il consorzio produceva, fino all’anno scorso, circa 70mila bottiglie l’anno di vino Franciacorta biologico su 11 ettari di vigneto. E poi miele dalle proprie arnie e olio dai propri ulivi grazie a un frantoio aperto al pubblico. Ma la miglior testimonianza del dinamismo del gruppo e dell’attenzione allo sviluppo dell’economia locale si trova forse nella scommessa vinta che ha generato il comparto di agroittica a luglio 2018.

Con la trasformazione del pescato dal lago d’Iseo e da un allevamento di trote e salmerini a Lodrino (Bs), in Val Trompia, Clarabella Agroittica è entrata in un ambito che nessuna cooperativa sociale aveva battuto fino ad allora in Italia e che poteva contare su pochi laboratori specializzati anche a livello nazionale. Così facendo, inoltre, le sue cooperative sostengono l’antica e fragile economia dei pescatori della zona e mantengono vivi certi metodi tradizionali di essicazione e affumicazione, oltre ad utilizzare il pesce fresco nella ristorazione.

Peggio della crisi 2008

Dal pesce all’uva, dal giardinaggio alle pulizie, la versatilità sta aiutando il consorzio. Clarabella non patisce granché nel welfare, soffre ma non chiude in agricoltura e ristorazione (con la riconfigurazione dell’e-commerce e lo sviluppo di pasti e catering d’asporto e a domicilio, specie nei weekend) e nei servizi, mentre ha messo in pausa l’accoglienza turistica. Tuttavia ci chiediamo se fu diversa la capacità di assorbire il colpo in occasione della crisi economico-finanziaria del 2008, quando già le cooperative esistevano.

Fenaroli sottolinea come la situazione attuale sia molto diversa. «Allora avevamo un settore che ha risentito della crisi, quello delle manutenzioni edili e della realizzazione di giardini. Sul resto delle attività non abbiamo avuto grossi problemi, se non nei primi mesi. Già allora la cooperazione diede prova di essere più rapida nell’adattarsi. Adesso stiamo semmai lavorando più di prima per ripensare come potremo e dovremo essere da qui a due o tre anni».

GRAFICO patrimonio, redditività e indebitamento delle cooperative sociali – fonte Osservatorio UBI BANCA su Finanza e Terzo Settore, 2019

Criticità e opportunità

La pandemia ha infatti messo in risalto una serie di criticità sia per Cascina Clarabella che per altri soggetti dell’economia civileVisione generale dell’economia basata sui principi di reciprocità e solidarietà che si pone come alternativa all’economia di mercato tradizionale in senso capitalistico.Approfondisci. Innanzitutto quella della carenza di infrastrutture informatiche e della necessità di competenze e formazione degli operatori. Trovarsi da un giorno all’altro a decidere di non far venire più in ufficio i lavoratori è stato un trauma organizzativo. Inevitabili, almeno inizialmente, soluzioni di fortuna e grande disponibilità del personale. Ma non tutto il male viene per nuocere, talvolta.

«Questa situazione lascerà in eredità un cambio di visione. E lo smart working sarà senz’altro una delle formule di lavoro con cui proseguiremo anche in futuro».

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