Dalle grandi banche 4.600 miliardi alle fossili in sei anni

4.600 miliardi di dollari, soltanto dal 2016 ad oggi. È la cifra stratosferica concessa da 60 banche a chi sfrutta petrolio, carbone e gas

La siccità è una delle conseguenze più drammatiche dei cambiamenti climatici © piyaset/iStockPhoto

4.600 miliardi di dollari in soli sei anni. È la cifra stratosferica che le 60 più grandi banche del mondo hanno concesso al settore delle fonti fossili. A rivelarlo è il nuovo rapporto Banking on Climate Chaos, curato da sei organizzazioni non governative: Rainforest Action Network, BankTrack, Sierra Club, Indigenous Environmental Network, Oil Change International e Reclaim Finance.

Il documento conferma come il mondo della finanza continui imperterrito a sostenere carbone, petrolio e gas. Anche dopo il raggiungimento dell’Accordo di Parigi del 2015, con il quale il mondo si è impegnato ad operare un abbassamento drastico delle emissioni di gas ad effetto serra. Con l’obiettivo di mantenere la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 2 gradi centigradi, entro la fine del secolo, e rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi

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Il finanziamento delle fonti fossili da parte delle 60 principali banche dal 2016 al 2021

750 miliardi solo nel 2021

Secondo il rapporto, soltanto nel 2021 nelle casse delle aziende legate al settore delle fossili sono finiti 750 miliardi. «Anche in un anno nel quale numerosi soggetti hanno avanzato impegni di azzeramento, a termine, delle emissioni di gas ad effetto serra, la finanza continua con un business as usual che ci sta portando alla catastrofe climatica», spiegano gli autori del documento. E se i finanziamento nel 2021 sembrano essersi «stabilizzati», rimangono ancora «a livelli superiori rispetto al 2016, primo anno successivo all’adozione dell’Accordo di Parigi». 

peggiori banche dall'accordo di Parigi
Le dodici peggiori banche per finanziamento alle fonti fossili tra il 2016 e il 2021

Il flusso di finanziamenti continua ad arrivare principalmente, come evidenziato già nelle prime edizioni del rapporto, dalle banche americane. In particolare JPMorgan Chase, Citigroup, Wells Fargo e Bank of America. Tali quattro istituti di credito, da soli, coprono un quarto dei capitali in questione, nell’arco dei sei anni presi in considerazione. Al quinto posto figura la canadese Royal Bank of Canada. Mentre gli istituti peggiori in Europa e in Giappone sono, rispettivamente, Barclays e MUFG. E non mancano le “solite” banche italiane: Unicredit e Intesa Sanpaolo.Ma a preoccupare non sono soltanto i dati in assoluto.

Le banche in questione, soltanto nel 2021, hanno infatti concesso 185,5 miliardi alle cento aziende che investono in progetti di espansione del settore fossile. Si tratta di colossi come Saudi Aramco e ExxonMobil. Che potranno così aprire nuovi giacimenti, nuove miniere, nuovi impianti. Una situazione totalmente incompatibile con gli obiettivi climatici che si è fissata la comunità internazionale. 

I settori finanziati dalle banche

Il rapporto Banking on Climate Chaos precisa anche in quali settori si siano concentrati i business delle grandi banche. Che non hanno escluso alcun asset, neppure quelli notoriamente deleteri per il clima. È il caso, ad esempio, delle sabbie bituminose dalle quali si estrae petrolio principalmente nella provincia canadese dell’Alberta. Ma anche della regione artica, nella quale alle questioni legate alle emissioni di gas ad effetto serra si affiancano anche i rischi di potenziali catastrofi ambientali. Poiché un incidente a quelle latitudini non potrebbe che risultare disastroso. 

Inoltre, gli istituti di credito non hanno escluso neppure il fracking, ovvero la fatturazione idraulica per lo sfruttamento di gas e petrolio da scisto. Accusata di contaminare le falde acquifere e di produrre terremoti. O ancora le trivellazioni offshore. Nel frattempo, solo poche banche hanno adottato, in modo parziale, politiche volte al cambiamento. La Banque Postale, Nordea e Intesa Sanpaolo, ad esempio, hanno deciso di bloccare i finanziamenti ad alcune compagnie che ancora oggi vogliono avviare nuovi progetti legati al carbone. Ma si tratta di impegni puntuali e non di azioni generali da parte di un mondo, quello della finanza, dalle cui scelte dipenderà buona parte del futuro del Pianeta


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