Cattura di CO2, il sistema “miracoloso” e ultra-energivoro di Shell
Secondo un report di Shell, gli impianti per la cattura di CO2 richiederanno, da qui al 2100, 18.300 terawattora di energia all'anno
Immaginate che il mondo decida di puntare fortemente sulle tecnologie di carbon capture, ovvero quelle in grado di catturare la CO2. Ciò al fine di eliminarla dall’atmosfera e stoccarla in modo permanente. E riesca a sviluppare un sistema in grado di assorbire più di cinque miliardi di tonnellate di biossido di cabonio all’anno.
Il sistema di chiama “DAC”: Direct Air Capture. E promette, dopo aver superato per breve tempo 1,5 gradi centigradi verso la metà del secolo, di far retrocedere il riscaldamento globale. Facendo scendere la temperatura media globale a circa 1,24 gradi entro il 2100 (a patto di abbattere al contempo, drasticamente, l’uso di combustibili fossili).
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Raccontata così sembra un’ottima notizia: restano necessari grossi sforzi per diminuire le emissioni, certo. Ma per prima cosa non c’è bisogno di azzerarle. E poi ci vorrà molto meno tempo del previsto per curare le ferite che si sono aperte e si apriranno in questi decenni.
Per alimentare il sistema di Shell servirebbe l’energia necessaria per scaldare tutte le case del mondo
Questo scenario è stato proposto dalla major del petrolio Shell. Secondo le ricerche della stessa multinazionale anglo-olandese, però, questo sistema “miracoloso” avrà bisogno di tantissima energia per funzionare. Si tratterebbe di una sorta di immenso condizionatore per raffreddare l’atmosfera. E, per raggiungere quei cinque miliardi di tonnellate all’anno, arriverebbe a un fabbisogno di quasi 18.300 terawattora (TWh), nel 2100.
Si tratta dell’energia necessaria per catturare l’aria, filtrare la CO2 attraverso dei solventi e stoccarla nel sottosuolo. Per esempio all’interno di ex giacimenti petroliferi, come racconta il responsabile della sostenibilità della California Resources Corp su Climate Change News. «L’aria dell’atmosfera viene prima privata della CO2. Quindi rilasciata nuovamente nell’atmosfera, mentre la CO2 catturata può essere stoccata in modo permanente nel sottosuolo. O riutilizzata come materia prima, ad esempio, nella produzione di prodotti chimici elettronici o di carburanti elettronici», viene spiegato sul sito di Shell.
Essendo oggi una tecnologia praticamente inutilizzata si tratterebbe di un aumento netto di richiesta di energia da 0 a 18.300 terawattora. Secondo il rapporto di Shell, questa cifra sarebbe superiore all’energia oggi necessaria per riscaldare e alimentare tutte le case del mondo. Un peso non indifferente se pensiamo che nel 2022 le energie rinnovabili a livello globale coprivano il 12% del fabbisogno totale. Ci vorrà già un bello sforzo per arrivare a coprire più o meno tutta l’energia richiesta attraverso le rinnovabili. E perché questo sia possibile, sarà necessario stesso tempo lavorare sodo perché questo totale diminuisca ampiamente. Quel +18.300 TWh, insomma, potrebbe essere molto faticoso da coprire.
Il rischio di voler perpetuare lo sfruttamento delle fossili
Magari in futuro questa tecnologia diventerà meno energivora, ma per il momento è difficile dirlo. Intanto il governo degli Stati Uniti ha investito 3,5 miliardi di dollari in impianti di aspirazione di anidride carbonica, la Gran Bretagna ha promesso 100 milioni di sterline e il gigante petrolifero statunitense Occidental Petroleum Corp. ha già iniziato a costruire quello che sarà il più grande impianto di rimozione di CO2 al mondo.
Nel luglio 2023 Shell ha avviato la costruzione di un’unità dimostrativa su scala industriale per testare la fattibilità tecnica e le prestazioni del processo DAC . L’impianto sarà collocato presso lo Shell Technology Center Houston in Texas e l’avvio è previsto per il 2025. L’obiettivo è dimostrare l’efficacia della tecnologia DAC di Shell su più scala.
Non si parla però dei costi ambientali in termini di occupazione di suolo e soprattutto estrazione di risorse necessari per alimentare il corrispettivo di tutte le case del mondo in più rispetto al fabbisogno di oggi – già sufficientemente alto.