O la borsa o la Juve. Come scompare un cognome dall’elenco telefonico

Ogni settimana il commento di Luca Pisapia sugli intrecci tra finanza e calcio

Il presidente della Juventus Andrea Agnelli © Paolo Giandotti/Wikimedia Commons

Gli ultimi sviluppi sul caso delle plusvalenze della Juventus rischiano di provocare un cambio epocale, con la sparizione dagli elenchi telefonici del Paese di uno dei cognomi fondativi del Novecento italiano. Se fino a ieri tutti, a partire dal presidente federale Gravina, si prodigavano nel ripetere che dal punto di vista sportivo il club bianconero non rischiava nulla, oggi qualcosa è cambiato.

Lo dimostra l’ingresso in campo della Consob, l’autorità di vigilanza del mercato azionario, cui non interessa nulla che nel calcio così fan tutti: la Juventus dal 2001 è quotata in Borsa, e quindi deve rispondere non solo alla giustizia sportiva e a quella ordinaria, ma anche agli azionisti. Eventuali illeciti sarebbero fattore d’interesse, positivo o negativo, per i portafogli di migliaia di investitori, di chi ha le azioni della Juve e di chi non le ha. Se fosse infatti dimostrato che nei bilanci delle stagioni 2019, 2020 e 2021 – su cui si concentra l’inchiesta “Prisma” della Procura di Torino – i famosi 282 milioni di plusvalenze sui 322 milioni contabilizzati fossero serviti a coprire perdite ben più ingenti di quelle dichiarate, ecco chi si configurerebbe un reato finanziario di dimensioni abbastanza grosse.

La Juve continuerebbe quindi a non rischiare nulla dal punto di vista sportivo per avere comprato e venduto giocatori sconosciuti a prezzi forse gonfiati, prendendo in giro mezzo calcio italiano (l’altra metà faceva uguale), ma i suoi dirigenti potrebbero rischiare fino a dieci anni di galera per avere ingannato il mercato finanziario. E a rischio, comunque vada, non saranno solo i soliti sacrificabili. Lo è già la presidenza di Andrea Agnelli, quella dei nove scudetti di fila.

Il bilancio della Juve finisce infatti dritto-dritto nel bilancio consolidato di Exor, la holding delle famiglie Elkann e Agnelli (il cui chairman e ad è John Elkann) che insieme a parte di Stellantis, Cnh Industrial, Ferrari, Gedi e altre quisquilie e pinzillacchere assortite, detiene il 64% del club bianconero. Mettere in crisi una controllante con una capitalizzazione da 17 miliardi e un fatturato da 120 miliardi per 18 milioni messi a bilancio nell’affare Rovella, la madre di tutte le plusvalenze, è troppo anche se il capo è tuo cugino. E a leggere la vicenda tra le righe degli articoli pubblicati da La Stampa, quotidiano di proprietà Gedi (ovvero Exor), sembra proprio che l’ultimo rampollo del declinante cognome Agnelli non goda della stima, per usare un eufemismo, del primo rampollo dell’ascendente cognome Elkann. A risentirne potrebbero essere gli elenchi telefonici.