Cop30: senza il Gender action plan ogni azione climatica è limitata

Nonostante le ambiziose premesse il Gender action plan ha trovato diversi ostacoli sui tavoli negoziali della Cop30

Marica Di Pierri e Laura Greco – A Sud 
@ Kiara Worth/UN Climate Change
Marica Di Pierri e Laura Greco – A Sud 
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Come in ogni edizione della conferenza Onu sul clima, anche in Brasile i leader mondiali si trovano di fronte all’opportunità di affrontare in modo finalmente integrato due crisi interconnesse: i cambiamenti climatici e le disuguaglianze di genere. La necessità di un approccio trasformativo è chiara da tempo. E la Cop di quest’anno aveva l’obiettivo di adottare un nuovo e ambizioso Gender action plan (Gap). Un Piano d’azione di genere.

Un programma che mira a porre le donne e le ragazze al centro dell’azione climatica, garantendo che le loro voci, leadership e necessità siano parte integrante delle politiche globali sul clima. Per questo, il Gender action plan è uno strumento strategico che assicura che le azioni climatiche – su mitigazione, adattamento, finanziamento, tecnologia e costruzione di capacità – siano gender inclusive.

Cambiamenti climatici e impatti di genere

Le donne e le ragazze, in particolare quelle delle comunità marginalizzate, sopportano un onere sproporzionato a causa dei cambiamenti climatici. Affrontano rischi accresciuti per la loro salute, sicurezza e mezzi di sussistenza, che sono aggravati proprio dalla crisi climatica in corso. Riconoscendo le sfide specifiche che le donne e le ragazze affrontano, come l’accesso limitato a risorse come l’acqua o ai lavori verdi, le politiche climatiche possono diventare più efficaci ed eque.

Il dibattito sul genere nei negoziati sul clima ha radici profonde: iniziato nel 2001 si è poi strutturato nel Lima Work Programme on Gender (Lwpg) nel 2014. Dal suo lancio alla Cop23 del 2017, il Gender action plan ha cercato di integrare definitivamente le prospettive di genere nelle soluzioni climatiche. Nel 2019 alla Cop25 di Madrid è stato adottato un piano aggiornato, che ha sostituito i precedenti e ampliato il Lwpg. 

L’ambiziosa posizione intersezionale del Brasile

Negli anni successivi, sono state apportate revisioni significative, con l’approvazione alla Cop29 di un mandato di dieci anni per garantire la continuità di questo tema, che si inserisce in un contesto di crescente rischio di regressione globale. Così, a Baku si è avviato il processo per lo sviluppo di un nuovo Gender action plan, con l’obiettivo di portarlo a casa alla Cop30 e plasmare così il prossimo decennio delle politiche climatiche globali.

La posizione del Brasile sull’argomento è piuttosto ambiziosa: la direttrice per il clima del ministero degli Affari Esteri, Liliam Chagas, ha affermato che uno degli obiettivi del governo per la Cop30 è proprio l’approvazione di un nuovo Gender action plan con misure concrete per integrare la prospettiva di genere nell’azione globale per il clima. Prendendo in considerazione anche le intersezionalità con razza, etnia, classe, orientamento sessuale, disabilità ed età. Un cambiamento significativo che include, per la prima volta, un riferimento diretto alle donne e alle ragazze afrodiscendenti.

Per essere efficaci le politiche climatiche devono tenere conto di complessità sociale e giustizia

Il 10 novembre 2025, 92 governi hanno firmato il Global Statement on Gender Equality and Climate Action, dichiarando che la parità di genere e i diritti umani sono pilastri indispensabili di un’azione climatica efficace e inclusiva. Il documento chiede l’adozione alla Cop30 di un nuovo Gender action plan ambizioso, con impegni chiari sull’integrazione delle questioni di genere nelle politiche climatiche; partecipazione significativa delle donne; finanziamenti sensibili al genere e dati disaggregati. Inoltre riprende e sottolinea la necessità di riconoscere l’intersezionalità e di includere donne e ragazze come protagoniste delle soluzioni climatiche.

Nonostante le premesse, la discussione su come raccogliere i dati disaggregati – per genere o per sesso – e su quanto le strategie climatiche debbano considerare le differenze di genere ha trovato ostacoli sui tavoli negoziali. Due questioni centrali hanno lungamente bloccato il dibattito: la modalità di raccolta dei dati e la centralità delle differenze di genere nelle politiche climatiche. Questi temi, sebbene tecnici, nascondono una questione fondamentale: le politiche climatiche devono tenere conto della complessità sociale e delle teorie di giustizia, per essere veramente efficaci e inclusive.

Gender action plan: un negoziato in salita

Con la conclusione della Cop30 sempre più vicina, il rischio di indebolire l’ambizioso Gender action plan anziché rafforzarlo è concreto. Alcuni Stati stanno tentando di ridurre la portata del piano, proponendo di inserire note a piè di pagina che consentirebbero a ogni Paese di riformulare autonomamente la definizione di “genere”. Inoltre, il termine “gender” è stato messo tra parentesi in sezioni cruciali dei negoziati – come adattamento, finanza e just transition – con proposte esplicite di rimuoverlo del tutto.

Questi tentativi rischiano di compromettere il portato di uno degli strumenti multilaterali più importanti per riconoscere la natura intersezionale della crisi climatica. Uno strumento fondamentale per integrare la dimensione di genere nei Piani nazionali per il clima; per proteggere le difensore ambientali; per rendere più sicuri gli spazi di partecipazione e per migliorare la disponibilità di dati sugli impatti di genere. Indebolirlo sarebbe un errore strategico che creerebbe incoerenza tra le politiche climatiche e gli impegni internazionali sui diritti umani.

«In questa Cop stiamo assistendo a un tentativo di cancellare il genere dal linguaggio climatico»

La Women and Gender Constituency è intervenuta ieri per denunciare questo tentativo di annacquare il Gender action plan. Secondo Martina Rogato, presidente di Human Rights International Corner, «in questa Cop stiamo assistendo a un tentativo chiaro di cancellare il genere dal linguaggio climatico. È inaccettabile. Le donne, le ragazze e le persone Lgbtqia+ sono tra le più colpite dalla crisi climatica e allo stesso tempo tra le principali costruttrici di resilienza nelle comunità. Indebolire il Gender Action Plan significa indebolire la capacità stessa della Cop di produrre soluzioni efficaci e giuste.

Per questo, prosegue Martina Rogato, «chiediamo agli Stati di avere il coraggio politico di proteggere il linguaggio di genere, approvare un GAP ambizioso e riconoscere finalmente che non esiste azione climatica senza giustizia di genere». La Women and Gender Constituency, di cui Hric è parte, sta spingendo infatti per una forte protezione del linguaggio di genere in tutti i capitoli negoziali, chiedendo di evitare qualsiasi modifica che possa indebolire il riconoscimento dei diritti delle donne nel sistema multilaterale.

Un Gender action plan debole rischia di escludere le donne dalle soluzioni ai cambiamenti climatici

Anche diverse iniziative e campagne in seno alla Cop parlano del legame tra vulnerabilità di genere e cambiamenti climatici. Alla vigilia della conferenza, Oxfam ha lanciato la campagna globale Climate Justice Is Gender Justice  per mettere in evidenza, attraverso contenuti online, laboratori nelle scuole e iniziative pubbliche, la necessità di sensibilizzare sul fatto che le politiche climatiche efficaci e giuste possono nascere solo se le voci e i diritti delle donne sono al centro.

L’adozione di un Piano d’Azione di Genere forte e ambizioso non è un elemento secondario per garantire che l’azione climatica non solo sia efficace, ma giusta e inclusiva. Un Gender action plan debole rischia di escludere milioni di donne e ragazze dalle soluzioni globali ai cambiamenti climatici.

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