I collaboratori del carbone che uccidono il clima
Urgewald/Banktrack: in tre anni le banche hanno investito quasi mezzo trilione di dollari nel carbone. Un assist mortifero al cambiamento climatico
Che il carbone sia il principale killer del clima del Pianeta ed avveleni la vita delle comunità che vivono vicino a centrali elettriche e miniere è risaputo e conclamato. E non è una novità che la resistenza a chiudere gli impianti inquinanti e ad abbandonare i piani futuri per la stessa risorsa venga da quelle società – come il gigante tedesco RWE – e quei governi – Polonia, Turchia e Indonesia, ad esempio – che costruiscono la loro identità e i loro affari sulla polvere nera killer. Ma che il settore finanziario – nonostante la retorica assordante per agire urgentemente contro i cambiamenti climatici e per la sostenibilità – abbia investito ben 478 miliardi di dollari (quasi un terzo del Pil dell’Italia!) per finanziare nuovi impianti a carbone nel mondo negli ultimi tre anni è sconvolgente e ipocrita.
Un fiume di denaro
La comunità scientifica internazionale ha recentemente ammesso che per arrestare il riscaldamento del Pianeta entro 1,5 gradi centigradi bisogna farla finita con il carbone entro il 2030 e solo poche eccezioni possono essere tollerate in seguito. Ma il fiume di denaro investito in nuovi impianti a carbone di fatto getta le basi per aumentare e non diminuire l’uso del carbone a livello globale: 92.000 MW di nuova potenza installata nei soli ultimi tre anni, pari a quasi la potenza di generazione elettrica installata in tutta l’Italia.
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I “collaboratori del carbone”
Lo hanno svelato in occasione degli incontri sul clima di Katowice l’Ong tedesca Urgewald e la rete internazionale BankTrack con il loro rapporto sui “collaboratori del carbone”, dal gioco di parole in inglese coal-laborators. Guidano la lugubre classifica dei finanziatori dell’omicidio del clima le banche giapponesi (Mizuho Financial e Mitsubishi Financial) con più del trenta per cento dei prestiti. L’analisi ha considerato i finanziamenti e gli investimenti nelle 120 società che guidano a livello globale la realizzazione di nuovi impianti coal – pari al 68% della nuova potenza a carbone pianificata di ben 670,000 MW. Le banche cinesi hanno una leadership nella sottoscrizione di nuove azioni e bond per queste aziende top inquinatori. Ma gli investitori istituzionali che detengono in ultima istanza i titoli degli assassini del clima non sono da meno. 140 miliardi di dollari in nuovi investimenti, principalmente da parte di grandi investitori a stelle e strisce.
Banche europee (italiane comprese)
E gli europei, da sempre paladini, a parole, della lotta contro i cambiamenti climatici? Quando si passa dalle parole a contare i soldi la realtà è ben diversa. Il 25 per cento circa dei 478 miliardi di dollari di prestiti viene da banche del Vecchio Continente. Le inglesi HSBC e Standard Chartered primeggiano, ma l’italiana UniCredit è al 22 posto nel ranking mondiale, con 1,071 miliardi di dollari. UniCredit è da sempre molto attiva in Est Europa dove il carbone ancora piace: si pensi al governo polacco che ospita in questi giorni l’assise sul clima e promuove il carbone come combustibile pulito!
Un paradosso economico
Negli ultimi anni, sotto le pressioni della società civile internazionale, diverse banche si sono impegnate a ridurre i loro finanziamenti per specifici progetti a carbone. Salvo poi continuare a finanziare le grandi utility e chi costruisce i nuovi impianti con prestiti di carattere generale e linee di credito varie. Non solo un’ipocrisia ma anche un paradosso economico, visto che diversi analisti hanno dato per spacciato questo sotto-settore elettrico nel lungo termine. E c’è chi ha parlato addirittura di investimenti in stranded assets: attivi incagliati e non recuperabili visto il rischio climatico soppesato dalla comunità finanziaria. Il governo italiano d’altra parte ha deciso di chiudere tutte le centrali a carbone su suolo italico entro il 2025. Peccato che i capitali italiani – che sovranisti non sono – continuino a finanziare la medesima fonte fossile altrove, con buona pace del clima.
Campagna “Fossil-Bank”
La presentazione della ricerca è stata anche l’occasione per presentare la campagna https://www.fossilbanks.org/ sul sito oltre a firmare la petizione per chiedere di interrompere i finanziamenti ai fossili è possibili avere dati aggiornati sui principali attori del mondo della finanza e del credito impegnati a sostenere investimenti “tossici”.
*Responsabile del programma Finanza pubblica di Re:Common