NFT: carta d’identità digitale anche per case e automobili?
NFT come carta d'identità digitale del futuro, smart contract e blockchain nel mirino della legge. Una rivoluzione di trasparenza che potrebbe uccidere la SIAE
Sappiamo che gli NFT (i non-fungible tokens) sono dei certificati di autenticità digitali balzati agli onori delle cronache solo negli ultimi mesi. Ne abbiamo conosciuto caratteristiche e funzioni principali, per ora soprattutto applicate all’arte e ai prodotti digitali della creatività. E sappiamo quanti milioni di euro smuove già il loro mercato (in crescita).
Ma resta da capire se, e come, vengono inquadrati dal punto di vista della legge. Quella italiana, naturalmente, ma anche europea e globale. E soprattutto, se continuerà il loro successo tanto da renderli uno strumento pratico anche al di fuori delle élite tecnologiche, come potranno entrare nelle nostre vite? Molti sono convinti che potranno servire come una sorta di carta d’identità digitale, legata indissolubilmente alla storia di una casa o un’automobile.
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Di questo avviso sembra ad esempio Eleonora Chielli, avvocato cassazionista. «Già si ipotizza l’utilizzo della tecnologia blockchain riguardo i beni immobili – ci dice -beni che per definizione sono ancorati alla loro fisicità, per i quali gli NFT potrebbero agevolare non solo una serie di verifiche relative al bene, ma anche a vincoli o caratteristiche giuridiche rilevanti. Dal punto di vista teorico e potenziale l’impiego degli NFT potrebbe essere il più vario, ma l’applicazione va valutata e bilanciata sull’effettiva praticità. Il fatto che, tendenzialmente e salvo eccezioni, siano tecnologie energivore e che non si sappia come possano essere conservate e disciplinate a lungo termine, apre delle problematiche ulteriori da affrontare».
Fatto sta che il legislatore italiano, pur senza stabilire ancora una disciplina giuridica specifica degli NFT, si è mosso tra i primi in Europa su questo terreno. In particolare definendo il cosiddetto smart contract collegato agli NFT, ipotizzandone gli effetti sulla base di principi generali.
«Già nel 2018 – precisa Eleonora Chielli – con un decreto legge poi convertito in legge, ha previsto la definizione di tecnologie e protocolli informatici, adeguandosi al Regolamento Europeo n. 910/2014. E predisponendo la possibilità di efficacia all’interno del territorio europeo di queste tecnologie e le loro conseguenze giuridiche. Così come avviene per la firma digitale, che è entrata in maniera pregnante nella vita operativa e giuridica del nostro ordinamento».
NFT: più certezze in giudizio, ma troppe questioni aperte
Le “cripto-attività” sono, insomma, nei pensieri di Bruxelles. E, in vista di qualsiasi accertamento e processo, è alto l’interesse di avvocati e giuristi per la tecnologia blockchain e il “contratto intelligente” (lo smart contract succitato) per diversi motivi, incluso il potenziale risparmio di tempo e costi.
I dati contenuti nei vari blocchi risultano, infatti, immuni da modifiche e da corruzione. E la certezza di giudizio relativamente ad un contratto del genere, che elimina gli intermediari successivi alla sua progettazione, non risulterebbe interpretabile. Tanto più che il Decreto Semplificazioni evidenzia come «l’utilizzo di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica». Che è riconosciuta in tutti gli Stati membri della Ue.
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L’attenzione delle istituzioni europee per l’universo NFT, d’altra parte, è naturalmente stimolata da quella di numerosi soggetti economici. E non poteva che coinvolgere anche le massime autorità finanziarie. Da qui il parere della BCE, che vuole un quadro armonizzato a livello dell’Unione. Ma le questioni aperte sul piano fiscale-tributario e giuridico in generale sono ancora molte. E altrettante le domande senza risposta riguardo aspetti come l’applicabilità del diritto di recesso, il rispetto della privacy, l’attribuzione geografica del possesso di opere digitali.
La disintermediazione degli NFT e il (potenziale) suicidio della SIAE
In ogni caso c’è chi è convinto dell’ineluttabile avanzata di queste tecnologie. E ci investe, anche a costo di finirne fagocitato. «La SIAE – ricorda ancora l’avvocato Chielli – sta creando un database proprio utilizzando la tecnologia NFT, per garantire in un futuro la gestione decentralizzata dei diritti degli artisti».
Con un comunicato di fine marzo 2021, infatti, la SIAE annunciava di aver creato più di 4 milioni di NFT. «Rappresenteranno digitalmente i diritti degli oltre 95mila autori associati. Un registro pubblico decentralizzato e trasparente che li rappresenta. Il primo mattone necessario a costruire un’infrastruttura open che tuteli a 360° il diritto d’autore, così come immaginato per il futuro nella vision di SIAE». Si tratta della realizzazione pratica di quanto previsto dal decreto Semplificazioni, attuata sulla piattaforma blockchain di Algorand.
La SIAE, in poche parole, si sta attrezzando per essere comunque parte in causa, quanto meno in funzione di servizio e supporto, nella gestione dei diritti dei suoi artisti. Una scommessa che cerca di anticipare gli effetti di disintermediazione che una tecnologia pressoché peer-to-peer come l’NFT potrebbe portare. Gli autori di prodotti artistici, infatti, grazie alla blockchain potrebbero già ora certificare digitalmente in autonomia i propri diritti sulle opere. La SIAE, consapevole del rischio che corre di non essere più indispensabile, punta così a ritagliarsi uno spazio al passo coi tempi che le garantisca continuità.