L’impennata dei prezzi spinge il contrabbando di cacao in Costa d’Avorio
Il contrabbando di cacao in Costa d’Avorio minaccia tracciabilità, lavoro e stabilità dei mercati. E alimenta corruzione e speculazione finanziaria
Motociclette che sfrecciano solitarie nella notte, superando di nascosto i confini, stracolme di sacchi da 60 kg di fave di cacao. Ma anche camion che ne trasportano oltre 30 tonnellate a testa. E che attraversano indenni le dogane grazie alla corruzione dei funzionari. Benvenuti lungo le linee di frontiera tra la Costa d’Avorio e i Paesi limitrofi, dove la clamorosa crescita del contrabbando di cacao sta creando seri problemi all’industria agroalimentare, alla tracciabilità dei prodotti e quindi alla loro sicurezza, sia per quello che riguarda le condizioni dei lavoratori sia per quello che poi i consumatori si trovano nel piatto. E, dulcis in fundo, sta creando serissimi problemi anche alla grande finanza che su questi prodotti specula e scommette, stabilendone arbitrariamente i prezzi.
Costa d’Avorio, il boom del contrabbando di cacao
Il tema del contrabbando del cacao dalla Costa d’Avorio è in questo senso paradigmatico. Lo racconta benissimo un lungo reportage di Bloomberg dalla regione di Guémon. La Costa d’Avorio è il maggior produttore mondiale di cacao: insieme al Ghana rappresenta quasi due terzi della produzione mondiale. Ma con l’impennata dei prezzi – addirittura triplicati tra il 2022 e il 2023 quando a dicembre hanno raggiunto i 13mila dollari a tonnellata, prima di scendere ai circa 9mila dollari attuali – ha cominciato ad avere difficoltà.
Il commercio del cacao nel Paese è infatti controllato da un ente regolatore gestito dal governo, il Conseil du Café-Cacao (Ccc), che stabilisce i prezzi. Ma l’attuale prezzo stabilito dal Ccc è pari a circa un terzo del prezzo di mercato globale. Oltretutto il Ccc vende i raccolti delle fave di cacao diversi mesi prima del raccolto. Il che consente loro di stabilire un prezzo garantito per gli agricoltori all’inizio della stagione.
Ma ciò significa anche che, con l’aumento dei prezzi dello scorso anno, le autorità di regolamentazione si erano già impegnate a vendere la maggior parte del loro cacao ben al di sotto del prezzo di mercato globale. Con enormi ricadute per gli agricoltori stessi e per i lavoratori. Tutto questo, insieme a condizioni meteorologiche avverse, epidemie, problemi di approvvigionamento causati da decenni di investimenti insufficienti, ha quindi favorito l’esplosione del contrabbando di cacao.
Quando il cacao “scompare”: l’effetto del contrabbando sulle esportazioni
Il contrabbando di cacao si è quindi rivolto soprattutto verso quei Paesi limitrofi che non hanno lo stesso prezzo centrale. Ad aprile, per capirci, i prezzi in Guinea, Togo e Liberia erano più del doppio di quelli offerti dal Ccc, creando un arbitraggio che alcuni agricoltori e intermediari non hanno resistito a sfruttare. Ma anche il Ghana che ha una struttura simile a quella della Costa d’Avorio, con il Cocobod che funge da acquirente centrale, ha avuto i suoi problemi. Nonostante il Cocobod stabilisca prezzi ben più alti del Ccc ivoriano. L’anno scorso infatti la produzione di cacao in Ghana è scesa al livello più basso in oltre un decennio. E il contrabbando di cacao dalla vicina Costa d’Avorio ha aggravato la carenza di offerta.
L’entità del contrabbando è enorme. Per comprenderla si può analizzare la crescente disparità tra la produzione e le esportazioni della Guinea. La Guinea non è tra primi produttori di cacao. Non ha investito in modo significativo nell’incentivare un aumento del suo raccolto. Ma lo scorso anno, secondo il fornitore di dati Trade Data Monitor, le spedizioni dal Paese sono misteriosamente aumentate del 15% rispetto all’anno precedente. Questa crescita è poi continuata. Nei primi tre mesi della stagione in corso, a partire da ottobre, le spedizioni di cacao della Guinea sono state più del doppio rispetto all’anno precedente.
Dai motociclisti ai vertici corrotti: come funziona il sistema del contrabbando di cacao
Come è stata possibile questa crescita nelle esportazioni della Guinea? La risposta è molto semplice. La maggior parte del contrabbando di cacao dalla Costa d’Avorio, dove le esportazioni lo scorso anno sono diminuite di un terzo, è diretto proprio in Guinea. Come racconta Bloomberg, un contrabbandiere in motocicletta che attraversa i confini tra i due Paesi può rischiare pesanti multe e la galera. Ma può anche guadagnare 240 dollari a settimana. Il triplo del salario minimo del Paese.
Ma gran parte del contrabbando di cacao, spiega il reportage, avviene grazie a reti organizzate e politicamente connesse che coinvolgono contrabbandieri, funzionari e commercianti. Operazioni costose e complesse, poiché i contrabbandieri devono disporre di capitali sufficienti per acquistare le fave da agricoltori o intermediari, pagare la logistica. E mettere da parte una parte del denaro per le tangenti, che vanno dagli 8mila ai 21milla dollari a camion.
«Sono imprenditori influenti che hanno padroneggiato l’arte del contrabbando di queste merci, collaborando anche con funzionari pubblici che sono felici di ottenere la loro parte. Quindi è una vera e propria catena», ha detto a Bloomberg Ndubuisi Christian Ani, analista nigeriano del think tank Institute for Security Studies. «È una rete ben organizzata, ma il Ccc sta collaborando con il sistema anti-contrabbando locale per aumentare il monitoraggio», ha affermato un dirigente del Conseil du Café-Cacao della Costa d’Avorio. Perché le ripercussioni del contrabbando di cacao arrivano molto in alto, e toccano la grande speculazione finanziaria.
Il contrabbando di cacao mette in crisi anche la speculazione finanziaria
Come abbiamo raccontato più volte su Valori, infatti, i prezzi dei prodotti agroalimentari, o delle materie prime, sono spesso determinati dalla speculazione finanziaria. E questa speculazione impatta, spesso negativamente, sulle condizioni socio economiche dell’intera filiera, dai produttori ai consumatori. Ma, nel caso del contrabbando di cacao, a rimetterci sono proprio gli speculatori, che si sono trovati in difficoltà nel reperire cacao a sufficienza per onorare i contratti.
Come spiega Bloomberg, i commercianti di cacao in genere coprono i loro acquisti fisici vendendo contratti futures. I ritardi nelle spedizioni della scorsa stagione hanno però costretto i commercianti a riacquistare le loro posizioni corte e ad aprirne di nuove in un periodo di rapida inflazione dei prezzi. Con i futures che sono così saliti da circa 3mila a 11mila dollari a tonnellata. Questo però ha a sua volta ripercussioni sulla produzione, in un circolo vizioso da cui è sempre più difficile uscire. E in cui a rimetterci sono sempre i lavoratori al gradino più basso della scala sociale.
Abdul Baudula, a capo di una cooperativa di agricoltori, ha detto che l’organizzazione non è riuscita a raggiungere i suoi obiettivi di raccolta la scorsa stagione, in parte proprio perché gli agricoltori stessi hanno venduto i loro raccolti al contrabbando. «Come si fa a convincere un agricoltore ad accettare meno soldi quando un altro commerciante offre di più?», ha chiesto Baudula. E la domanda sembra rivolta anche a coloro che su queste materie speculano sui mercati finanziari, senza mai domandarsi che si nasconda dietro il miglior offerente.
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