Cos’è e come funziona il mercato ETS dei “diritti ad inquinare”
Nato nel 2005, il mercato ETS è la risposta europea alle sfide climatiche. Che però ha funzionato solo in parte. E che per questo è stato riformato
Il sistema di scambio di quote di emissione di gas ad effetto serra – introdotto dall’Unione europea nel 2005 e noto come sistema ETS – è stato concepito con l’obiettivo di indurre le grandi imprese del Vecchio Continente ad inquinare di meno. L’idea era piuttosto semplice: fissare un tetto massimo alle emissioni di alcuni agenti inquinanti. In particolare biossido di carbonio (CO2), ossido di azoto (N2O) e perfluorocarburi (PFC).
L’Emissions Trading System spiegato
Cosa sono i “carbon credit” o “quote di emissione”
Le aziende e le industrie che, per le loro attività, emettono tali sostanze, possono ricevere (free allocation) i cosiddetti “carbon credit” (o “quote di emissione”). In sostanza, dei diritti ad inquinare: una quota corrisponde all’autorizzazione ad emettere una tonnellata equivalente di CO2. Inoltre, le aziende possono acquistare le quote sul mercato ETS, come fossero un’azione o un altro qualsiasi asset finanziario. I titoli che troveranno sono quelli posti in vendita da altre imprese, che hanno inquinato di meno e quindi non hanno utilizzato i loro diritti.
L’idea era stata introdotta dal protocollo di Kyoto, firmato nel 1997 ed entrato in vigore nel 2005. Nel testo si era infatti immaginato un meccanismo internazionale di scambio di quote tra (o all’interno de) i 38 Paesi più industrializzati del mondo. Quello europeo è attualmente il più grande in termini di valore di mercato e si trova attualmente nella sua “fase III”, che va dal 2013 al 2020.
Un mercato al quale accedono 11mila imprese di 31 Paesi
La ragione per la quale fu introdotto un tetto fu quella di rendere il più possibili “rari” i diritti ad inquinare. Ciò avrebbe dovuto tenerne alti i prezzi (per la legge della domanda e dell’offerta) e fungere da deterrente. Le imprese, in altre parole, pur di non spendere quanto necessario per acquistare i titoli ETS avrebbero dovuto preferire investire per adottare tecnologie in grado di limitare le emissioni. O, ancora, avrebbero dovuto riconvertire le loro produzioni.
Le imprese coinvolte ad oggi sono circa 11mila in 31 Paesi d’Europa (il mercato include anche Islanda, Liechtenstein e Norvegia). A loro, è stato concesso di acquisire le quote in tre modi. Comprandole direttamente da altre imprese che ne hanno in eccedenza, passando per un intermediario finanziario o attraverso una Borsa come BlueNext. Ciascuna nazione stabilisce un Piano nazionale di Allocazione delle quote e lo fa approvare dalla Commissione europea. Quest’ultima, vigila dunque affinché il tetto globale non venga sforato.
Il crollo dei prezzi negli anni della crisi
Il mantenimento a livelli alti dei prezzi dei diritti ad inquinare, però, non si è verificato. Al contrario, i prezzi dei carbon credit sono via via scesi, fino ad arrivare a toccare i 3 euro circa. Oggi il valore è in parte risalito. Ma per comprare il diritto ad emettere una tonnellata di CO2 bastano ancora 15 euro. Mentre – secondo quanto spiegato al quotidiano francese Novethic da Jean-Yves Caneill, della European rountable on climate change and sustainable transition (ERCST) – «se si vorranno centrare gli obiettivi climatici, il prezzo non dovrà essere inferiore a 40 euro».
So #EUETS carbon rises for a 14th consecutive month (up 0.5% in June), despite the big sell-off from €16.70. pic.twitter.com/7mnpz5j7LV
— CarbonReporter (@CarbonReporter) June 29, 2018
Contrariamente al sistema ipotizzato nel Protocollo di Kyoto, il meccanismo ETS prevede che anche le banche d’investimento possano acquistare i titoli. Inoltre, il mercato europeo dei diritti ad inquinare ha mostrato tutti i suoi limiti a partire dal 2008. Da quando cioè è esplosa la crisi finanziaria internazionale. Nel corso degli anni più duri, infatti, numerose imprese si sono viste costrette a diminuire le loro produzioni. Il che, di conseguenza, ha provocato un calo delle emissioni inquinanti. Di conseguenza, molte aziende si sono trovate in mano carbon credit in eccesso, e hanno cercato di venderli.
L’Ue corre ai ripari per la fase 4 del sistema ETS
Tale aumento dell’offerta (benché limitata nel suo complesso dal tetto globale) ha così portato ad un crollo dei prezzi. Ai primi segnali di ripresa, dunque, il costo necessario per emettere una tonnellata equivalente di CO2 era diventato irrisorio. È per questo che l’Ue ha deciso, nella fase 4 del sistema ETS (2012-2030) di introdurre alcune novità.
La Commissione europea ha spiegato che «il quadro legislativo del sistema ETS dell’UE per il prossimo periodo di scambio (fase 4) è stato rivisto all’inizio del 2018 per poter conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni». In particolare, si punta a ridurre le quote ogni anno del 2,2%. Ciò dovrebbe incrementare l’effetto-rarità contribuire a sostenere i prezzi, anche in caso di crisi.