Clima, il Parlamento europeo punta sugli “stress test”. Cosa sono e come funzionano
Il Parlamento europeo ha approvato l’introduzione di stress test climatici per comprendere il grado di resilienza delle opere finanziate da Bruxelles.
Mercoledì 7 ottobre il Parlamento europeo ha approvato i nuovi obiettivi climatici ai quali dovrebbe puntare d’ora in poi dell’Unione europea. Il condizionale è d’obbligo, poiché la parola ora passa ai governi. Tuttavia, il messaggio giunto dai deputati è inequivocabile. Ad oggi, infatti, l’Unione europea prevede di ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra del 40%, entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Ciò nell’ottica di raggiungere la “carbon neutrality” (l’azzeramento delle emissioni nette di CO2) entro il 2050.
L’Europarlamento chiede una riduzione delle emissioni del 60% entro il 2030
Nella propria proposta di revisione della legge europea sul clima, la Commissione di Bruxelles aveva proposto di aumentare tale obiettivo ad “almeno il 55%”. Gli eurodeputati hanno però deciso di renderlo ancora più ambizioso. Approvando una riduzione delle emissioni del 60% entro il 2030. E precisando che gli obiettivi di ciascuna nazione dovranno essere a loro volta incrementati. Mantenendo un principio di equità ed efficienza in termini di costi.
Secondo il Parlamento europeo, inoltre, la Commissione dovrà indicare anche un ulteriore obiettivo intermedio (per il 2040). Ciò al fine di garantire che l’Ue sia davvero sulla buona strada per raggiungere l’azzeramento nel 2050. Più concretamente, gli eurodeputati chiedono che gli Stati membri eliminino gradualmente tutte le sovvenzioni dirette e indirette ai combustibili fossili. Ciò entro il 31 dicembre 2025.
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Con gli stress test si vuole comprendere il grado di resilienza delle grandi opere
Per quanto politicamente importanti, come detto, le indicazioni del Parlamento dovranno essere confermate dai governi dei Ventisette. Ai quali spetta di fatto la decisione finale. La maggior parte degli esecutivi, tra l’altro, appare orientata alla prudenza (ovvero al target del 55%). Esattamente come chiesto dalla presidente della Commissione Ursula von Der Leyen. Oggi, giovedì 15 ottobre, e domani, la questione sarà (assieme alla Brexit e ai rapporti con l’Africa) sul tavolo del Consiglio europeo che si tiene a Bruxelles.
Ciò che è passato più in sordina è il fatto che nell’ambito della legge sul Clima sono state approvate dall’Europarlamento anche altre misure. In particolare alcuni strumenti di controllo, come nel caso di un sistema che punta ad introdurre degli “stress test” di adattamento ai cambiamenti climatici. In pratica, delle simulazioni che possano far comprendere se i progetti finanziati o cofinanziati dall’Unione europea sono o meno in grado di “reggere” all’impatto del clima.
«Dobbiamo smetterla di stanziare denaro per grandi infrastrutture senza sapere in che modo esse si comporteranno di fronte agli shock climatici», ha spiegato Pascal Canfin, presidente della commissione Ambiente del Parlamento europeo. Proprio il deputato francese è stato il principale promotore dell’emendamento che introduce gli “stress test”. Secondo il quale è assurdo in termini sia ambientali che economici finanziare, ad esempio, la creazione di un collegamento ferroviario, se poi esso deve essere ristrutturato poiché sommerso dalla risalita del livello dei mari.
Presto un Consiglio europeo per i cambiamenti climatici?
L’idea, d’altra parte, era stata anticipata ben sette anni fa dallo stesso Canfin. Sul meccanismo con il quale dovranno essere effettuati gli “stress test” climatici si sa tuttavia ancora poco. Da ciò che è trapelato sulla stampa internazionale, essi dovrebbero ispirarsi a quelli bancari, utilizzati in particolare dopo la crisi finanziaria del 2007-2008 per comprendere la capacità di tenuta di ciascun istituto di fronte ad ipotetici nuovi shock sui mercati. Ci si dovrebbe inoltre concentrare in particolare sulle grandi opere. Soprattutto quelle che vedono coinvolti finanziamenti della Banca europea per gli investimenti (BEI) o fondi strutturali comunitari. Secondo Canfin, in questo modo dovrebbe essere garantita un’ampia “portata” agli stress test. Ciò dal momento che la maggior parte delle grandi opere in Europa dipende anche da fondi provenienti dall’Ue.
Ma il Parlamento europeo ha anche approvato l’introduzione di un altro strumento: il Consiglio europeo per i cambiamenti climatici. Si tratta di un organismo il cui ruolo dovrebbe essere di valutare la compatibilità tra le politiche pubbliche europee e l’obiettivo della “carbon neutrality”. E che dovrebbe bacchettare Bruxelles e Stati membri qualora non si riescano a centrare gli obiettivi intermedi fissati al 2030 (e forse anche al 2040).