BNP Paribas è la prima banca citata in giudizio per inazione climatica

BNP Paribas è la prima banca in Europa per sostegno economico ai combustibili fossili. 4 associazioni e 600 scienziati le hanno fatto causa

Una manifestazione della campagna "L'affaire BNP Paribas" © L'affaire BNP Paribas

BNP Paribas è diventata la prima banca ad essere citata in giudizio per il suo finanziamento alle energie fossili. L’azione legale è stata intentata da quattro associazioni francesi che, dopo averlo annunciato a ottobre 2022, alla fine di febbraio hanno depositato una denuncia contro la banca. Accusata di non aver fatto abbastanza per contrastare il cambiamento climatico. 

Le associazioni Notre affaire à tous, Oxfam e Les Amis de la terre, hanno avviato l’azione legale giovedì 23 febbraio. Chiedendo che il colosso bancario sia condannato a pagare un risarcimento di 1,7 miliardi di euro per il danno causato alle persone e all’ambiente.

600 scienziati si uniscono contro BNP

Dopo la condanna per “inazione climatica” comminata al governo francese e dopo il processo contro TotalEnergies per il suo mega progetto petrolifero in Uganda e Tanzania, le ong ora spingono per il primo processo a un istituto finanziario. A dare man forte alle associazioni ci sono 600 scienziati che chiedono alla banca di impegnarsi maggiormente nella lotta contro i cambiamenti climatici. Sottolineando in una lettera aperta il ruolo di rilievo che la BNP Paribas ha nel settore bancario mondiale e l’enorme potere che essa detiene nell’influenzare le decisioni economiche e politiche. 

In sintesi, gli scienziati chiedono la stessa cosa della società civile: un invito alla banca a considerare le conseguenze a lungo termine delle sue decisioni di investimento e a intraprendere azioni concrete per ridurre l’impatto ambientale delle sue attività finanziarie.

BNP Paribas, prima in Europa per sostegno ai fossili

Sarà un tribunale di Parigi a calendarizzare il processo. Intanto, come riportato dal quotidiano Le Monde, le associazioni si appellano alla legge sulla vigilanza che dal 2017 obbliga le grandi imprese francesi a prevenire i rischi ambientali e a rispettare i diritti umani, in loco così come lungo la propria filiera di approvvigionamento. In questo senso, il sostegno finanziario alle attività di estrazione dei combustibili fossili è in palese contraddizione con quanto stabilito dalla legge. «Il settore finanziario ha un’enorme responsabilità collettiva nel permettere il rispetto degli accordi di Parigi», ha dichiarato Justine Ripoll di Notre affaire à tous.

Ma perché citare in giudizio proprio BNP Paribas? Perché la banca francese è la prima in Europa in termini di sostegno all’espansione di progetti legati ai combustibili fossili. Tra il 2016 e il 2021, ha concesso quasi 52 miliardi di euro sotto forma di prestiti o attraverso l’emissione di azioni e obbligazioni alle major del petrolio e del gas. Tra cui TotalEnergies, British Petroleum e Shell. 

Come già sostenuto dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) nel 2021, è necessario che tutti i soggetti, soprattutto quelli più grandi, cessino di estrarre combustibili fossili se vogliamo avere qualche chance di mantenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi (ad oggi siamo già oltre gli 1,1 gradi di aumento). E puntare all’azzeramento delle emissioni nette di CO2 (la cosiddetta carbon neutrality) entro il 2050. 

Nessuna Big Oil ha ancora abbandonato il settore

In generale, BNP Paribas ha sempre affermato di essere già impegnata nel ridurre il suo sostegno alle attività legate ai combustibili fossili. Così come raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. 

Eppure, il 24 gennaio 2023, ha risposto alle accuse delle associazioni spiegando che «a oggi, nessuna grande impresa del settore petrolifero e del gas ha scelto di interrompere lo sviluppo di tali progetti». Porre fine ai finanziamenti «equivarrebbe a cessare tutte le forme di finanziamento alle imprese di settore, che rivestono un ruolo centrale nell’approvvigionamento energetico dell’Europa». 

La banca ricorda agli attivisti si essere stata la prima a uscire dai progetti legati al carbone e di aver già avviato l’uscita anche dal settore del petrolio. Ha comunicato in particolare che ridurrà dell’80% i finanziamenti nell’estrazione di petrolio, che a oggi rappresentano, ancora, 5 miliardi di euro di interventi. Sul gas, invece, i traguardi sono meno ambiziosi: si parla di una riduzione del 30% entro il 2030. 

BNP-Paribas
Una sede di BNP Paribas in Canada © Can Pac Swire/Flickr

Gli obiettivi di BNP sono insufficienti

Per gli attivisti si tratta però di obiettivi insufficienti. «Un prestito accordato oggi a un progetto fossile continuerà a inquinare ben dopo il 2030», spiegano. Inoltre, sempre secondo le associazioni, lo stesso impegno non esiste sul fronte di azioni e obbligazioni: il 6 febbraio, BNP Paribas insieme alle americane Citigroup e JP Morgan, ha emesso un bond del valore di 2,5 miliardi di dollari per finanziare un progetto del colosso petrolifero BP relativo all’estrazione di gas. Che produrrà le stesse emissioni di sei centrali a carbone messe insieme. 

«È la prova che BNP non ha intenzione di cambiare», dicono le associazioni, che allo stesso tempo ricordano che ci sono istituti bancari che stanno dimostrando la fattibilità di slegarsi dai combustibili fossili: la Banque Postale, ente bancario a capitale pubblico, ha cominciato nel 2021 a liquidare i suoi asset (1,2 miliardi di euro) legati alle energie fossili e continuerà fino al 2030.