NFT, uragano sull’arte, tra bolla e nuovo mercato
Gli NFT, certificati di autenticità basati sulla blockchain trasformano il mercato dell'arte, digitale e non. Prefigurando profitti milionari
Gli NFT, i cosiddetti non-fungible tokens, hanno spalancato all’arte digitale opportunità di remunerazione inedite. Come dimostra in maniera fragorosa la vendita per quasi 70 milioni di dollari del mosaico Beeple a un’asta di Christie’s nel marzo 2021. Ma questa notizia è solo la vistosa punta dell’iceberg nel dibattito globale sul binomio tra il settore dell’arte e i “certificati immateriali” di autenticità che sfruttano la tracciabilità della blockchain e vengono commerciati spesso in criptovaluta. Cioè in Bitcoin, Ethereum…
Tutto si spiega
Cosa sono gli NFT, i “certificati digitali di unicità” che valgono oro
A cosa servono e come funzionano i “non-fungible token” (NFT), certificati digitali che possono valere milioni di dollari
L’uragano NFT – se non si sgonfierà troppo in fretta – cambierà perciò il lavoro di molti artisti, e impatterà sul management e la fruizione delle opere d’arte. Di più. Potrebbe modificare l’idea stessa di valore artistico che il pubblico conserva e i parametri per la sua definizione. Fino a contagiare anche campi meno creativi, tutti proiettati verso l’imitazione di un modello di mercato che sta mostrando potenzialità economico-finanziarie e funzioni da sviluppare. È già nata, per esempio, una società non-profit che mette sul mercato NFT per finanziare progetti solidali. E chi vieta, un domani, che l’autenticità di un passaporto sia garantita tramite non-fungible tokens?
NFT, arte e non solo a cavallo della bolla
E allora, che riteniate o meno arte con la “A” maiuscola il Nyan Cat (il cui NFT è stato venduto per circa 470mila euro di controvalore), la presunta bolla fa gola a tanti. La supermodella e star dei social network Emily Ratajkowsky, ad esempio, proprio domani, 14 maggio 2021, mette all’asta l’NFT di un suo tweet, pardon, della sua prima creazione d’arte concettuale digitale.
Un’operazione che transita, come già quella di Beeple, dalla potentissima casa d’aste britannica Christie’s che, così facendo, investe con decisione sulle opere “tokenizzate”. Ma la tecnologia NFT è stata impiegata anche, più prosaicamente, per certificare dei contenuti video in accompagnamento alla vendita di una celebre auto sportiva del cinema.
L’arte di domani? Virale e democratica, grazie agli NFT
La questione (epocale?) è: l’arcinoto e strapagato meme Disaster Girl e, chissà, il tweet di Ratajkowsky saranno l’arte classica di domani? E poi. Avvicineranno i ragazzi al prodotto artistico grazie alla consonanza di linguaggi o, squalificandolo, ne incentiveranno il rigetto, se avranno il sopravvento? Di certo introducono subito nel mercato dell’arte il valore della viralità misurabile e traducibile economicamente. Come sottolinea Alessandro Carnevale, millennial e noto volto tv ma, soprattutto, artista riconosciuto e conoscitore della fenomenologia NFT e della digital art.
Cosa sono gli NFT?«Assistiamo – afferma Carnevale – a un fatto molto importante in un epoca di influencer dove il numero di followers, di “mi piace”, incide anche sul mondo analogico». E, mentre ricordiamo sul tema l’inquietante episodio «Nosedive» di Black Mirror, Carnevale precisa: «È la prova definitiva che ci stiamo muovendo in un orizzonte nel quale la visibilità avrà un valore specifico che può essere espresso dagli NFT». E così l’opera digitale replicata su milioni di computer incrementa per ciò stesso il controvalore dell’NFT dell’originale.
Carnevale, tuttavia, sottolinea anche il valore di democrazia che un’arte prodotta, diffusa e commerciata online e tramite media accessibili a (quasi) tutti porta con sé. Ma avverte del rischio che, per la sua necessità virale, venga votata a semplificazione e sensazionalismo. E ci ricorda che la tecnologia dà, ma – anche – toglie. Perché non permette di valutare la pennellata. E «un disegno realizzato con un programma informatico è comunque frutto di una intermediazione digitale che appiattisce qualsiasi cifra stilistica».
Artisti e operatori inseguono il mercato digital
Ciononostante il processo è in corso. Le gallerie con una sede fisica adeguano spazi espositivi e canali di vendita ai nuovi formati immateriali. Benché, grazie al fiorire di piattaforme Web, aperte o curatoriali, dedicate, sia sempre più spesso l’artista a lanciare direttamente (“droppare”) le sue opere nel mondo. E poi a seguire le transazioni in criptovaluta (da cui la denominazione di cryptoart).
Molti artisti si stanno gettando a capofitto sugli NFT e l’arte digitale. Per motivi economici, naturalmente, visti i profitti da capogiro rimbalzati sui media. Ma non solo. Creare al computer permette una sperimentazione espressiva quasi senza limiti e abbatte i costi tradizionali imposti dal mantenimento di un laboratorio artistico, dalla movimentazione delle opere…
Tipica dell’arte digitale, che spesso genera installazioni e richiede l’unione di tecniche e tecnologie diverse, è poi la creazione di collaborazioni tra artisti. Molti di loro – per età e formazione – sono provenienti dal mondo del gaming, della grafica, del marketing. D’altra parte, per chi nativo digitale non è, servono nuove competenze informatiche, software e hardware professionali costosi.
Siamo perciò di fronte a un mix di esperienze in evoluzione che si sta diffondendo anche in Italia grazie a gruppi artistici come quello degli Hackatao. E, sulla loro scia, con l’esempio di autori in convinta transizione, come il veronese Giovanni Motta che in un’intervista recente affermava: «La cryptoarte è stato un uragano nella mia vita […] L’arte classica potrebbe diventare vintage».
NFT per il diritto di seguito e contro il mercato sommerso
«L’NFT è composto da due stringhe: una collegata al file dell’opera e una alla blockchain che, in un certo senso, permette di metterla in una piccola cassaforte virtuale. Così chi acquista l’opera e l’artista sono certi che sia originale». E queste caratteristiche potrebbero rendere in futuro l’NFT «un modo di fare mercato ma anche di garantire il mercato stesso», e non solo quello dell’arte digitale. Un mercato che sempre più interessa le strategie di investimento di fondi bancari importanti (vedi ad esempio l’attività della svizzera UBS, grande sponsor di Art Basel).
Igor Zanti sugli NFT: la comunicazione e le banche nell’arteL’opinione, autorevole, è quella di Igor Zanti, direttore dello IED di Firenze e nel cda dell’accademia di belle arti Aldo Galli di Como. Zanti innanzitutto sottolinea che la recente esplosione mediatica del tema “NFT e arte digitale” riguarda forme artistiche in evoluzione almeno dagli anni ’80 e tecnologie (la blockchain) da tempo monitorate per risolvere il problema dei falsi e gli effetti della riproducibilità. Ma, tra i tanti temi, evidenzia quello del diritto di seguito, fondamentale per remunerare gli artisti e i protagonisti del mercato secondario delle opere.
Igor Zanti sugli NFT: il sommerso nel mercato dell’arte e il diritto di seguito garantito dalla blockchain«In teoria – conclude Zanti – per tutta la vita dell’artista, e per anni dopo a vantaggio degli eredi, esiste un diritto di seguito esigibile sulla rivendita delle opere, cioè una percentuale del surplus maturato ad ogni passaggio di mano. Solo che questo tipo di diritto è difficilmente controllabile, specialmente se le vendite avvengono per forma privata. C’è un sommerso nella vendita dell’arte che credo sia pari all’80% dei fatturati, che però la legge italiana non intercetta perché non consente di scaricare l’investimento in un’opera d’arte, cosa che indurrebbe chi vende a emettere fattura». Grazie alla tracciabilità delle transazioni, garantita dalla blockchain, gli NFT possono ovviare a questa lacuna.