Copcast. Il diario della Cop26 di Glasgow
Ogni giorno aggiornamenti e commenti dalla conferenza delle Nazioni Unite sul clima
Domenica 31 ottobre è cominciata a Glasgow, in Scozia, la ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite. La Cop 26 proseguirà i propri lavori fino al 12 novembre. Si tratta di un appuntamento di importanza cruciale, poiché da esso ci si attende una road map per l’applicazione concreta dell’Accordo di Parigi, raggiunto nella capitale francese ormai sei anni fa, al termine della Cop 21 del 2015.
Occorre inoltre rendere operativi i trasferimenti dal Nord al Sud del mondo per l’adattamento agli impatti del riscaldamento globale (promessi alla Cop 15 di Copenaghen, nel 2009, e mai stanziati per intero). Ci si attende quindi un’intesa sull’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, che chiede l’introduzione di un sistema di scambio delle emissioni che funga da deterrente. E infine un calendario preciso che consenta un reporting uniforme e condiviso sugli avanzamenti concreti di ciascuna nazione.
A tutto ciò si aggiunge la speranza che i governi presentino nuove promesse di riduzione dei gas ad effetto serra (le NDC, Nationally Determined Contributions): quelle inviate finora all’Unfccc porterebbero la crescita della temperatura media globale, alla fine del secolo, a ben 2,7 gradi centigradi in più rispetto ai livelli pre-industriali. Un dato lontanissimo dalla forchetta 1,5-2 gradi indicata dall’Accordo di Parigi.
La Cop26 è finita. Il carbone è salvo
Dopo due settimane di negoziati si è conclusa la Cop26. Approvato un testo definito pomposamente il Patto di Glasgow sul clima che presenta poche luci e molte ombre. Ma che soprattutto ha vissuto un’ultima ora segnata dalla richiesta dell’India di cambiare il testo per edulcorare le scelte sul carbone.
Siamo ancora lontanissimi da ciò che sarebbe necessario per salvare il clima del Pianeta.
12 novembre. Negoziati sospesi. I lavori rinviati a sabato
Il presidente della Cop26 Alok Sharma ha inviato una comunicazione nella serata di venerdì spiegando che i negoziati sono stati sospesi. Nella mattinata di sabato verrà diffusa una terza bozza e quindi si riprenderanno le discussioni tra le parti.
12 novembre. Diffusa la seconda, deludente, bozza di accordo
Poco dopo le 7 di mattina di venerdì 12 novembre è stata diffusa la seconda bozza di dichiarazione finale alla Cop26 di Glasgow. I riferimenti all’uscita dal carbone e allo stop ai sussidi alle fossili rimangono, ma conditi da parole che ne cambiano profondamente il senso.
11 novembre. Stati Uniti e Cina tentano la svolta
A due giorni dal termine della Cop26 di Glasgow, Stati Uniti e Cina hanno tentato di dare una scossa a dei negoziati che appaiono in difficoltà. Washington e Pechino, con un’inattesa dichiarazione comune, hanno affermato la volontà di incrementare gli sforzi per abbattere sul breve termine le emissioni di gas ad effetto serra. Occorrerà verificare se ciò basterà a convincere anche altre delegazioni recalcitranti.
Nel frattempo l’Italia entra (ma con un piede solo) nell’Alleanza per il superamento del gas e del petrolio. Mentre sulla mobilità è stato presentato un accordo al ribasso e l’Iran punta i piedi.
10 novembre. A Glasgow la parola d’ordine è tenere viva la speranza
È stata pubblicata alle 5:51 di mattina di mercoledì 10 novembre la prima bozza di accordo tra le parti alla Cop26 di Glasgow. Il testo presenta numerose ombre ma anche qualche luce, a cominciare dalla richiesta di abbandonare il carbone e bloccare i sussidi a tutte le fonti fossili. Per tenere viva la speranza di centrare l’obiettivo degli 1,5 gradi centigradi, inoltre, si è deciso di stabilire un programma di lavoro per abbattere sul breve termine le emissioni di gas climalteranti. Non c’è invece una data precisa per il raggiungimento della carbon neutrality, come già accaduto al G20 di Roma.
9 novembre. I cambiamenti climatici annienteranno le economie più vulnerabili
Mentre è in pieno svolgimento la Cop26 di Glasgow, uno studio della Ong Christian Aid spiega quale sarà l’impatto economico del riscaldamento globale. L’analisi ha studiato i casi di 65 nazioni particolarmente vulnerabili. Per loro il calo medio del Pil al 2050 sarà del 19,6%. Ma si arriverà perfino al 63,9% alla fine del secolo. E anche se rispettassimo l’Accordo di Parigi e mantenessimo il riscaldamento globale a 1,5 gradi, la contrazione al 2100 sarà del 33%.
8 novembre. Chi rema contro alla Cop26? L’Australia senz’altro
Mentre 40 nazioni di tutto il mondo si impegnate ad uscire progressivamente dal carbone, l’Australia ha ribadito il proprio «no» secco ad ogni ipotesi di rinuncia allo sfruttamento della fonte fossile in assoluto più dannosa per il clima. Il ministro delle Risorse australiano, Keith Pitt, ha dichiarato all’emittente ABC: «Abbiamo chiaramente detto che non chiuderemo né le nostre miniere né le nostre centrali a carbone».
Il membro del governo di Canberra ha quindi giustificato la scelta affermando che il carbone prodotto dall’Australia è di migliore qualità rispetto alla concorrenza: «Se non ci aggiudichiamo questo mercato, lo farà qualcun altro. Preferisco di gran lunga che si tratti di un prodotto australiano di alta qualità, che crea posti di lavoro australiani e che sviluppa l’economia australiana, piuttosto che un carbone proveniente dall’Indonesia, dalla Russia o da altre parti del mondo». Pitt ha concluso spiegando che a suo avviso la domanda mondiale di carbone aumenterà di qui al 2030.
5 novembre. La Cop26 alla prova della coerenza
Migliaia di persone, anche non provenienti dall’altra parte del mondo, hanno deciso di recarsi alla Cop26 di Glasgow in aereo o, peggio, a bordo di jet privati. Tra questi, perfino il primo ministro Boris Johnson che ha preferito volare rispetto a prendere un treno per raggiungere la Scozia da Londra. Lo stesso Johnson, al termine di suoi interventi, sarebbe di nuovo decollato per raggiungere un club privato riservato unicamente agli uomini, che aveva organizzato una cena alla quale ha partecipato anche un noto personaggio ultra-conservatore e, soprattutto, apertamente climatoscettico.
4 novembre. Le Ong denunciano: «Ci impediscono di assistere ai negoziati»
Proseguono i lavori della ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima e fioccano le notizie non proprio positive. Una ventina di nazioni hanno annunciato di voler porre fine agli investimenti nei combustibili fossili. Ma solo all’estero. E sono esclusi solo i progetti che non prevedono sistemi di carbon capture. E l’Italia si è aggiunta solo all’ultimo minuto.
Un po’ meglio il piano promosso dal Programma della Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) e l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo). Un dispositivo di finanziamento per garantire osservazioni meteorologiche adeguate nei Paesi più vulnerabili e più poveri.
A segnare la giornata, inoltre, è la denuncia di numerose organizzazioni non governative: migliaia di esperti non possono assistere ai negoziati tra i membri delle delegazioni dei governi. Un fatto che, a loro avviso, rischia di nuocere alla credibilità stessa della conferenza.
3 novembre. Alla Cop26 la finanza è protagonista
Il Regno Unito ha annunciato un piano per azzerare le emissioni nette di CO2 della City di Londra, la piazza finanziaria inglese. L’idea è di effettuare un giro di vite sugli standard climatici richiesti agli istituti finanziari e alle imprese quotate in Borsa, imponendo in particolare la pubblicazione di piani dettagliati per la transizione ecologica. Inoltre, un gruppo di lavoro sarà chiamato ad individuare nuovi metodi di valutazione del comportamento delle aziende, al fine di lottare contro le pratiche di greenwashing.
Ma è tutto verde quello che luccica?
2 novembre. La giornata dei leader della Terra
La seconda giornata della Cop26 è stata la giornata dei leader di tutto il mondo. Ciascuno ha provato ad aggiungere qualcosa alle proprie promesse di abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra. Ora occorre verificare che gli annunci si traducano in impegni concreti per rendere operativo l’Accordo di Parigi.
1 novembre. Da Roma a Glasgow la strada è in salita
Nella prima giornata di lavori della Cop26 si sono espressi il presidente Alok Sharma e la segretaria generale dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, Patricia Espinosa. Entrambi hanno lanciato appelli ai governi affinché agiscano immediatamente per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.
Tuttavia, al G20 che si è tenuto a Roma proprio a ridosso dell’avvio della Cop26, i capi di Stato e di governo presenti si sono limitati a riaffermare impegni vecchi ormai di sei anni e non hanno fornito ulteriori indicazioni concrete sull’attuazione dell’Accordo di Parigi. Fatta eccezione per un impegno, limitato, sul carbone.