Armi nucleari e chi le finanzia: il nuovo rapporto Don’t Bank on the Bomb
Continuano a essere stretti i legami tra il mondo finanziario e i produttori di armi nucleari, lo rivela un rapporto redatto da Pax e ICAN
343 miliardi di dollari in prestiti e altri servizi finanziari erogati tra gennaio 2021 e agosto 2023. 477 miliardi di dollari investiti in azioni e obbligazioni. Cala leggermente il numero di imprese finanziarie coinvolte, passando dalle 306 del precedente rapporto alle 287 attuali. Ma continuano a essere molto stretti i legami tra il mondo finanziario e i produttori di armi nucleari.
Sono questi alcuni dei risultati principali della nuova edizione della ricerca Don’t Bank on the Bomb curata come sempre dall’organizzazione olandese Pax e da ICAN, la campagna internazionale per l’abolizione delle armi atomiche, vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 2017.
Nel rapporto sono analizzati i produttori di armi o di componenti di armi nucleari
Vengono esaminate 24 imprese produttrici di armi o componenti di armi nucleari e i loro rapporti con banche, fondi pensione, assicurazioni, gestori di fondi e altre società finanziarie. Le imprese monitorate sono coinvolte in diverse produzioni, spesso sia militari sia civili, e non è quindi detto che la totalità dei capitali apportati da una banca o da un fondo finiscano esclusivamente verso la produzione di armi nucleari. Tuttavia, come ricordano i ricercatori, «il finanziamento di un’impresa generalmente sostiene l’impresa nella sua interezza, collegando così l’istituto finanziario alla sua attività complessiva. È impossibile garantire che i fondi forniti non facilitino la produzione di armi nucleari, poiché quelli forniti da finanziatori o sottoscrittori di obbligazioni tendono a liberare altri flussi di capitale che le aziende possono utilizzare a loro discrezione».
I ricercatori ricordano come il settore sia caratterizzato da pochissima trasparenza, e manchino informazioni ufficiali sull’uso, la produzione, il trasferimento e lo stoccaggio delle armi nucleari. Ciò malgrado il rapporto riesce a analizzare nel dettaglio i rapporti finanziari delle principali aziende che «forniscono componenti o servizi chiave che contribuiscono alle attività vietate dal Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, inclusi lo sviluppo, il test, la produzione, la fabbricazione, il possesso, lo stoccaggio o uso delle armi nucleari». Questa definizione comprende quindi imprese che sviluppano e producono missili, testate o sistemi di lancio che possono essere usati per armi nucleari.
Tra le 24 imprese analizzate anche l’italiana Leonardo
È anche in base a tali parametri che anche quest’anno, tra le 24 imprese analizzate, compare l’italiana Leonardo. Da diversi anni Fondazione Finanza Etica svolge attività di azionariato critico nei confronti dell’impresa italiana, cercando un confronto e intervenendo in assemblea per porre domande sui comportamenti dell’azienda.
Un modo per migliorare la trasparenza e la responsabilità delle imprese e che evidentemente da fastidio, se è vero che il governo ha deciso che le assemblee si possano svolgere a porte chiuse. Una decisione che era stata presa durante l’emergenza Covid ma che è stata prorogata e confermata. E che limita pesantemente i diritti degli azionisti che non possono più partecipare direttamente alle assemblee ma devono limitarsi all’invio di domande scritte.
Malgrado tali limiti la Fondazione ha nuovamente posto diverse domande a Leonardo, in particolare proprio riguardo il suo coinvolgimento nel settore delle armi nucleari. E anche quest’anno Fondazione denuncia come le risposte da parte dell’impresa siano state reticenti ed evasive. Leonardo infatti partecipa al programma francese ASMP-A, ovvero un missile a capacità nucleare prodotto da MBDA. Ma ha sostenuto in risposta alle domande della Fondazione che il progetto sia “french eyes only”, ovvero con attività interamente svolte in Francia. In pratica, «Leonardo sostanzialmente ammette di non sapere niente di quello che il consorzio di cui fa parte con il 25% produce».
Il rapporto analizza solo la finanza privata
Una posizione che evidentemente non ha convinto nemmeno Pax e ICAN. Che anche nella nuova edizione della ricerca Don’t Bank on the Bomb hanno incluso Leonardo tra le imprese coinvolte in armamenti nucleari. Impresa, è bene ricordarlo, nella quale il nostro governo detiene una solida maggioranza con poco più del 30% del capitale azionario.
È una questione fondamentale. Il rapporto considera unicamente il sostegno della finanza privata al settore delle armi nucleari. Ma ricorda come per molte imprese la finanza pubblica sia spesso almeno altrettanto importante. Un aspetto che dovremmo ricordare tutti noi cittadini italiani, che tramite la partecipazione azionaria del governo in Leonardo siamo di fatto coinvolti nella produzione del più micidiale strumento di morte mai concepito dall’uomo.